Sì storico della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione di Roma emana, per la prima volta, una sentenza favorevole all’applicazione dell’adozione del figlio dell’altro, più nota come step child adoption, attraverso l’applicazione dell’articolo 44 della legge sulle adozioni 184/83 a una famiglia arcobaleno. Ricordiamo che l’articolo 44 disciplina le adozioni “in casi particolari” basandosi sul principio fondamentale e prevalente “dell’interesse superiore del minore”.
L’Alta Corte di Roma oggi, 22 giugno 2016, ha pubblicato la sentenza 12962/16, con la quale ha accolto la richiesta di una donna di adottare la figlia biologica della propria compagna. Nella pubblicazione la Corte spiega le motivazioni della decisione presa. Precisa come la configurazione famigliare come quella della richiedente, ossia formata da una coppia omossessuale stabile con una figlia “non determina in astratto un conflitto d’interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice”. E aggiunge che tale adozione “prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempreché, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore”.
La coppia, la loro storia e l’iter giudiziario
La coppia è formata da due donne che vivono insieme dal 2003. Sposatesi in Spagna e decise a diventare genitori, sempre nella penisola iberica la più giovane della coppia aveva dato alla luce una bambina 2009, dopo essersi sottoposta alla procreazione assistita eterologa. La bambina fino all’odierna sentenza è risultata essere figlia soltanto della mamma biologica.
La coppia per ottenere il riconoscimento della doppia genitorialità, a garanzia della bambina, si è rivolta al Tribunale dei Minori di Roma, il quale nel 2014 aveva espresso parere favorevole all’adozione, confermata nel 2015 dalla Corte di Appello, ma impugnata dalla Procura generale che aveva fatto ricorso alla Cassazione.
Il ricorso della Procura richiedeva la nomina di un curatore speciale della minore, come previsto dall’articolo 78 del codice di procedura civile (cpc), atto a valutare l’eventuale conflitto d’interessi del minore con il genitore adottante. Eventualità in precedenza esclusa sia dal Tribunale di Roma prima, sia dalla Corte d’appello poi, per l’evidente stato di benessere psico-fisico di cui gode la bambina grazie al contesto famigliare nel quale vive, com’è stato ribadito dalla sentenza odierna della Cassazione.
Il si della Corte di Cassazione alla coparentalità delle coppie gay e il suo no alla discriminante dell’orientamento sessuale
L’Alta Corte di Roma, come si legge nel suo comunicato, afferma che “ all’articolo 44 della legge 184 “possono accedere sia le persone singole che le coppie di fatto” precisando che “l’esame dei requisiti e delle condizioni imposte non può essere svolto – neanche indirettamente – dando rilievo all’orientamento sessuale del richiedente e alla conseguente natura della relazione da questa stabilita con il proprio partner” perché ” questa particolare ipotesi normativa mira a dare riconoscimento giuridico, previo rigoroso accertamento della corrispondenza della scelta all’interesse del minore, a relazioni affettive continuative e di natura stabile instaurate con il minore e caratterizzato dall’adempimento di doveri di accadimento, di assistenza, di cura e di educazione analoghi a quelli genitoriali”.
Da oggi la bambina potrà, anche legalmente, contare su entrambi i genitori e porterà i cognomi di entrambe.
Una sentenza storica che potrebbe riaprire il dibattito politico sull’estensione della step child adoption anche alle coppie omosessuali, dopo essere stata esclusa dalla legge sulle Unioni Civili, approvata l’11 maggio 2016