Il nero Mandela e il bianco de Klerk, quando si raggiunge la meta insieme

In un villaggio del Transkei, nel sudest del Sudafrica, nasceva 100 anni fa uno dei più importanti statisti del mondo: Nelson Mandela, uno dei protagonisti del superamento del regime di segregazione razziale dei neri in Sudafrica (apartheid) – pur trascorrendo parte della sua vita in carcere – e a diventare il primo presidente nero ed eletto nel primo suffragio universale del Sudafrica.

Un leader rivoluzionario, dunque, il cui nome per intero è Nelson Rolihlahla Mandela (Madiba per la gente del suo clan), che vede la luce a Mvezi, il 18 luglio 1918; figlio di Mphakanyiswa della tribù Tembu, dove si parla il dialetto xhosa, un ceppo delle lingue bantu.

Completati gli studi scolastici Madiba accede all’Università di Fort Hare, alla facoltà di legge. E’ da qui che inizia il suo attivismo civile e politico. Nel 1942 entra a far parte dell’African National Congress (ANC), il movimento di opposizione al regime governativo sudafricano, in mano alla minoranza bianca (gli afrikaner), che nega i diritti politici, sociali e civili alla maggioranza della popolazione del Paese che è nera.

L’apartheid 

L’apartheid, per l’appunto, che fin dall’inizio del Novecento vieta ai neri, ai meticci e agli asiatici l’accesso al lavoro qualificato e li costringe a vivere in zone urbane circoscritte e sotto attenta sorveglianza.

Tra gli anni 1943 e 1950 la segregazione razziale viene inasprita con la proclamazione di leggi che vietano i matrimoni misti e impedisce e l’accesso ai luoghi riservati ai bianchi: ospedali, uffici postali, spiagge. L’apice del razzismo viene raggiunto nel 1948 con la vittoria del National Party (Partito Nazionale) pro – apartheid.

L’opposizione all’apartheid della minoranza culturale nera nasce da subito, con la fondazione, nel 1912, dell’African National Congress (ANC) che si basa sull’esempio non violento di Gandhi: disobbedienza civile e resistenza passiva.

Ma nonostante l’ atteggiamento pacifista le proteste dell’ANC vengono soffocate nel sangue dalle forze armate governative.

Sono questi gli anni in cui Nelson Mandela inizia a distinguersi nella campagna di resistenza e ad assumere un ruolo sempre più rilevante all’interno dell’ANC, partecipando alla redazione e pubblicazione della Carta della Libertà, la dichiarazione dei principi fondamentali, approvata dal Congresso del Popolo di Klimptown il 26 giugno 1955.

L’ascesa, la lotta armata, i lavori forzati

Il Governo reagisce accusando i capi dell’ANC di alto tradimento (reato che prevede la pena di morte) e procede all’arresto di 156 persone: fra queste c’è Nensol Mandela. È il 1956. Inizia un aspro processo che durerà fino al 1961 ma che vedrà assolti tutti gli imputati.  Ma nel frattempo, nel 1960 si consuma il massacro di Sharpeville: il 21 marzo, 69 manifestanti disarmati vengono uccisi dalla polizia; segue l’interdizione dell’ANC e degli altri gruppi anti-apartheid.

Per Mandela e i suoi compagni è giunto il momento di creare un braccio militare all’interno dell’ANC. Quest’ultima non accetta la proposta ma decide di non ostacolare le azioni di sabotaggio stabilite da Mandela. E il 16 dicembre Madiba è tra i fondatori dell’Umkhonto we sizwe (Lancia della nazione), abbreviato in Mk. L’idea è di portare avanti la causa anti-apartheid attraverso azioni di guerriglia ma non alle spalle dei vertici del Paese: nel giugno 1961 il governo viene avvisato che se non dimostrerà segnali di apertura per la riforma costituzionale e l’abolizione della segregazione, si procederà agli attacchi, come avviene nel dicembre dello stesso anno.

Il governo, infatti, non è indietreggiato dalle sue posizioni, nonostante la reazione della comunità internazionale che si è materializzata con la condanna del Commonwealth britannico e le sanzioni economiche stabilite dall’ONU nel 1962. Anno fatale, quest’ultimo, per Mandela stesso che viene nuovamente arrestato e questa volta condannato a 5 anni di reclusione ai lavori forzati, per aver viaggiato fuori dal Sudafrica senza autorizzazione e perché autore di alcune manifestazione di protesta.

Il capo carismatico

La situazione già grave di Madiba peggiora l’anno seguente, quando viene coinvolto nel processo contro altri leader dell’ANC e del MK. Accusato con gli altri di sabotaggio e alto tradimento i 5 anni della prima condanna si tramutano in ergastolo e il 12 giugno del 1964 Mandela, che si è riconosciuto colpevole di sabotaggio ma non di alto tradimento, viene portato nel carcere di massima sicurezza sull’isola di Robben Island, al largo di Città del Capo. Nel frattempo il governo dichiara il MK organizzazione terroristica.

Ma l’assenza fisica di Mandela non compromette la sua influenza carismatica per la lotta contro l’apartheid.  Lo slogan “Nelson Mandela Libero” è ripetuto in tutte le azioni anti-apartheid compiute durante gli anni della lunga prigionia del leader. Come accade all’estero dove la sua fama cresce e diventa un simbolo internazionale della resistenza e della lotta contro il razzismo.

Nel 1985 a Mandela viene offerta la libertà condizionata in cambio della sua rinuncia alla lotta armata. Il leader nero rifiuta.

L’uomo nero e l’uomo bianco insieme per la democrazia

Ma il vento sta cambiando.  Dopo l’adesione all’embargo commerciale degli Usa e la sempre più diffusa condanna dell’opinione pubblica internazionale, il Sudafrica è sempre più isolato, ma dal 1989 al vertice del governo sudafricano c’è Frederik de Klerk (a sinistra nella foto a lato), un bianco deciso a negoziare con l’ANC, a legalizzare le opposizioni e a liberare Nelson Mandela.

Come lo stesso de Klerk ha poi raccontato in un’intervista ad Anais Ginori di La Repubblica “liberare Mandela è stato il punto di arrivo di un lungo processo avviato all’interno del National Party, dove appena eletto leader avevo messo in chiaro che il nostro obiettivo doveva essere costruire un nuovo Sudafrica”.

Il 2 febbraio 1990, infatti,  de Klerk proclama la fine dell’apartheid, la fine della dominazione razziale e auspica per il Sudafrica “una nuova Costituzione, il diritto di voto universale, il sistema giudiziario indipendente, la protezione delle minoranze e le libertà religiose”.  E l’ 11 febbraio Mandela viene liberato, dopo 27 anni di carcere, durante i quali i suoi  figli sono  cresciuti senza di lui; con sua moglie Winnie Madikizela  (sposata in seconda nozze nel 1958), sono orami estranei e su strade politiche diverse. Ha oltre 70 anni, ma la vita privata è sfilacciata.

Nel 1991 da uomo libero Madiba diventa presidente dell’ANC; con de Klerk conviene che soltanto una conciliazione tra bianchi e neri può evitare la guerra civile che sembra imminente da chi non vuole negoziare, da chi sente traditi i propri ideali, tra chi odia i bianchi o il contrario. Il livello di violenza è alto, determinato anche dagli Zulu che ambiscono all’indipendenza.

Mandela e de Klerk avviano la Convention for a democratic South Africa (Codesa- Convenzione per un Sudafrica democratico ) con l’obiettivo di realizzare un governo eletto da tutte le etnie.

Nel 1993 entrambi ottengono il Nobel per la pace (nella foto a lato), per il lavoro svolto e per sollecitarli a perseverare sullo stesso percorso. Nel 1994, in occasione delle prime elezioni libere sudafricane, Madiba concorre alle presidenziali e vince. È il primo presidente nero del Paese, con de Klerk vice-presidente, del primo governo di unità nazionale.

La Commissione per la Verità e la Riconciliazione

Come presidente (lo sarà fino al 1999) Mandela avvia il processo di passaggio dal regime apartheid alla democrazia, basandolo sul principio della riconciliazione tra le etnie: il perdono al posto della vendetta dei nemici etnici e politici.

Istituisce la  TRC (Truth and Reconciliation Commission – Commissione per la Verità e la Riconciliazione), tribunali straordinari in tutto il Sudafrica per raccogliere le testimonianze delle vittime e degli autori dei crimini commessi da entrambe le parti durante il regime; per richiedere e concedere (quando possibile e solo per atti di matrice politica) il perdono per le azioni svolte durante l’apartheid;  per passare dal segregazionismo alla democrazia non solo attraverso la legge, ma anche attraverso la riconciliazione reale tra le vittime e i colpevoli.

Criticata però dallo stesso de Klerk “perché la TRC è stato un organo di parte. Al suo interno non c’erano i membri del precedente governo e del partito indipendentista zulu, altro attore del conflitto” il quale però gli riconosce la “funzione catartica” e l’aver investigato “pezzi importanti” della storia sudafricana.

Nel 1998 nel giorno del suo ottantesimo compleanno Mandela si sposa per la terza volta con Graça Machel.

Il tempo che resta

Nel 2004 si ritira definitivamente a vita privata con l’intenzione di dedicare il tempo che gli rimane in buona salute alla famiglia.

Ma il mondo non si dimentica di lui. Nel 2008 al suo novantesimo compleanno, nel londinese Hyde Park viene organizzato un grande concerto al quale, a sorpresa, Mandela partecipa, suscitando l’entusiasmo delle circa 500mila persone presenti. Ovunque sul palco viene riportato il suo numero d’immatricolazione carceraria:46664.

Una nuova uscita pubblica avviene nel 2010 in occasione dei Mondiali di Calcio in Sudafrica.

Nel marzo 2013 viene ricoverato per un’infezione polmonare, dimesso dopo pochi giorni viene nuovamente ricoverato nel giugno dello stesso anno.

Muore il 5 dicembre 2013 nella sua casa di Johannesburg, all’età di 95 anni.  Gli è stata fatale un’infezione polmonare, conseguenza della grave forma di tubercolosi contratta durante la lunga prigionia.

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