Sindachesse italiane. Tutte le prime volte!

Durante l’appena conclusa campagna elettorale per le elezioni amministrative del 2016, abbiamo visto impegnate giovani e volitive candidate, che riferendosi alla loro eventuale vittoria, rilevavano il concetto di “prima volta”.  Comprensibile entusiasmo della prima ora, che giustifica l’inesattezza storica e alla quale siamo grati perché ci offre l’assist per approfondire il tema.

Ci ritroviamo alle fatidiche amministrative del 1946. Tutto iniziò da lì, da quel 10 marzo di 70 anni fa. Quando il popolo italiano ri-tornò al voto, dopo la ventennale tragica esperienza fascista, e le italiane per la prima entrarono nella politica attiva sia come elettrici sia come candidate.

Come leggiamo sui documenti di quell’anno, il risultato delle amministrative del ’46, seppur inferiore alle attese  – con  l’elezione di 2000 candidate nei consigli comunali –  riservò  una piacevole  sorpresa: le sindachesse, come vennero chiamate allora e, come, probabilmente dovremmo fare anche oggi.

Le magnifiche 7 erano: Margherita Sanna (Orune–Nuoro), Ninetta Bartoli (Borutta-Sassari), Ada Natali (Massa Fermana-Fermo), deputata dal 1948, Ottavia Fontana  (Veronella-Verona), Elena Tosetti (Fanano-Modena), Lydia Toraldo Serra (Tropea-Vibo Valenzia) ed Elsa Damiani a Spello (Perugia).

Delle 7 elette,  5 erano lavoratrici e 2 casalinghe; quattro di loro erano maestre elementari e una avvocatessa; 4 esponenti del Partito Comunista e 3 della Democrazia Cristiana.

Le nostre sindachesse del ‘46 ebbero una lunga carriera politica; rielette per varie legislature,  furono ricordate nei loro comuni per molti anni grazie ai segni indelebili lasciati dalla loro buona amministrazione.

 

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Ada Natali

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Vittoria Giunti

Tra loro Ada Natali,  prima cittadina di Massa Fermana  fino al 1959, affiancò all’attività di amministratrice quella di deputata, eletta nel 1948 nelle liste del Fronte Popolare, formato dal Partito Comunista e quello Socialista.  Fece parte  delle prime delegazioni italiane inviate all’URSS per stabilire le basi del rapporto istituzionale fra i due paesi e, fu molto attiva nell’ambito dell’emancipazione femminile. Non ha mai lasciato la sua Massa Fermana, dove si è spenta nel 1990.

Facendo un salto di 10 anni per raggiungere il 1956, la Storia ci presenta la prima sindachessa siciliana: Vittoria Giunti, professoressa di matematica, attiva nella lotta alla mafia e nell’estensione del voto alle donne. Fiorentina di nascita (1917), Vittoria Giunti è stata una figura di spicco del Partito Comunista. Partigiana durante la guerra e dirigente del partito poi, venne eletta Prima Cittadina del Comune di Santa Elisabetta (Agrigento). Quest’anno ricorre  il decimo anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 2 giugno del 2006. La sua vita e la sua opera socio-politica è narrata in L’eredità di Vittoria Giunti di Gaetano Alessi; uno dei ragazzi con i quali diede iniziativa al giornale AdEst di militanza civile contro la mafia e l’usura ai tempi della giunta di Cuffaro.

 

Elda Pucci

Elda Pucci

Rimaniamo in Sicilia, per conoscere  la “prima volta” dell’elezione di una donna a sindaco di una grande città. Accadde a Palermo nel 1983 con la pediatra democratica cristiana Elda Pucci,  sindachessa solo per un anno,  ma che segnò un altro primato storico: sotto la sua amministrazione il Comune di Palermo, per la prima volta,  si costituì parte civile in un processo contro la mafia.

Non le fu perdonato e il 20 aprile 1985, mentre Elda Pucci conduceva la sua campagna elettorale per consigliere comunale alla amministrative del 1985, due cariche di esplosivo da 25 chili ciascuna, distrussero la sua villa a Piana degli Albanesi. I mandati dell’attentato erano Bernardo Brusca e Totò Riina. L’attentato non  spaventò Elda che si presentò nuovamente come candidato- sindaco,  nel 1993. Le venne preferito Leoluca Orlando.  Continuò la sua carriera politica, come deputato del Parlamento Europeo. È venuta a mancare nel 2005.

 

Maria Magnani Noya 2Al nord d’Italia, sempre negli anni ottanta, furono i torinesi a volere per la prima volta una donna a capo della loro amministrazione. Nel 1987 elessero Maria Magnani Noya, del Partito Socialista Italiano, la quale guidò Torino fino al 1990. Da avvocato, professione che esercitò fino alla sua morte avvenuta nel 2011,  Maria Magnani Noya fu difensore d’ufficio del primo processo contro la Brigate Rosse (organizzazione terroristica italiana) che si aprì nel capoluogo piemontese il 17 maggio 1976.

Alla guida dei capoluoghi italiani seguiranno poi Cristina Mestrello, sindachessa di Padova dal 1999 al 2004, Rosa Russo Iervolino a Napoli, dal 2001 al 2011, Letizia Moratti a Milano dal 2006 al 2011, Marta Vincenzi a Genova dal 2007 al 2012 e la neo eletta Virginia Raggi a Roma.

 

Giusy Nicolini lampedusaTerminiamo questa nostra breve carrellata storica, con una “menzione speciale” a Giusy Nicolini a capo dell’amministrazione di Lampedusa e Linosa dall’8 maggio del 2012.  Giuseppina Maria Nicolini, che tutti abbiamo imparato a conoscere e apprezzare per il suo impegno nell’affrontare i difficili e, spesso, tragici approdi dei migranti, ha alle spalle un passato da attivista ambientalista e antimafia.

Per molti anni è stata alla direzione della Riserva naturale dell’isola di Lampedusa, nel corso della quale si è distinta per la tenace lotta contro l’abusivismo  sull’isola e la protezione della Spiaggia dei Conigli,  il maggiore luogo italiano di nidificazione delle tartarughe marine.

Giusy Nicolini, appena eletta si è trovata a gestire il fenomeno delle “barche della speranza”, ossia il grande flusso dei migranti che scappano dalla miseria e  dalla violenza delle guerre. Nel 2012 denunciò la solitudine di Lampedusa delle sue istituzioni e dei suoi abitanti, e lanciò un appello all’opinione pubblica e all’Europa che fra l’altro diceva “Quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?” e ancora  “Basta! Ma che cosa aspettiamo? Cosa aspettiamo oltre tutto questo? È un orrore continuo”  Parole quest’ultime pronunciate 4 anni fa, ma il cui svolgimento dei fatti,  purtroppo le rende più attuali che mai.

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