Le piccole (grandi) virtù di Natalia Ginzburg

Torna nelle librerie statunitensi la scrittrice Natalia Ginzburg. Il 25 giugno 2019 usciranno i suoi romanzi È stato così del 1947 e Caro Michele del 1973, quest’ultimo con il nuovo titolo Happyness as Such, appena ritradotto da Minna Zallman Proctor, premio PEN Poggioli.

Nel dare la notizia, il New York Times definisce la Ginzburg “una dei grandi autori italiani del ventesimo secolo”, confermando l’interesse dei critici e dei lettori d’oltreoceano per la nostra scrittrice.  Infatti, queste ultime ripubblicazioni seguono, ad appena 2 anni di distanza, alla riedizione del libro, forse il più famoso di Natalia Ginzburg, Lessico Famigliare del 1963, con la nuova traduzione di Jenny Mc Phee e con l’introduzione di Tim Parks. Romanzo autobiografico che rappresenta un fulgido esempio di come fare del particolare, racconto universale, a rendere, per acume e talento etico ed estetico, un argomento da soggettivo a oggettivo.  E smentendo sul nascere l’insipiente definizione della Ginzburg “scrittrice minore per il suo interesse per la vita familiare”.

La riscoperta della nostra scrittrice coinvolge tutto il mondo anglosassone. Nel Regno Unito è trascorso appena un anno dalla riproposta di Le piccole virtù, la raccolta di saggi scritti dal 1944 e il 1966, nel quale vi troviamo fra gli altri Ritratto di un amico, dove il ritratto è quello dello scrittore Cesare Pavese, concittadino, amico e compagno di lavoro presso la casa editrice Einaudi (celebri le esercitazioni comuni per giungere alla perfezione della “frase breve”); dove i britannici trovano descrizioni di com’era il loro Paese negli anni Cinquanta, quanto la scrittrice vi soggiornò a seguito del secondo marito Gabriele Baldini, ricordato in Lui e io; e ancora il saggio che dà il nome alla raccolta, Le piccole virtù dove Ginzburg riflette sull’educazione dei figli e scrive:  “Per quanto riguarda l’educazione dei figli, penso che si debbano insegnare loro non le piccole virtù ma le grandi. Non il risparmio, ma la generosità e l’indifferenza al denaro; non la prudenza, ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo; non l’astuzia, ma la schiettezza e l’amore per la verità; non la diplomazia ma l’amore per il prossimo e l’abnegazione; non il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e di sapere”.

Nata Levi a Torino nel 1916 Natalia cresce nel mondo intellettuale e antifascista del capoluogo piemontese: inizia a scrivere dalla pre-adolescenza ma esordisce nel 1933; sposa nel 1938 Leone Ginzburg, docente universitario,  letterato, uno dei fondatori della Casa editrice Einaudi ed eroe della Resistenza:  morirà nel 1940 a Roma nel carcere Regina Coeli per mano delle torture tedesche. Natalia ne conserverà per sempre il cognome. Morirà a Roma nel 1991, all’età di 75 anni.

Secondo l’articolo del NYT la riscoperta della Ginzburg si deve all’effetto Ferrante, ossia al grande successo internazionale del libro L’amica geniale di Elena Ferrante, scrittrice/scrittore che ha scelto il più completo riservo e non sappiamo chi sia.  Intorno alla sua figura c’è molta curiosità e molte indagini.  Per alcuni potrebbe trattarsi della traduttrice Anita Raja, per molti del marito, lo scrittore Domenico Starnone. Il che ci riconduce alla Ginzburg, la quale, come Elsa Morante preferiva essere definita “scrittore” e non scrittrice, alludendo al fatto che le donne per riuscire nel lavoro, come nella vita devono conquistare la stessa libertà mentale ed emotiva degli uomini.  Una conquista che sarebbe avvenuta da tempo se tutti venissimo educati secondo le Piccole (grandi) Virtù di Natalia Ginzburg.

 

Fotografie dall’alto: 1) Natalia Ginzburg; 3) Natalia con il marito, Leone Ginzburg, docente universitario, letterato, uno dei fondatori della Casa editrice Einaudi ed eroe della Resistenza

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