Gustave Courbet, il rivoluzionario nell’arte e nella vita

L’immaginazione nell’arte consiste nel saper trovare l’espressione più completa di una cosa esistente, ma mai nel supporre o creare questa stessa cosa. Il bello è nella natura, e s’incontra nella realtà sotto le forme più diverse. Non appena lo si trova, esso appartiene all’arte o piuttosto all’artista che sa vedervelo. Il bello, come la verità è una cosa relativa al tempo in cui si vive e all’individuo atto a concepirlo. L’espressione del bello è in proporzione diretta alla potenza di percezione acquisita dall’artista. Non possono esserci scuole, ci sono solo pittori ”.

Così scriveva il pittore francese Gustave Courbet, padre del Realismo francese a cui la città di  Ferrara   renderà omaggio, prima ancora della stessa Francia, con la mostra Courbet e la natura (Palazzo dei Diamanti – 22 settembre 2018 – 6 gennaio 2019) in occasione del bicentenario della sua nascita che cadrà nel 2019.
“Fai quello che vedi” era uno dei lemmi del pittore Courbet. E la natura, dunque, in tutte le sue espressioni, quella umana compresa, era tra i temi che prediligeva, caratterizzata dalla sua spontaneità, dalla sua verità, senza “aggiustamenti” estetici,  e dalla negazione del gusto accademico dell’epoca.

Nato a Ornans (contea vicino al confine svizzero) il 10 giugno 1819 da una famiglia di agiati proprietari terrieri, Jean Désiré Gustave Courbet, unico maschio di 4 figli, rimase sempre legato ai suoi familiari e ai luoghi natii, che ritrasse sovente.

Dopo un passaggio all’Università di Besançon, giunto a Parigi ventenne nel 1839 per continuare a studiare legge, presto tradisce le aule universitarie per le sale del Museo del Louvre, attratto soprattutto dalle opere di Tiziano, Caravaggio, Frans Hals, Rembrandt e Diego Velázquez che studia attraverso il costante rifacimento dei loro capolavori.

Dipingere la realtà. Una passione

La pittura è la sua passione a cui è stato introdotto fin dall’adolescenza. Segue corsi pittorici, ma fondamentalmente è un autodidatta che, spinto dalla ricerca del vero, sente di dover andare oltre i maestri del romanticismo, allora imperanti. I pittori romantici rifiutano l’idea che sia solo la ragione a dover guidare l’uomo, dando uguale, se non maggior, rilievo al sentimento, alla passione ispiratrice del genio creativo, ricercando l’emozione nel sublime. Courbet con il suo ardente desiderio di rappresentazione della realtà supera l’estetica delle emozioni.

Sono anni di ricerca, dunque, non facili per l’innovatore Courbet che riesce a esporre poche opere al Salon di Parigi, fino ad arrivare al 1848 quando finalmente ha l’occasione di presentare 10 opere e a farsi notare e apprezzare;  lo Stato francese acquista nel 1849 Dopocena a Ornans e gli conferisce la medaglia di seconda classe. Allo stesso periodo risale il rapporto d’amicizia con lo scrittore realista e critico d’arte Jules Champfleury (pseudonimo per Jules François Félix Husson) al quale Courbet dedicherà poi un ritratto.

Onori ma anche oneri e contestazioni. Il suo tratto realistico non è  unanimemente apprezzato, da alcuni critici viene tacciato di trivialità.  Il dissenso esplode l’anno successivo, con i quadri Gli spaccapietre (nella foto a lato). Opera andata distrutta nel 1945, durante il bombardamento di Dresda, e il Funerale a Ornans presentato al Salon del 1850.

Quest’ultimo, detto anche Quadro di figure umane, raffigurante il funerale di un prozio del pittore, rompe tutti gli schemi: pur riprendendo la tradizione seicentesca olandese e spagnola (colori scuri e impasto denso) la morte è raffigurata senza accenni mitici e divini, i personaggi (50 tutti riconoscibili tra amici, parenti e concittadini del pittore) sono considerati “brutti” e la scelta del formato poi, desta scandalo: troppo grande, 3,14 x 6,64 metri, dimensioni fino allora riservate alla pittura storica. Appare audace, sfrontata quasi una sfida, se non uno sfregio, alle gerarchie.

Tuttavia, Courbet è apprezzato dal ricco mecenate Alfred Bruyas che acquista Le bagnanti e l’ospita a Montpellier; sotto la sua protezione. Il  pittore può così esprimere liberamente la sua arte e, la sua fama, oltrepassando i confini francesi, alla conquista dell’Europa.

Il successo europeo

Nel 1855 subisce un nuovo affronto dal Salon che respinge la sua opera L’atelier dell’artista (nella foto a lato, secondo i critici il quadro più rappresentativo della sua poetica), ancora una volta per le sue dimensioni. Ma Courbet reagisce organizzando a sue spese una mostra personale intitolata Du réalisme: 40 dipinti accompagnati dal catalogo che contiene il manifesto programmatico che gli vale il riconoscimento di fondatore del Realismo.

Gli anni a seguire sono un crescendo di successo, sebbene non si attenuino polemiche, presunti scandali e il susseguirsi degli alterchi con il Salon. Si tratta degli anni che vedono la realizzazione de L’origine del mondo (recentemente censurata dall’algoritmo di Facebook) e della serie Jo, la belle irlandaise.

Il repubblicano coerente, costi quel che costi

La tensione di Gustave Courbet non è solo pittorica ma anche civica. Tutt’altro che indifferente alle disuguaglianze sociali, è pienamente coinvolto nei turbolenti cambiamenti politici della Francia, che segneranno il triste destino dei suoi ultimi anni, trascorsi in esilio per evitare la prigione.

Il declino inizia nel 1870. Da convinto repubblicano in quell’anno Courbet rifiuta l’alta onorificenza della Legion d’Onore, offertagli da Napoleone III su proposta del ministro delle Belle Arti, Maurice Richard, al quale il pittore indirizza la lettera di rifiuto (il 23 giugno 1870) scrivendo il famoso periodo, quasi un epitaffio: “Ho 50 anni e sempre vissuto libero. Lasciatemi terminare la mia esistenza da uomo libero. Quando sarò morto, di me si potrà dire: quest’uomo non è mai appartenuto a nessuna scuola, a nessuna chiesa, a nessuna istituzione, a nessuna accademia, specialmente a nessun regime, se non al regime della libertà”. Un gesto che lo rende famoso tra gli oppositori del regime imperiale.

Il susseguirsi degli eventi, la vittoria tedesca nella guerra franco-prussiana (1870-71), la conseguente caduta di Napoleone III (1870), la proclamazione della Terza Repubblica e della Comune di Parigi (1871) vedono il pittore resistere nella capitale (mentre in molti scappano) ed essere eletto presidente della Federazione degli artisti. A capo di tutti i musei della città ne salva il patrimonio artistico, nascondendolo in luoghi sicuri, prima dai saccheggi dei soldati prussiani e poi dalla furia della folla in rivolta.

Aderisce alla Comune di Parigi (governo socialista che diresse Parigi dal 18 marzo al 28 maggio 1871) anche se successivamente al decreto che prevedeva la distruzione della Colonna della Grande Armée di Place Vendôme,  realizzata per volere di Napoleone I con la fusione dei cannoni austriaci, in onore alla vittoria francese nella battaglia di Austerlitz (1805), per i Comunardi, odioso simbolo del Primo e Secondo Impero.

La Colonna è demolita nel maggio del 1871 e Courbet, caduta la Comune, è arrestato il 7 giugno.

In realtà il pittore non partecipò direttamente all’abbattimento né votò il decreto di demolizione, ma nell’autunno del 1870 si era fatto promotore di una petizione rivolta al Ministero della Difesa affinché la colonna venisse “sbullonata” perché “priva di valore artistico” espressione invece “delle guerre di conquista” ed estranea “al sentimento di una nazione repubblicana”.   Considerato il responsabile morale, Courbet è condannato a 6 mesi di prigione e al pagamento di 500 franchi di multa, oltre ai 6850 franchi di spese penali.

Nel 1872 è escluso dal Salon, ma Courbet ha già lasciato la Francia per paura di essere nuovamente arrestato. Nel 1873 un nuovo processo conferma la colpevolezza e lo condanna al rimborso delle spese per la ricostruzione della colonna che ammontano da 323.091 franchi. Un autentico tracollo economico per Courbet – nonostante il pagamento fosse rateizzato- che perde gran parte del suo patrimonio e la confisca dei beni.

Il declino

La Svizzera lo accoglie con affetto ma la condizione di esiliato lo prostra. Pensava di trascorrervi il tempo necessario finché le cose in Francia si aggiustassero, confidava nell’amnistia generale.
Ossessionato dai problemi di denaro e dai procedimenti giudiziari, Courbet si rifugia nell’alcol e non riesce più a realizzare quadri all’altezza del suo talento.

Muore a La Tour-de-Peilz (Svizzera) il 31 dicembre 1877,  stroncato della cirrosi epatica.

Le sue spoglie riposano al cimitero di Ornans, dove nel 2011 è stato inaugurato il Musée Courbet (nella foto sopra).

Rimane la grandezza della sua arte sinceramente rivoluzionaria alla quale sono debitori, per loro stessa ammissione, gli impressionisti, Edouard Manet per primo, con la sua Colazione sull’erba, che destò scandalo e nel 1863 non venne  accettata dal Salon

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