Aree speciali per bambini speciali. Un dibattito sociale

Tommaso, fotografo di concerti, tecnico di un’azienda municipalizzata di Roma è il padre di Andrea, bambino con autismo di 6 anni.  Ai tempi del coronaviurs, si fa ancora più forte, fare luce su realtà che necessitano di attenzioni particolari, come la disabilità.

L’autismo viene diagnosticato ad Andrea nel 2017 dal Dott. Valeri del Bambino Gesù.  Da allora alla famiglia è consigliata la terapia ABA a cui successivamente si integrano gli interventi di logopedia, erogati dalla Croce Rossa.

I supporti statali ci sono, come i i congedi parentali di  15 giorni al 50% per i mesi di marzo e aprile, a nucleo familiare, che insieme ai 12 giorni dovuti alla legge 104 per l’assistenza, l’integrazione sociale e diritti per le persone con handicap, sommano un totale di 45 giorni in 2 mesi.

Tuttavia, si tratta di situazioni che necessitano un’assistenza continua e accogliere proposte, aprire dibattiti al riguardo è un’opera di cittadinanza attiva doverosa. Una discussione  non solo politica, ma pubblica, laddove, presi dalla contigenza quotidiana e personale, ci si dimentica di situazioini di ben altra natura.

Metodo ABA e livelli essenziali di assistenza

Il metodo ABA (Applied Behavioral Analysis – Analisi applicata del comportamento)  si basa sull’applicazione sistematica dei principi  individuati dalla scienza che studia il comportamento e le leggi che lo regolano, attraverso l’osservazione e la registrazione dei comportamenti, progettando di conseguenza interventi che portino a modificare in senso costruttivo i comportamenti e a stimolare l’apprendimento di nuove abilità.

Andrea dunque è seguito con il metodo ABA, inzialmente dall’ Istituto Walden e poi da una neuropsichiatra specializzata nel metodo ABA relativa terapista, all’interno della Croce Rossa di via Ramazzini, Roma.

Questo metodo nonostante sia riconosciuto dall’Istituto Superiore della Sanità, rimane una terapia privata in molte regioni, poiché non rientra apertamente nei lea (livelli di essenziali di assistenza), previsti dalla legge sull’autismo,

La legge sancisce che gli enti preposti si dovranno far carico delle prestazioni relative alla diagnosi precoce, alla cura e al trattamento individualizzato, impiegando metodologie e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche, ma non specifica quali trattamenti e di conseguenza, lascia indrettamente alle singole regioni la facoltà di inserire le terapie, l’integrazione o meno di un trattamento a titolo di gratuità.

Ad oggi la Regione Lazio, che rientra tra le regioni che non si sono espresse dal punto di vista legislativo al riguardo, annovera diverse cause vinte presso il Tar, da genitori di figli  con disturbo dello spettro autistico, che richiedevano il rimborso delle spese sostenute per il trattamento ABA, in nome del diritto alla salute. Mentre scriviamo la famiglia di Tommaso è in causa.

La terapia ABA ha costi elevati che si aggirano intorno ai 1500 euro al mese.  Una terapia che si articola in 15 ore a settimana, supervisione mensile e corso intensivo iniziale di due giorni per i genitori.

Vivere ai tempi di Coronavirus con la disabiltà

A meno di due settimane dalla parziale riapertura del 4 maggio, sacche di insofferenza sulla chiusura forzata, si addensando all’orizzonte, con una malcelata superficialità rispetto a condizioni la cui gestione richiede supporti e dispositivi esterni. Le famiglie, al cui interno un membro presenta una disabilità ne sono la manifestazione più diretta e doverosa di attenzione.

“Noi genitori  – ci spiega Tommaso – abbiamo cercato di continuare la terapia in modo autonomo, tuttavia gli interventi di preparazione alla prima elementare, hanno subito inevitabilmente un rallentamento, come il potenziamento nella fase di  pre-scrittura (al momento Andrea ha di difficoltà nell’ impugnare la matita, non ha forza nelle mani) e nell’aspetto del verbale che essendo poco sviluppato, era previsto il rafforzamento tramite l’insegnamento della lingua dei segni (LIS).

Attualmente Andrea frequenta una scuola comunale (scuola dell’infanzia) che, rispetto alla scuola statale dove si trovava precedentemente, ha trovato un ambiente di apprendimento più consono e adeguato alle sue esigenze. Con la fortuna inoltre di avere un insegnante di sostegno con conoscenza del metodo ABA.

Il rapporto con la scuola non si è interrotto, videochiamate contribuiscono a mantenere un filo rosso con Andrea che si sentiva integrato e accolto dalla classe e dalla comunità educante. Il disagio forte che vive un bambino con disabiltà senza contatti lo porta a fasi di regressione.

Creiamo aree speciali per situazioni speciali

La proposta di Tommaso è quella di aprire zone verdi, con gestione contingentata per bambini con disabilità, che hanno difficoltà per esempio a mantenere l’uso della mascherina o dei guanti, ma necessitano del contatto con la natura, di trovarsi in una zona aperta.

La richiesta di un’area aperta, Tommaso l’ha rivolta all’Asl del Municipo della sua zona (Monteverde, quartiere di Roma), si è rivolto alla consulta municipale. “Ho ‘usato’ Andrea per aprire un dibattito – ci spiega. La chiusura alla vita per un bambino e ancora di più per un adulto autistico, rappresenta uno stato di pregnante complessità.

Nella  Fase 2 di riapertura è essenziale pianificare spazi di condivisione contingentata, considerando tutte le pieghe della società. Il Comune di Roma fornisce gli adeguati strumenti economici di supporto per la gestione familiare, ma il passo successivo è quello di dare la possibilità di usufruire di questo supporto.

In tempi di coronavirus, l’assistenza domiciliare viene meno. Si potrebbero usare i permessi speciali della legge 104 per uscire, ma se non esistono aree ‘attrezzateì, rimangono possibilità inevase. Ad oggi, con le vie deserte e il traffico ridotto all’osso, si potevano gestire aree ad hoc in sicurezza per tutti.

Tommaso ha da poco redatto un reportage fotografico sulla rivista online metropolitanmagazine. Un progetto iniziato in tempi non sospetti che ora acquisisce una valenza sociale di vitale rilievo. Una sequenza di fotografie di Andrea che documentano la vita “in chiusura”.  Le foto illustrano con vigorosa oggettività la condizione di Andrea, non indugiano nel pietismo o nella rabbia, ma documentano con robusta schiettezza una condizione che dovrebbe riguardare l’intera comunità. Andrea ha una sorella, è le vita dei siblings (fratelli e sorelle di persone con disabilità), spesso rimane in una terra di mezzo, offuscata e necessita, allo stesso modo, di ascolto e attenzione.

Un’occasione di riflessione e di ripensamento importante in questo momento epocale di ri-costruzione sociale. Una fase estremamente delicata che richiede la collaborazione di tutti i cittadini, onde ricadere in una rinnovata pandemia.

Siamo tutti coinvolti, nessuno escluso.

Foto di copertina: tratta dal reportage di Tommaso, pubblicato su metropolitanmagazine

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Una risposta

  1. Paola Barni ha detto:

    È indubbiamente difficile in un provvedimento di urgenza poter contemplare tutte le variabili di una situazione complessa, ma ora, quando si parla di fase 2, si poteva e doveva fare di più!

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