Europei. Partita immaginata e condensata in un abbraccio intimo e universale
Fortunati quei bambini che hanno vissuto questa notte di giubilo e che forse inconsapevolmente sono riusciti a vedere realizzato quel sogno che gli adulti, padri o nonni, hanno atteso per 53 anni. Un ricordo che non dimenticheranno mai . Ecco l’Italia campione d’Europa l’avevano sognata in molti, tanti ci hanno creduto e sperato e quando alle soglie della mezzanotte quel sogno si è realizzato non si poteva non ritornare a pensare a quelle magiche notti dell’82 e del 2006.
Poco più di un anno fa l’Italia scoprì che quasi in ogni casa c’era una bandiera ed il tricolore rifiorì sui balconi, l’inno risuonò dalle finestre e la canzone dei Pooh, Risorgerò, risorgerai, non era mai stata così profetica. Lo schiaffo ricevuto per la mancata qualificazione ai mondiali del 2018 aveva fatto male davvero, ma solo chi cade, consapevole degli sbagli fatti, deve trovare il coraggio di rialzarsi. Sono parole dette e ridette ma, come spesso succede e speriamo succederà sempre, gli italiani proprio dalle sconfitte riescono ad imparare e tornare ad essere forti.
Tanti hanno sottolineato le bellissime immagini degli abbracci, delle lacrime, della gioia e perché no della correttezza dei giocatori azzurri, e tutto ciò resterà nella storia del calcio italiano, ma c’è un qualcosa che ho vissuto e che mi accompagnerà a lungo fino a quando i ricordi faranno parte di quel che resta della mia vita.
In 70 anni e più ho trascorso ore e ore sui gradoni di ogni stadio d’Italia, ho visto partite di ogni serie, dai dilettanti alla serie A, con la radiolina all’orecchio per “Il calcio minuto per minuto”, o con gli occhi rivolti alla tv, perché quel pallone che viaggiava sul terreno verde era una specie di calamita dalla quale non sapevo o non volevo staccarmi.
Eppure dopo le prime tre partite degli azzurri mi sono detta: “Si può fare” perché avevo percepito che qualcosa di buono era stato preparato. Dovevo però fare i conti con il mio cuore, un po’ ballerino e perché talvolta i suoi battiti non rientrano della norma. Con l’Austria, con il Belgio, con la Spagna, il mio zapping da un canale all’altro aveva preso un ritmo incontrollato, così per la gara finale ho pensato di vivere la partita in un modo differente.
All’inno di Mameli, ho chiuso gli occhi, mi sono distesa sul letto, ho aperto la finestra e ho seguito solo i rumori e le urla delle persone che raccolte in piazza vedevano la gara da un televisore posto davanti al bar. Per un’ora, a parte un soffuso mormorio al gol inglese, alle mie orecchie non è giunto nulla, salvo un battito d’ali di un gabbiano che ritornava al nido. Poi il brusio è aumentato: “Dai, Vai, Forza!” e un più accelerato battito di mani che percuotevano i tavolini hanno fatto da prologo al pareggio.
La voglia di accendere la Tv aumentava in me, ma ho resistito e, quando i boati per i rigori fatti, sbagliati e parati hanno superato molti decibel, ho riaperto gli occhi. Per una frazione di secondo ho detto a me stessa: “Bravi lo stesso!” mi sbagliavo, perché la gioia è esplosa, i rumori si sono fatti assordanti e come per incanto i colori della bandiera hanno invaso la piazza.
L’immobilità mi aveva intorpidita e, quasi barcollando, ho estratto dall’armadio la mia bella e grande bandiera e l’ho subito poggiata sulla ringhiera del terrazzo. Il mio sonno è arrivato quando già spuntava l’alba ed il sole penetrava dalle fessure della tapparella rimasta alzata.
Il mio tricolore sventolava ed io volevo vederlo dalla piazza. Scesa, mi sono seduta su di una panchina con il naso all’insù. Una mamma in quel momento attraversava la strada e teneva per mano una bimba riccioluta di forse 5 anni, mi ha visto ed alzati gli occhi ha detto: “Bella quella bandiera.” Orgogliosa come mai ho risposto: “E’ la mia”. La piccola allora ha pronunciato la parola: “Italia”, le ho detto: “Ti piace?” Un attimo di silenzio e la mamma sottovoce mi dice: “Non la può vedere”.
Mi chino, l’abbraccio e resto senza parole. In due non abbiamo visto la partita, ma entrambe l’abbiamo riposta nel cuore. Il mondo ha visto l’abbraccio tra Vialli e Mancini, ed anch’io mi sono emozionata. Per me però quella “stretta” con quella bimba ha voluto dire tanto di più. E’ stata capace di trasmettermi un mondo diverso e di come la parola Italia sia simile alla bellezza che ci aiuta a comunicare agli altri i momenti più felici della nostra vita.
Immagine: dipinto della pittrice impressionista francese Berthe Morisot (1841-1895), titolo Young woman and child, 1894 ca.