Il piccolo grande saggio contro la pena di morte
Cesare Beccaria (1738 – 1794), nel suo trattato Dei Delitti e Delle Pene, disapprova la pena di morte e le torture, considerandole “inutili”.
Scriveva l’illustre giurista e filosofo illuminista (e nonno materno di Alessandro Manzoni), nel suo testo pubblicato nel 1764 – breve ma tra i più influenti della storia del diritto penale – che lo scopo di una pena è quella di evitare il compimento dei reati e se realizzati di far di pagare agli autori i danni che provocano alla società (o meglio “all’utilità comune”). La pena deve essere da esempio.
Ma l’esecuzione della pena capitale per il condannato dura un attimo e per il popolo tutto rappresenta o uno mero spettacolo o un oggetto di compassione, ma non fa da deterrente ai delitti, perché non suscita il terrore che dovrebbe. L’essere umano teme molto di più perdere per sempre la propria libertà che la vita.
Così vale per la tortura: il condannato può sopportare fino a una certa soglia di dolore, oltrepassata la quale – purché cessi e pur di riprendersi la propria libertà – confessa cose non vere; confessa ciò che gli inquisitori vogliono che dica.
Non da ultimo Beccaria segnalava l’assurdità della stessa legge che condanna l’omicidio, poi lo commette eseguendo la pena capitale.
Eppure a distanza di 250 anni dalla pubblicazione di questo caposaldo giuridico, ancora 55 stati del mondo mantengono in vigore la pena di morte, anche se sono soltanto un terzo di questi la eseguono.
In questo 2024, non ancora terminato, i dati di Amnesty International ci riferiscono delle 514 esecuzioni avvenute in Iran, delle 206 in Arabia Saudita, delle 40 in Iraq, delle 32 in Corea del Nord, delle 19 negli USA, delle 7 in Myanmar, delle 6 in Kuwait, delle 3 in Afghanistan, delle 3 a Singapore, delle 2 avvenute in Somalia e 2 in Pakistan e di 1 in Bangladesh e 1 in Sud Sudan.
Ma avvisa Amnesty che i dati forniti corrispondono alle esecuzioni delle quali ha notizia certa. “In alcuni paesi asiatici e mediorientali il totale delle pene capitali potrebbe essere molto più elevato” conclude.
Beccaria auspicava l’abolizione della pena di morte. Eppure nel 1766 Dei Delitti e Delle Pene veniva incluso nell’indice dei libri proibiti per la sua netta distinzione tra reato e peccato (ma nella Stato della Chiesa la pena capitale fu praticata fino al 1870). Mentre il Granducato di Toscano, seguendo il trattato del giurista, la pena capitale l’abolì nel 1786: prima volta nella storia. Entrò in vigore il 30 novembre data che oggi si ricorda come Giornata internazionale per l’abolizione della pena di morte.
Mentre dal 2003, il 10 ottobre è la Giornata mondiale contro la pena di morte, voluto dalla World Coalition Against the Death Penalty, formato alleanza internazionale di 180 membri fra ONG, associazioni di avvocati, governi locali e sindacati.