Donne e mafie
La violenza di genere per le donne di mafia significa, spesso, una violenza esponenziale, perché vivono in contesti criminali e per le regole arcaiche delle organizzazioni mafiose che se si evolvono nel modo di gestire gli affari, rimangono, nei costumi, legati a regole ancestrali.
Le mafie – Cosa Nostra, in Sicilia, la ‘Ndrangheta calabrese, la Camorra campana e la pugliese Sacra Corona Unita, hanno delle differenze per i contesti territoriali e criminali, per classi sociale di appartenenza e per scarti generazionali, ma le donne che ne fanno parte hanno storie che nella loro disparità, sono esemplari.
Lo dimostra lo studio Dentro le mafie: donne, violenza, potere dell’Università di Palermo, firmato dalla sociologa e studiosa dei fenomeni mafiosi Alessandra Dino, che sostiene: “Ascoltando i racconti delle donne di mafia risalta la frequenza e la varietà delle violenze, anche fisiche, cui sono sottoposte. Storie di abusi, di botte, di imposizioni che in non poche occasioni spingono queste donne a pensare al suicidio, come unica via di uscita ad una situazione non più sopportabile o indicano nella morte l’unico epilogo possibile di uno strenuo e faticoso tentativo di ribellione”.
“Ma accanto a queste storie ce ne sono altre, altrettanto dolorose- prosegue Dino. Nelle quali le donne incitano all’odio e alla vendetta, familiarizzano i figli a un orrore che diventa routine, a una complicità diffusa che legittima altrettanto diffusi processi di de-responsabilizzazione”. Un agire che potrebbe essere volontario, ma anche una reazione di rivalsa inconscia o di autodifesa alla sottomissione a cui sono sottoposte.
Perché l’aspetto dominante del predominio maschile nel contesto mafioso è l’annullamento completo della donna, come ha rilevato Sabrina Garofalo del Centro di Women’s Studies ‘Milly Villa’ dell’Università della Calabria. in un incontro organizzato dal Centro Studi Pio La Torre nel 2022, al quale hanno partecipato numerose scuole, come riportato da difesadelpopolo.it.
“C’è questa necessità di annullare i corpi femminili nei contesti di tipo mafioso – ha detto Sabrina Garofalo -. Nella Ndrangheta questa relazione tra il territorio e i corpi assume forme di controllo più forti. Qui il concetto di onore cammina di pari passo con quello di violenza, prevalendo sul principio di autodeterminazione”.
“Nei femminicidi di Ndrangheta è stato usato l’acido muriatico che corrode e cancella anche simbolicamente tutti gli organi legati alla voce di chi si parla – ha specificato Garofalo – i corpi delle donne sono stati usati come merce di scambio in una violenza fondativa del potere mafioso, taciuta, in una sorta di ammaestramento collettivo dove il dominio sui corpi va di pari passo con il dominio del territorio”.
C’è chi dice no. Aiutarle per renderle libere di scegliere
Ma, anche se senza clamori, cresce il numero di donne che scelgono di ribellarsi alle regole mafiose. Lo fanno per loro stesse, lo fanno per amore degli figli, volendo offrire loro un futuro libero, predestinati come sarebbero altrimenti a diventare uomini mafiosi o mogli di mafiosi.
Non è facile: la legge non le difende, non da loro e ai figli la protezione di cui avrebbero bisogno, essendo la loro ribellione ‘imperdonabile’, il rischio della vendetta degli uomini “d’onore” non cessa mai.
Procedono per un cammino faticoso e pericoloso.
Ad accoglierle e seguirle ci prova Liberi di scegliere, costola dell’Associazione Libera contro le mafie, frutto di un protocollo di intesa con il Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, Tribunale per i Minorenni, Procura per i Minorenni e Procura Distrettuale di Reggio Calabria, Procura Nazionale Antimafia, con il sostegno dalla Conferenza Episcopale Italiana.
Da molto tempo Libera segue donne di famiglie mafiose che hanno deciso di “cambiare vita”. Lo scorso 30 ottobre un gruppo di loro accompagnate da Don Luigi Ciotti, fondatore e presidente dell’Associazione, hanno incontrato in udienza privata papa Francesco.
Don Ciotti le ha presentate al pontefice così: “Sono donne che hanno deciso di infrangere codici millenari fondati sulla violenza e sulla minaccia, che chiedono di essere accompagnate per uscire dal contesto mafioso”.
In occasione delle iniziative realizzate da Libera nell’ambito della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre) Libera propone per il 1° dicembre 2023 l’incontro di approfondimento dal titolo Le mafie e la violenza sulle donne. Segnare una strada di liberazione nel (info al link: Libera.it).
Non possono essere lasciate sole. Sono vittime innocenti. L’allontanamento dalla mafie riuscito non è un bene soltanto per loro e i loro figli, ma per tutta la società. Ma non ne teniamo mai conto.
Immagine: spettacolo teatrale ‘Libere – Donne contro la mafia’, scritto e diretto da Cinzia Caminiti, con la collaborazione alla regia di Nicoletta Nicotra e prodotto dall’ Associazione Città Teatro