Giuseppe Mazzini. Il giovine profeta repubblicano

(Se per cosmopolitismo intendiamo fratellanza di tutti, amore per tutti, abbassamento delle ostili barriere che creano ai popoli, separandoli, interessi contrari, siamo noi tutti cosmopolitiGiuseppe Mazzini)

Il 10 marzo 1872 moriva Giuseppe Mazzini. Rientrato nella neo Italia unità con il falso nome di Giorgio Brown si spegneva a Pisa, nella casa dei Nathan- Rosselli, famiglia da cui discenderanno lo storico sindaco di Roma, Ernesto Nathan, e i fratelli Nello e Carlo Rosselli importanti politici attivisti dell’antifascismo. uccisi in Francia nel 1937 da una formazione di estrema destra.

Giuseppe Mazzini è una figura centrale del Risorgimento italiano caposcuola del repubblicanesimo democratico che introdusse il primato del tema nazionale nell’Italia dell’Ottocento, frammentata in tanti statarelli e sotto il giogo delle potenze europee.

Le sue idee e il suo attivismo rivoluzionario, se furono decisive per la nascita dello Stato, lo costrinsero a una vita di esule fino alla fine dei suoi giorni.

Il primo esempio di partito politico in Europa

Nato a Genova nel 1805, già esule  nel 1831, fondò a Marsiglia l’associazione politica insurrezionale La  Giovine Italia (o Giovane Italia) , la quale, secondo lo storico Franco Della Peruta, rappresenta forse il primo esempio di partito politico in Europa con un preciso programma politico, un organo di stampa, slogan efficaci che esprimono i punti centrali del pensiero del fondatore e nei quali, per lo storico Giovanni Belardelli , si configura già  “un’estetica della politica” fatta di un messaggio coinvolgente, evocativo che anticipa tratti della successiva partecipazione di massa”.

Il rivoluzionario genovese, d’altronde, proveniva da una formazione letteraria e giuridica.

Il patriottismo

Il tema nazionale di Mazzini introduce il patriottismo che non va confuso con il nazionalismo contemporaneo. Per il Nostro l’orgoglio patriottico per l’Itala è pari a quello di tutti i Paesi oppressi, pertanto il vero patriota ama la propria nazione ma in modo da riconoscere come compatriota chiunque creda nella libertà.

Mazzini non contrappone le nazioni le une alle altre ma le concepisce come sorelle, con i popoli – emancipati dalla sudditanza dei regimi assoluti –  uniti in una santa alleanza. Affiora, dunque, per lo storico Simon Levis Sullam un proto-europeismo che Mazzini cercherà di realizzare ideando l’associazione politica internazionale Giovine Europa (o Giovane Europa), fondata nel 1834 a Berna.

La “santa alleanza dei popoli” in contrapposizione alla Santa alleanza dei Sovrani ci introduce al forte rapporto che Mazzini ebbe verso la religione e che si riflette nel suo pensiero politico. Credeva in Dio e riteneva che il potere che da Lui discende investe il popolo non il sovrano. Secondo Roberto Balzani il credo mazziniano, liberato dai dogmi, dalle gerarchie a anche dalle liturgie (alla Chiesa Cattolica diceva: “Avete rinnegato gli insegnamenti del Vangelo”) doveva essere “il motore dell’affratellamento dei popoli, non per ragioni d’interesse, ma per il riconoscimento nell’unica famiglia umana attraverso la forma nazionale”. E il richiamo alla nazione “non ha alcun senso al di fuori di una concezione umanitaria”.

Dio e Popolo. Pensiero e Azione

Le imposture e le corruttele passano, come passano le tirannidi: Dio resta, come resta il popolo, immagine di Dio sulla terra […]. Agli altri che vi parlano del cielo, scompagnandolo dalla terra, voi direte che cielo e terra sono, come la via e il termine della via, una cosa sola. Non dite che la terra è fango: la terra è di Dio: Dio la creava perché per essa salissimo a Lui. La terra non è soggiorno d’espiazione o di tentazione: è il luogo del nostro lavoro per un fine di miglioramento… Dio ci creava non per la contemplazione, ma per l’azione, anzi non v’è in lui pensiero che non si traduca in azione”. Da queste parole di Giuseppe Mazzini emergono i cardini del pensiero mazziniano: i binomi Dio e Popolo e Pensiero e Azione.

Se si parla di azione si parla di diritti e dei doveri

 Dei doveri dell’uomo è il libro scritto da Mazzini dal 1841 al 1860 e riporta organicamente il suo pensiero. Sulla teoria dei doveri Mazzini scrive: “Quand’io dico che la conoscenza dei loro diritti non basta agli uomini per operare un miglioramento importante e durevole, non chiedo che rinunziate a questi diritti; dico soltanto che non sono se non una conseguenza di doveri adempiti, e che bisogna cominciare da questi per giungere a quelli. E quand’io dico, che proponendo come scopo alla vita la felicità, il ben essere, gl’interessi materiali, corriamo rischio di creare egoisti, non intendo che non dobbiate occuparvene; dico che gli interessi materiali, cercati soli, proposti non come mezzi, ma come fine, conducono sempre a quel tristissimo risultato. Quando, sotto gli imperatori, gli antichi Romani si limitavano a chiedere pane e divertimenti, erano la razza più abbietta che dar si possa, e dopo aver subìto la tirannia stolida e feroce degli imperatori, cadevano vilmente schiavi dei barbari che invadevano”.

La dimostrazione 

Giuseppe Mazzini ebbe modo di dimostrare la sua idea di nazione e su come governarla durante l’esperienza, se pur breve, della Repubblica Romana nel 1849, della quale fu a capo, come membro del triunvirato accanto Carlo Armellini e Aurelio Saffi.

Sostiene Balzani che a Roma “per la prima volta i principi mazziniani sono messi alla prova, perché si tiene il primo e unico grande dibattito costituzionale del Risorgimento. Così la famosa teocrazia (una delle accuse mosse a Mazzini dai suoi detrattori, ndr) si traduce nella separazione tra Stato e Chiesa.

Prende forma un’idea di governo popolare, con il suffragio universale, l’abolizione della pena di morte, il riconoscimento delle autonomie locali, una concezione della cittadinanza non legata al sangue ma all’adesione della Repubblica. È una straordinaria esperienza di modernizzazione della politica che cerca di mettere l’Italia al passo con le più avanzate nazioni europee”.

La Costituzione della Repubblica Romana servirà poi d’esempio per la Carta attuale e durante la Costituente, subito dopo la Seconda Guerra mondiale “sarà richiamata anche da esponenti di tradizione repubblicana non mazziniana”.

Personaggio discusso

La maggior parte delle rivolte organizzate da Mazzini fallirono, sembra, per gli infiltrati nel movimento di agenti austriaci. Venivano stroncate sul nascere.

Era un personaggio discusso, accusato di mandare i giovani militanti allo sbaraglio e di non trattare le questioni sociali.  Per questo il rivoluzionario genovese attraversò un momento di crisi la cosiddetta “tempesta del dubbio” che superò per la convinzione che tutti i giovani morti per la causa creavano negli italiani il sentimento nazionale. E ai problemi sociali considerava prioritario il raggiungimento dell’indipendenza: solo allora sarebbe stato possibile risolverli.

La diaspora

Dopo i fatti del 48-49, la Giovane Italia subì una diaspora.  L’idea di giungere all’indipendenza attraverso una rivoluzione popolare perse consenso. Si affermò la linea dei democratici liberali capeggiati da Camillo Benso conte di Cavour di unificare l’Italia sotto una monarchia costituzionale, dopo aver battuto l’Austria con le armi di Vittore Emanuele II di Savoia, rafforzate dall’alleanza con la Francia di Napoleone III.

Vi si allineò, pur con svariati dissapori, lo stesso Giuseppe Garibaldi, mazziniano della prima ora, dopo aver combattuto contro gli stessi francesi per difendere la Repubblica romana.

Giuseppe Mazzini farà in tempo a vedere l’Italia unita, indipendente dal giogo straniero, ma non repubblicana. Vincitore e sconfitto al tempo stesso. dunque, ma il suo apporto e quello delle azioni dei suoi militanti nel processo unitario è indiscutibile, come lo è il suo lascito.

Il lascito

Nel primo Novecento il testo Dei doveri dell’uomo venne inserito nei programmi scolastici, pur epurato da tutti i riferimenti alla Repubblica.

Durante la Resistenza, Duccio Galimberti, il più importante esponente dell’antifascismo piemontese, scrisse che Dei doveri “andrebbe messo nello zaino di ogni partigiano”, mentre per Ernesto Rossi “la lezione morale di Mazzini” gli fu di grande conforto durante la detenzione fascista.  Anche il già citato Carlo Rosselli lo considerò un maestro morale.

A 150 anni dalla sua morte il suo pensiero continua ad ispirarci: ad esempio basterebbe pensare alla sua concezione di “cittadinanza non legata al sangue ma all’adesione della Repubblica” per proclamare la legge senza indugi la legge sullo ius soli e dare la cittadinanza a tutti quei ragazzi figli di genitori stranieri ma nati e cresciuti in Italia.

nota: gli interventi degli storici Roberto Balzani, Giovanni Belardinelli e Simon Levis Sullam sono tratti dall’articolo ‘Il giovine Mazzini’, pubblicato da La lettura – Corriere della Sera, il 20 febbraio 2022

Immagini: 1) Giuseppe Mazzini; 2) Roma, 1849, Mura aureliane durante la guerra alla difesa della Repubblica romana, fotografia di Stefano Lecchi; 3) Giuseppe Garibaldi

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