Effe. Narrazione di un ospedale in dis-uso

Immigrato_Forlanini

Ospite_Forlanini

Certe volte ho la sensazione che sia molto difficile mostrare i propri lavori, che ci sia limitato spazio per noi, che nessuno voglia ascoltare il punto di vista che abbiamo sul mondo. Spesso chi fa il nostro lavoro si concentra su storie così lontane da loro, apparentemente più “grandi”, ignorando che a pochi passi, c’è moltissimo da raccontare.

A parlare è Andrea Benjamin Manenti, giovane artista iscritto al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma che insieme al suo collega Cristiano Barducci, hanno dato vita a un progetto di narrazione visuale. Fotografo il primo, sceneggiatore e giornalista il secondo, hanno unito le loro capacità e sensibilità per raccontare la quotidianità che ogni cittadino sfiora ma non vede. Una con-vivenza professionale basata sulla reciproca stima e voglia di raccontare ciò che ci è “così vicino così lontano”.

Roma, città multiforme nella sua veste di città d’arte, di residenza presidenziale, di capitale geo-politica e di metropoli italica è anche la città degli spazi urbani silenti, addormentati, degradati, abbandonati dall’incuria dei governanti. Vecchi edifici, un giorno gloriosi, ora spettri indolenti e riflesso di una città che si ammala di in-curia e indifferenza.

Cristiano e Andrea attraverso la lente dell’arte, ancella storica dell’urbe, ci mostrano come l’innovazione possa scaturire dalla sensibilità creativa e socio-culturale. Profetiche ci appare al riguardo la visione dell’architetto Victor Papanek che negli anni ’70 parlava di responsabilità progettuale in senso sociale e ambientale. La creazione è responsabilità sociale, come responsabilità sociale è il modo in cui viene recepita.

Effe: un visionario racconto del reale

Bagni_Forlanini

Bagni_Forlanini

Nasce così Effe, una narrazione fotografica sugli spazi abbandonati dell’Ospedale storico Carlo Forlanini di Roma, chiuso nel 2015 dopo anni di lenta dismissione per bonificare l’area da destinare ad associazioni innovative e/o operanti nel sociale. Il bando regionale annunciato per le suddette associazioni ancora non è stato erogato.

In un anno il Forlanini si è ri-converito in “housing sociale” in cui hanno convissuto  nei padiglioni che ancora potevano usufruire della luce elettrica e del gas, piccole comunità in fuga da mondi lontani e vicini (immigrati ed italiani).

Cristiano ed Andrea riescono ad entrare nell’ex- Ospedale, comunità multiculturale e di mutuo soccorso, grazie all’aiuto di Alì, un giovane tunisino. Così inizia la loro avventura che è durata tre mesi. L’universo variopinto, sofferente ma anche suggestivo e in cerca di ascolto che hanno incontrato è documentato dalle loro reportage fotografico narrante.

Foto Infermieri_Forlanini

Foto Infermieri_Forlanini

Accanto ai “rifugiati sociali”, l’assenza-presente di giovani medici, pazienti, infermieri. I loro armadietti conservano ancora le loro vite: lettere d’amore, appunti, camici, oggetti di diversa natura. Foto di infermieri dagli anni ’30 agli anni ’90 ri-trovate sono state posizionate accanto alle foto dell’aspetto attuale dei padiglioni.

Una ri-costruzione filologica che non sarebbe stata possibile senza il supporto e la partecipazione di un ex-primario dell’Ospedale. Un prima e un adesso in cerca di un dopo che tenga conto dei bisogni sociali e assistenziali.

Una voglia di raccontare e documentare su più fronti: giovani creativi, particolarmente sensibili agli spazi di uso pubblico insieme a medici che hanno vissuto in prima linea la disintegrazione della realtà ospedaliera, il disagio sociale di un spazio che si svuota e si deteriora: 280.0000 mq lasciati a se stessi.

La Roma_Forlanini

La Roma_Forlanini

Filo conduttore dell’opera fotografica ,il cambiamento della società nel tempo, della transizione, delle persone che l’hanno popolato e ci hanno vissuto. Una rivisitazione dello spazio vuoto nel cuore di una grande città; un buco nero che raccoglie ma non accoglie.

Le parole per dirlo

Di seguito vi riportiamo uno stralcio della presentazione di Effe, scritto da Andrea e Cristiano

Nei tre mesi di durata del progetto vi è stata un’evoluzione accelerata dello stato delle cose, come se una forza misteriosa lavorasse sottotraccia. Gli operai del comune hanno messo sulle mura un filo spinato che prima non c’era, piccoli episodi turbavano la quotidianità dei nuovi abitanti. Qualcosa stava per accadere. L’8 giugno scorso Sara B., quindici anni, è stata ritrovata su una lettiga di un reparto dismesso. Morta di overdose.

È venuta la polizia, ha sgomberato l’ospedale. Le stanze in cui persone di ogni etnia avevano trovato rifugio e una casa, non esistono più. Le persone che avevamo conosciuto sono di nuovo per strada.

Siamo entrati ancora, un’ultima volta. Due settimane fa. Ci ha accolto un’atmosfera malinconica, da sonnacchioso pomeriggio d’estate. Eravamo i soli all’interno, e c’era un silenzio irreale. Lenzuola appese, cassetti aperti, una valigia lasciata a metà. Alcuni degli occupanti sono stati denunciati, nessuno è più rientrato.

In alcuni reparti le forze dell’ordine hanno buttato via effetti personali, tolto letti e suppellettili. In altri no, e sono rimaste tracce di vita. Allora ci è sembrato di tornare indietro, quando tutto era iniziato. Un nuovo evento inatteso a scombussolare tutto. Come con gli infermieri, con i loro armadietti. Prima il progressivo dissolversi di un luogo di lavoro che ospitava forti relazioni, uno spazio percepito come socialmente utile. Adesso questo.

Forse, in un’esperienza che è stata anzitutto una ricerca sul rapporto tra uomo e spazio, c’è un filo rosso a unire presente e passato: due grandi comunità, diverse per ruolo e interazioni, scomparse. Esse se ne vanno in silenzio, lasciando testimonianze che parlano di vita. Senza clamore. Come a voler ribaltare la triste, chiassosa, dinamica degli eventi.

Effe- il primo tassello di “visual tour”

Stanza_Forlanini

Stanza_Forlanini

Un progetto partito da un input didattico si è trasformato in una cronaca dei nostri tempi in cerca di uno spazio espositivo che gli consenta di allestire il progetto in modo organico.

Un’iniziativa che potrebbe diventare il primo tassello di un visual tour tra gli spazi urbani dimenticati e che possa far riflettere sia ai cittadini che ai decisori politici sui bisogni della città, vero organismo, dotato di vita propria, e dei suoi abitanti.

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