Monarchia britannica. L’era della regina Vittoria

Nel Regno Unito dal 2 al 5 giugno 2022 si celebra il Giubileo di Platino della regina Elisabetta II. Settant’anni di regno e 96 anni di età sono senz’altro un’eccezionalità che merita di essere festeggiata ma è il primato storico lo raggiunge per un soffio.

La sua trisavola Vittoria (1819 – 1901)  è stata regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda  e imperatrice d’India (dal 1876)  per 63 anni, sette mesi e due giorni e i suoi giubilei d’oro e di diamante furono festeggiati con uguale pomposità  di quelli di platino di Elisabetta. Pieno di glamour più per la persona (c’è una Barbie con le sue sembianze) che per l’istituzione che vive momenti difficili (per i comportamenti non propriamente nobili di alcuni membri famiglia reale) tanto che alcuni pensano che Elisabetta sarà l’ultima regnante del Regno Unito considerando anche la smania post-Brexit dell’Irlanda e della Scozia per tornare nell’Unione Europea.

Pax britannica

Vittoria, invece, portando la corona in un periodo fortunato per il Paese, in pieno sviluppo politico, militare, culturale, scientifico, industriale e contraddistinto dall’espansione dell’impero (il più vasto di tutti i tempi), moglie del principe  Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha e madre di 9 figli, fu ben salda dal 1837 al 1901.

Il decoro della sua vita privata rese la propria Corte un modello di rispettabilità cospargendo di moralità i costumi britannici dell’Ottocento, rendendoli, inevitabilmente, ipocriti. Ma, con la complicità della longevità del regno segnò un epoca, detta appunto vittoriana.

Periodo che si identifica per la Pax Britannica – raggiunta per la supremazia della Royal Navy che riuscì a mantenere la pace tra le grandi potenze (escludendo i 3 anni della guerra di Crimea, 1853-56), favorendo l’espansione territoriale in particolare in Asia e Africa e lo sviluppo e il consolidamento industriale ed economico.

L’aumento demografico e la migrazione irlandese 

Sempre nel periodo vittoriano si assistette all’estensione del suffragio elettorale e ad un aumento demografico privo di precedenti nell’isola la popolazione in 50 anni (1851 – 1901) raddoppiò. Accadde il contrario alla sfortunata Irlanda: colpita dalla Grande carestia, vide la sua popolazione notevolmente diminuire e ingrossare i flussi migratori verso gli Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica. Si calcola che circa 15 milioni di persone salparono dalla Gran Bretagna verso altri lidi, e gli irlandesi dagli 8,2 milioni che si contavano nel 1841 divennero meno di 4 nel 1901.

Il liberismo e le piaghe sociali

La regina Vittoria, anche per l’influenza del marito  era conservatrice e  contraria al razionalismo mentre in  politica con progressive riforme si rafforzava il liberismo che ieri, come oggi, acuiva le disuguaglianze socio-economiche con le sue ricadute culturali.

Londra, dove lo sviluppo industriale aveva portato a una rapida urbanizzazione, era la rappresentazione della società britannica con tutte le sue contraddizioni.

L’età vittoriana è nota per il lavoro minorile impiegato nelle fabbriche e nelle miniere. Nel 1840 soltanto il 20% dei bambini londinesi andava a scuola. Dopo 20 anni era la metà della popolazione tra i 5 e i 15 anni a non ricevere un’istruzione. Una piaga sociale era anche la diffusa prostituzione di giovanissime e giovani donne (dai 12 ai 22 anni), ma venne affrontata come un’emergenza sanitaria e non suscitava scandalo in quella società della da quella che oggi si definisce, giustamente, sfruttamento sessuale minorile.

Entrambi i fenomeni sono stati ampiamente trattati dalla letteratura: un nome su tutti, lo scrittore Charles Dickens, lui stesso bambino-lavoratore a 12 anni: l’accumulo dei debiti avevano portato il padre in prigione. Scrisse libri a forte impronta sociale sui 2 fenomeni e riguardo alla prostituzione, come altri letterati, la riteneva frutto della meccanizzazione e dell’industrializzazione della vita moderna che portava a considerare le donne come merce.

Le basi del progresso mondiale?

Con i chiari luminosi e i suoi scuri molti bui, la civiltà britannica e il periodo vittoriano, sostengono gli storici ha avviato il progresso mondiale odierno: la mancanza di statalismo ha sviluppato  l’autonomia del singolo e ha reso liberi i ceti sociali di evolversi: lo sviluppo della borghesia e della stessa aristocrazia lontana dalle briglie della monarchia, a differenza dei continentali che cercavano e cercano nel potere centrale, protezione e difesa.

Una conferma delle parole degli storici la troviamo, forse, nella storia italiana del Risorgimento. Mentre il principe consorte Alberto di Sassonia – Coburgo appoggiava la politica austro-ungarica e disapprovava le annessioni sarde, il Parlamento di Londra le accettava, mentre Giuseppe Mazzini trovava propria a Londra  ospitalità, sostegno e amicizia.

 

Immagine: da sinistra la regina Vittoria, al centro il principe consorte Alberto, circondati dai figli

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