La sottile linea verde dell’idrogeno

Il piano ecologico dell’Unione europea riserva all’idrogeno un ruolo chiave per l’abbattimento entro il 2030 e l’azzeramento nel 2050 delle emissioni di gas serra.

Ma quale tipo d’idrogeno? Per rispondere esaurientemente, anzitutto, è necessario specificare che l’idrogeno non è un’energia primaria, è prodotto da vari precursori, mediante processi chimici o biochimici. Quindi il suo livello d’inquinamento varia secondo le fonti e i metodi utilizzati per generarlo.

I vari sistemi di produzione per rendere le molecole d’idrogeno (che di per sé sono tutte uguali) una fonte energetica e il conseguente impatto sull’ambiente distinguono il prodotto – idrogeno in grigio, blu e verde.

Il grigio. Il brutto

L’idrogeno grigio deriva dalle fonti fossili, utilizzando, ad esempio, il metano, attraverso il cosiddetto processo reforming del gas naturale o gassificazione del carbone che sprigiona anidride carbonica nell’atmosfera (da cui il colore assegnatogli) e che oggi rappresenta il 95% dell’idrogeno prodotto nel mondo (fonte: eni).

 

Il blu. Il controverso

Anche l’idrogeno blu deriva dal gas naturale ma l’impianto di produzione è accompagnato da un sistema che durante il processo di reforming cattura le emissioni di CO2 e le inietta stabilmente nel sottosuolo, per esempio nello stesso giacimento da cui viene estratto il metano.

Si tratta del sistema CCS (per carbon capture and storage) di cui tanto si è parlato negli ultimi giorni per il progetto del gruppo ENI che vorrebbe creare il centro di cattura e stoccaggio della CO2 nell’Adriatico, al largo di Ravenna, dove esistono giacimenti di gas esauriti e le infrastrutture che permetterebbero di fare dell’anidride carbonica stoccata, materia prima per altri utilizzi produttivi, realizzando un ciclo di economia circolare. Si tratterebbe del processo CCUS, dove alle parole carbon capture e storage si aggiunge l’U di utilisation. Già in atto in altri Paesi, il progetto italiano, Adriatic Blue, ha ricevuto l’approvazione sia dell’Associazione Internazionale dell’Energia e sia della Comunità europea, ma ha suscitato le contestazioni degli ambientalisti.

Il verde. L’ambito

L’idrogeno verde, invece è un’energia pulita al 100% con zero emissioni di CO2, essendo prodotto dagli impianti di elettrolisi alimentati con energia elettrica rinnovabile, oppure con energia nucleare ma in questo caso è indicato con il colore viola.

All’idrogeno verde, potenzialmente, si riconoscono 3 caratteristiche fondamentali:

• capacità di immagazzinare il surplus generato dalle energie rinnovabili. Potrebbe essere fondamentale per garantire l’approvvigionamento energetico;
• possibilità di trasformazione in varie forme di energia, come elettricità, gas sintetico o calore, prestandosi, dunque, per la mobilità e per molteplici applicazioni nell’industria;
• utilizzo in settori chiave che non hanno ovvie opzioni di decarbonizzazione, come l’industria ad alta intensità di processo a temperatura elevata e il trasporto merci.

Sia l’idrogeno verde che il biometano sono energie protagoniste per il processo di transizione verso il nuovo modello energetico e industriale. In tal senso va il piano strategico presentato dalla Commissione europea nel luglio 2020.

Ma alcuni Stati membri lamentano la scarsa competitività dell’idrogeno verde  e chiedono di favorirne gli investimenti tramite la revisione della normativa EU ETS (il sistema europeo per lo scambio di emissioni), oltre a  norme UE ad hoc sugli aiuti di Stato. Considerato l’idrogeno verde un’ approdo, alcuni eurodeputati chiedono, nel frattempo, di considerare la tecnologia della cattura e dello stoccaggio del carbonio: in sintesi usare l’idrogeno blu, in previsione del verde.

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