Liberalizzazione della cannabis
La proposta di legge in materia della liberalizzazione e commercializzazione parziale della cannibis è la 3328 in esame alla Commissione Affari Sociali, al Senato dal 15 gennaio 2016.
I perché della liberalizzazione
Le motivazioni che spingono alla legalizzazione dell’uso ricreativo si leggono nell’introduzione stessa del testo di legge, che si apre con il seguente incipit: “Il proibizionismo e le leggi attualmente vigenti in materia di droghe leggere, sono un lusso che non possiamo più permetterci. Essi rappresentano un costo sociale troppo elevato rispetto ai risultati ottenuti e, soprattutto, determinano un’ingente perdita d’introiti per le casse dello Stato. L’attuale situazione economico-sociale del Paese richiede l’impegno di trovare nuove risorse finanziarie, al fine di creare posti di lavoro e di ridurre il carico fiscale su imprese e lavoratori, attraverso la defiscalizzazione e la decontribuzione”.
I relatori continuano affermando che l’uso della cannabis, pur essendo illegale è, di fatto, liberalizzata giacché si può trovare ovunque, deducendo che non sarà la legalizzazione a incrementarne i consumi. I dati statici ritengono l’uso delle droghe leggere un fenomeno “ormai endemico, non dissimile per radicamento e diffusione all’alcool e al tabacco, sostanze lecite”.
Non incrementa il consuma e contrasta la criminalità organizzata
Il disegno di legge fa riferimento alle ricerche effettuate negli Usa, dove in alcuni Stati le droghe leggere sono legalizzate, che dimostrano l’inesistenza del rischio dell’aumento del consumo conseguente alla liberalizzazione.
Inoltre rileva che la liberalizzazione sia un modo efficace per contrastare un mercato di rendita. totalmente gestito dalla criminalità organizzata. Nel testo vengono citano i dati della Relazione della Direzione Nazionale dell’ Antimafia relativi al 2014, che rivelano una vendita complessiva di cannabis fra gli 1,5 e 3 milioni di chilogrammi l’anno, pari a un consumo pro-capite – includendo anziani e bambini – di circa 20/25 grammi per un totale di 100/200 dosi l’anno.
Con questi numeri di consumo e con le risorse attuali, continuano i relatori, non è possibile “impegnare ulteriori mezzi e uomini sul fronte anti-droga e neppure spostare risorse all’interno del medesimo fronte, vale a dire dal contrasto al traffico delle droghe pesanti al contrasto di quelle leggere”.
I relatori della legge considerano la legalizzazione fondamentale per la lotta alle mafie, anche perché il prosciugamento conseguente di un mercato ad esclusivo appannaggio della criminalità organizzata, comporterebbe lo sgravio del carico giudiziario, inteso come uomini delle forze dell’ordine, magistrati, spese e affollamento carcerario.
Nuove possibilità di lavoro
Di contro la legalizzazione permetterebbe a numerosi “operatori commerciali” e agli stessi consumatori di entrare nel mercato in modo legale, producendo posti di lavoro, profitti e “occupati in nero” che al momento non vengono registrati nella contabilità ufficiale dello Stato: “non pagano le pensioni cui avranno comunque diritto”.
Quindi le ricadute positive si convertirebbero in maggior gettito fiscale, in maggior reddito disponibile e incremento del prodotto interno lordo, con conseguente riduzione del debito pubblico. E La maggiore disponibilità fiscale potrebbe essere investita in “spese pubbliche produttive da destinarsi alle politiche a sostegno del lavoro”.
I relatori ammettono che, poiché si fa riferimento a un mercato illegale, i dati a disposizione sono limitati, ma questo stato di cose non impedisce di “costruire un modello logico di stima costi e benefici ottenibili con la liberalizzazione e ordinamento della cannabis“.
I costi diretti e indiretti della liberalizzazione
I costi sono suddivisi in diretti e indiretti.
I costi diretti sono costituiti da:
• strutture per la gestione di produzione e vendita;
• controllo sul rispetto della legislazione, sensibilizzazione e informazione dei consumatori.
A tali costi si può fare fronte “assimilandoli a quelli sostenuti per il controllo pubblico del consumo del tabacco e sigarette che hanno una legislazione simile”
I costi indiretti dipendono da:
• eventuale incremento dei consumi delle droghe leggere;
• costi sanitari di cura e disintossicazione. Ma i proponenti, come abbiamo già scritto, basandosi sull’esperienza statunitense tendono a escludere le suddette conseguenze.
I benefici
Tra i benefici indicati:
• riduzione della spesa pubblica impiegata per proibire l’uso e il commercio delle droghe leggere;
• maggior gettito fiscale grazie alla tassazione della produzione e della vendita;
• emersione della produzione e delle transazioni effettuate nel mercato illegale degli stupefacenti con conseguente crescita quantitativa del PIL
Tras-corsi legislativi
Nel 2014 la Corte Costituzionale con la sentenza n. 32 del 25 febbraio, ha ritenuto incostituzionale la legge Fini-Giovanardi; come da prassi è rientrata – ed è in vigore, la legge precedente, la Jervolino -Vassalli del 1990.
Che cosa dice la legge
La proposta legislativa 3328, fra gli altri, recita i seguenti articoli:
• l’articolo 2 permette la coltivazione, la trasformazione e la vendita della cannabis;
• l’articolo 3 si riferisce alle modalità di coltivazione commerciale e all’uso personale.
La produzione a fine commerciale è consentita soltanto ai maggiorenni o minorenni emancipati che possono coltivare cannabis “con un contenuto di principio attivo THC (delta 9 tetraidrocannabinolo) superiore allo 0,3% soltanto ai maggiorenni o minorenni emancipati, comunicandolo all’ufficio dell’assessorato regionale competente, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura”. I dati da riportare riguardano: i dati anagrafici del coltivatore – produttore, la varietà, la quantità caratteristiche del seme e la data prevista per l’inizio della coltivazione.
La coltivazione della cannabis deve essere effettuata nel pieno rispetto dei principi che regolano l’agricoltura biologica. Nei casi in cui i coltivatori non rispettino le norme descritte, saranno soggetti a “sanzione amministrativa pecuniaria che va dai 5.000 ai 100.000 euro e l’interdizione dall’attività di produzione di cannabis per un periodo che va da uno a cinque anni“.
L’uso personale, ossia coltivazione e detenzione della cannabis è consentito alle persone maggiorenni “nel limite massimo di tre pianti di sesso femminile e del prodotto da esse ottenuto” ottenuto a uso esclusivamente personale.
Anche per l’uso personale è prevista la comunicazione all’assessorato regionale di competenza dei propri dati anagrafici, del luogo dove avviene la coltivazione e, in allegato, la copia del relativo documento d’identità.
L’autorizzazione alla coltivazione decorre dalla data d’invio della suddetta comunicazione. Come abbiamo scritto il detentore non deve superare il numero di 3 piante coltivate, se si supera il numero di 3 fino a 10 piantine è soggetto a una multa che va dai 5.000 ai 200.000 euro. Mentre chi supera il numero di 10 piantine “è punito con la reclusione da 5 a 10 anni e con la multa che varia da 1 a 50 milioni di euro”.
L’importazione della cannabis è vietata, “chiunque violi la disposizione del periodo precedente” (dall’entrata in vigore della medesima legge ndr), “è punito con la reclusione da 10 a 20 anni e con una multa da 10 ai 100 milioni di euro”.
• L’articolo 4 regola la commercializzazione all’ingrosso e la vendita al dettaglio della cannabis e dei suoi derivati, i quali, come afferma l’articolo “sono legali” e possono essere esercitati da maggiorenni o minorenni emancipati.
Su ogni confezione di cannabis e dei suoi derivati deve essere indicato il livello del principio attivo THC, la sua provenienza geografica e recare l’avvertimento che il fumo della sostanza come dei suoi derivati “produce effetti negativi per la salute”.
È vietata la vendita ai minori di 18 anni, chi non rispetta il divieto è “punito con la reclusione dai 6 mesi ai 3 anni, pena accompagnata dalla multa che va dai 5.000 ai 50.000 euro e con la “revoca dell’autorizzazione al commercio e alla vendita”.
L’articolo 5 vieta la vendita al di fuori degli esercizi commerciali autorizzati, ai minori dei 18 anni. Chi contravviene al divieto “viene punito con la detenzione che va da 1 a 5 cinque anni e con la sanzione amministrativa che oscilla dai 5.000 ai 50.000 euro”.
L’articolo 7 prevede che i luoghi individuati dagli enti pubblici, per la vendita al dettaglio della cannabis e suoi derivati devono distanziare di almeno 500 metri dagli edifici scolastici, di culto, ospedali, caserme, stazioni di mezzi di trasporto pubblico, impianti sportivi e luoghi di ritrovo di giovani.
Sempre gli enti pubblici possono individuare luoghi pubblici “nei quali è espressamente vietato l’esercizio dell’attività di vendita al dettaglio”.
L’articolo 8 disciplina l’imposizione fiscale, un regime di tassazione simile a quello in vigore per i tabacchi. Per questo sancisce che la produzione, commercializzazione e vendita siano sotto il Monopolio di Stato.
L’articolo 9 prevede l’istituzione del Fondo del lavoro, nel quale convoglierà il gettito fiscale dell’attività di produzione e di vendita, oltre ai proventi delle sanzioni amministrative sopra descritte, che saranno versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati al Fondo.
Il Fondo del lavoro
Il Fondo del lavoro è uno dei punti nevralgici della legge che, come affermano gli stessi relatori, vuole perseguire l’ incremento del gettito fiscale per investire i proventi in iniziative a carattere solidale, per rafforzare gli interventi alla lotta alla droga, compresa l’ informazione per la prevenzione e la formazione, per diminuire la tassazione e la contribuzione sui redditi a basso salario e “incentivare le imprese ad assumere, riducendo l’elevato tasso di disoccupazione”.
Rimangono in vigore:
– il divieto assoluto di fumare la cannabis nei luoghi pubblici o aperti al pubblico e in tutti i luoghi di lavoro;
– le pene previste per lo spaccio e le norme che proibiscono la guida in stato di alterazione psico-fisica.
L’uso terapeutico della cannabis
In merito all’uso della cannabis a scopo terapeutico, la proposta di legge introduce norme volte alla semplificazione della produzione dei prodotti medici e delle modalità di consegna e approvvigionamento, sottolineando la necessità “di un intervento legislativo di semplificazione delle procedure”.
L’inizio della discussione è avvenuta il 25 luglio 2016, ma è stata rinviata in Commissione. Gli oppositori della legge hanno presentato 1.700 emendamenti. A parere dell’Associazione Openpolis, come riporta il sito de La Repubblica on line il 31 luglio 2016, la proposta di legge ha davanti a se molti “ostacoli da superare”.
A fronte di ciò, forse sarebbe opportuno legiferare in modo definitivo sulla liberalizzazione a uso terapeutico, slegandola dalla liberalizzazione a uso ricreativo.
L’uso terapeutico al momento è fermo alla derubricazione da illecito penale a illecito amministrativo, approvato dal Consiglio dei Ministri il 15 gennaio 2016, che fa riferimento soltanto ai centri autorizzati alla coltivazione della cannabis a uso scientifico e non ai privati cittadini.
Ripetiamo quanto già scritto in questa sede, la necessità di regolamentare in maniera chiara e definitiva l’aspetto terapeutico dell’uso della cannabis è urgente e non procrastinabile, come dimostrano casi di cocente attualità di persone affette da dolori cronici che, se trovati in possesso di cannabis, sono soggette a reclusione.
Per approfondimenti