Riuso dei beni confiscati. Un modello da perseguire
Nel 2010 nasce l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
I beni confiscati sono restituiti alla collettività affinché creino imprese, iniziative che suppliscono là dove il welfare viene a mancare: si traducono, quindi, in posti di lavoro e servizi che sono strumenti essenziali per abbattere la mafia, per sottrargli quei giovani che, spesso, finiscono nella sua rete proprio per mancanza di alternative.
Perché è stata istituita l’Agenzia – L’iniziativa della confisca dei beni e restituzione alla cittadinanza – partita da Libera contro le mafie con la condivisione di altre associazioni di contrasto alla criminalità organizzata e da rappresentanti istituzionali – è stata, fattivamente, avviata nel 1996, dalla legge Rognoni La Torre e dalla legge n. 109/96 (frutto della raccolta di oltre un milione di firme dei cittadini). Subentrata successivamente l’idea e la richiesta d’istituire l’Agenzia (esigenza configuratesi durante le giornate di Contromafie-Stati generali dell’antimafia del 2006 e del 2009) che avrebbe diretto – assicurandone efficienza e trasparenza – la gestione del vasto patrimonio immobiliare, mobiliare e imprenditoriale sottratto ai mafiosi e ai corrotti man mano che venivano scoperti, giudicati e condannati.
Ecco quindi il decreto di legge del 4 febbraio 2010 che ne ha sancito la nascita, stabilendo che “la straordinaria necessità e urgenza di istituire un organismo che assicuri l’unitaria ed efficace amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni mafiose, anche attraverso uno stabile raccordo con l’autorità giudiziaria e le amministrazioni interessate, al fine di garantire un rapido utilizzo di tali beni”.
A distanza di 10 anni qual è lo stato dell’arte dell’Agenzia? Molto è stato fatto, risponde Libera dal suo sito: i beni confiscati sono decine di migliaia, (sul sito Confiscati beni 2.0 c’è l’elenco degli immobili e il tracciato dal sequestro alla destinazione) ma “tanto ancora rimane da fare” e, infatti, molti beni rimangono inutilizzati. Principalmente – spiega Libera – perché la riforma non è stata completata e “le difficoltà di funzionamento sono evidenti”. Il patrimonio confiscato e/o sottratto è vasto ma l’Agenzia soffre per “carenze procedurali” e, soprattutto, per mancanza di organico e di competenze all’altezza dei compiti e delle funzioni di coordinamento nazionale tra le Amministrazioni statali, regionali ed enti locali.
Difficoltà operative, dunque, come risolverle? Con un’ulteriore riforma del codice delle leggi antimafia. In questa direzione è andato il disegno di legge d’iniziativa popolare Io riattivo il lavoro, approvato definitivamente nel 2017. Con quest’ultima – unita alle modifiche apportate nel 2018 – si prevedeva di raggiungere un supplemento organico “da 30 a 200 unità, di cui 70 attraverso concorso pubblico (invece della procedura di mobilità interna) oltre a 100 unità di personale non dirigenziale in posizione di comando da altre amministrazioni”.
Un avanzamento significativo? La risposta sarebbe affermativa se, leggiamo dal sito, l’aumento dell’organico fosse stato effettivamente avviato. Invece “è rimasto solo sulla carta giacché il bando di concorso pubblico non c’è stato e soltanto nel dicembre scorso, con la legge di bilancio 2020, è stato introdotto un meccanismo che semplifica le procedure d’inquadramento nei ruoli dell’Agenzia e rende, finalmente, possibile l’aumento di 100 unità, con la relativa copertura finanziaria”.
Ricadute negative, quindi, per la mancanza di organico? Una ricaduta nel cuore della missione stessa dell’iniziativa poiché frena quando non ostacola “il riutilizzo per finalità pubbliche e sociali dei beni”.
Cosa si deve fare? “Dare certezza nei tempi per portare a regime l’organico” il quale se pienamente in funzione consentirebbe un’accelerazione alla destinazione degli 11mila beni immobili” e al tempo stesso avanzerebbe “il monitoraggio e la verifica dell’effettiva restituzione alla collettività degli oltre 16mila beni immobili già destinati allo Stato o ai Comuni”. Occorre poi maggiore supporto all’autorità giudiziaria, ai Comuni per la programmazione e progettazione dei beni e delle attività e per “la gestione delle aziende sequestrate e confiscate per tutelare i loro lavoratori”.
Un progresso significativo “sarebbe indire concorsi di selezione pubblica di professionali con qualifiche interdisciplinari”. E Libera chiede al Governo e al Parlamento “d’intervenire con urgenza rimettendo al centro delle priorità dell’azione politica l’impegno a migliorare l’operatività dell’Agenzia al fine di sostenere e sviluppare le buone pratiche amministrative e sociali attivate dal 1996 a oggi, riconosciute ormai a livello europeo e internazionale”.
Le cose fatte nonostante tutto e i riconoscimenti internazionali – A dispetto delle difficoltà e criticità, molto è stato fatto dall’Agenzia “nella destinazione dei beni, nella trasparenza e pubblicità dei dati sui beni e sulle aziende confiscate attraverso la creazione delle piattaforme OpenRegio e Open. Così come nell’organizzazione delle Conferenze di servizi in concerto con alcune Prefetture e nella collaborazione alle linee guida per l’amministrazione della destinazione degli immobili sequestrati e confiscati”.
L’attività dell’Agenzia è stata riconosciuta dalla Direttiva europea nel 2014 e il 20 dicembre 2019, nel corso dell’VIII Conferenza degli Stati Parte della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, quando è stata approvata una risoluzione che fa “esplicita menzione del riuso a fini sociali dei beni confiscati” e si indica l’attivitià “come modello che gli Stati Parte sono incoraggiati a prendere in considerazione”.