La vita oltre il deserto. Buon Natale a tutti

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Un fiore nel deserto. Foto di Eugenio Zanzi

Il Natale rappresenta la nascita di una speranza, di un balsamo per l’anima. Ogni religione ha il suo Natale come celebrazione dell’amore universale, quell’amore che l’uomo fa tanta fatica a coltivare e a diffondere. Oggi i cattolici si apprestano ad accogliere la venuta di Cristo e noi di abbanews, lo consideriamo un giorno simbolico che unisce ogni credo nel nome della pace. Vi proponiamo dunque un ricordo di Natale, ma al tempo stesso, apriamo una rubrica di “Racconti del Natale universale” a chiunque voglia farci partecipe del proprio giorno di luce.

Un Natale di 60 anni fa

Era un giorno che lo si viveva prima di tutto con il cuore pieno di gioia, era fatto di cose piccole e semplici, quali la letterina messa sotto il piatto di papà e mamma, la visita a tutti i presepi allestiti nelle chiese, ove i bimbi più disinvolti recitavano la poesia imparata a scuola.

C’era poi la preparazione dell’albero, spesso fatto di un solo ramo di ginepro e che la mamma arricchiva con tante caramelle e fiocchi di stoffa. Era un giorno santo, differente dagli altri perchè era l’unica mattina dell’anno che potevi salutare papà perchè non andava a lavorare e che potevi svegliare facendogli il solletico.

Per premio ricevevi quell’abbraccio che era atteso dall’anno precedente. Allora non c’erano tante espressioni d’affetto perchè il rispetto che vigeva tra padri e figli era più evidente di oggi. Però l’attesa della venuta di Gesù Bambino ci faceva essere più docili, i capricci erano più rari le liti tra fratelli erano accantonate.

I doni che ci portava Babbo Natale erano cose di poco conto, i giocattoli erano veri e propri molto piccoli, qualche libro per chi sapeva già leggere, ma erano sempre accettati con gridolini di gioia. Io ricordo di un Natale nel quale mamma e papà mi dissero che da lì a poco avrei dovuto lasciare il mio lettino perché lì sarebbe venuta a dormire la mia sorellina dato che il suo sarebbe stato occupato da un nuovo fratellino. Il distacco fu doloroso anche perché sarei stata trasferita a dormire in un’altra stanza e nel letto con la zia.

Erano tempi ancora magri, la mamma per il pranzo di Natale preparava un vassoio che poneva al centro della tavola. Era colmo di tutti i frutti possibili: mandarini, aranci, pere, mele, kaki, uva. banane e melograni, oltre a noci datteri, nocciole, fichi e prugne secche. Era la cosa più bella che avessi mai visto.

Alla fine nel suo borsellino rimanevano sempre pochi spiccioli, ma qual l’inverno, lei riuscì a comprare un orsetto dal pelo rossiccio che pose sotto l’albero accompagnandolo con questo biglietto: “era rimasto solo sullo scaffale, fategli compagnia e giocateci insieme”.

Restò con noi quasi un anno, fino a quando avvenne l’alluvione nel Polesine, e nel fare la raccolta da inviare ai bimbi di quella terra devastata dall’acqua, decidemmo do donare loro il nostro orsetto. In quale piccole mani sia finito non lo sapremo mai, ma certo noi l’abbiamo donato con il cuore.

Quei Natali non ci sono più, oggi i bimbi hanno tutto e vogliono i giocattoli alla moda.

Le persone di allora erano animate da tante speranze, vivevano in armonia, condividevano quel poco che riuscivano ad avere. La chiave nella toppa di casa era cosa normale.

Si cresceva partendo da queste basi: il S. Natale portava con sè la bontà, la gioia nel cuore e quella carità che oggi è difficile da dispensare. Proviamo a tornare a quegli anni, apprezzeremo ogni cosa molto di più.

Giovanni Pascoli ci dice:” Sappiate che il poco è molto per chi non ha nulla” Buon Natale dunque!

 

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