Dal primo cargo di petrolio alla COP 26

Il 19 novembre 1861 salpava dal porto di Philadelphia la nave da carico Elizabeth Watts con destinazione Londra, portava petrolio ed è considerato il primo cargo al mondo a trasportare l’oro nero dagli Stati Uniti all’Europa.

La seconda metà dell’Ottocento è esattamente il periodo cui i climatologi si riferiscono quando parlano di mantenere l’innalzamento della temperatura entro l’1,5° rispetto ai livelli pre-industriali.

Il riscaldamento globale, determinato dal mutamento climatico terrestre, ha avuto inizio dalla fine del XIX e l’inizio del XX e, come, ben sappiamo è tuttora in corso.

L’Italia

Da allora la temperatura media a livello di superficie terrestre è aumentata di circa 0.9° C. anche se non in modo uniforme.
Le informazioni che arrivano dai satelliti del programma Copernicus, iniziativa dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e della Commissione europea, e analizzate dall’European Data Jornalism Network (EDJNet) mostrano un aumento che in Italia in molte zone che ha già superato la sogna dei +2°.

L’EDJNet con il suo progetto Glocal climate change ha elaborato una mappa che confronta la temperatura media globale dal 1961 al 2018; stilando la classifica delle 21 Regioni italiane è emerso che nella Provincia Autonoma di Bolzano la temperatura media è aumentata di 2,7°, il Lazio 2,6°, la Lombardia 2,55°. Ultima nella classifica, come mostra l’immagine è la Toscana con un aumento medio di 1,67°.


Se poi vediamo gli aumenti di temperatura nelle maggiori città italiane la soglia si avvicina ai 4° C. in più. L’innalzamento della temperatura determinano fenomeni atmosferici che rendono difficile (quando non impossibile) la vita per la nostra specie: tra i maggiori si registrano alluvioni, siccità, desertificazione, scioglimento dei ghiacci, innalzamento del livello dei mari e, inevitabilmente, modiche al pattern di circolazione atmosferici che porta ondate di caldo che si alternano bruscamente a ondate di freddo.

La soluzione

Le cause del riscaldamento globale, sono, secondo la maggioranza degli scienziati, imputabili alle attività umane improntate sull’uso dei combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturale) che emettono le emissioni inquinanti. Consapevoli di ciò nel 2015, 187 Stati riuniti nel Vertice sul Clima delle Nazioni Unite sottoscrissero il famoso Accordo di Parigi che stabiliva di mantenere l’aumento (ormai irreversibile) sotto i 2°C. rispetto ai livelli pre-industriali.

Come? Eliminando gradualmente ma velocemente le emissioni di CO2 delle sostanze inquinanti, applicando la transizione energetica: ossia abbandonare i combustibili fossili e sostituirli con le energie alternative (solare, eolico, ma sempre più spesso sentiamo parlare di nucleare di ultima generazione).

COP 26

Sei anni dopo, il 14 novembre 2021, alla conclusione della 26° Conferenza del Clima delle Nazioni Unite, alla quale hanno partecipato 197 Stati e sotto la pressione dei molti giovani che si mobilitano sempre di più perché la conversione energetica inizi subito e sia veloce, ancora non si è giunti al phase-out ossia la dismissione del carbone e l’annullamento dei sussidi alle fonti fossili. L’India (tra i maggiori inquinatori) ha chiesto e spuntato il phase-down (calo) da carbone. Riguardo ai sussidi il progresso c’è stato: per la prima volta nel corso di una COP si parla di blocco (se pur parziale) dei sussidi del carbone.

È stata introdotta la formula che riconosce “la necessità di supportare il percorso verso una transizione equa” che implica il sostegno ai Paesi meno abbienti e maggiormente esposti ai cambiamenti climatici. Ma non è stato raggiunto l’accordo finale sul tema loss and damage ossia il riconoscimento e l’aiuto della parte del mondo benestante (Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito) verso la parte più fragile e meno responsabile del cambiamento climatico formato da circa “6 miliardi di persone” come ha rimarcato Tasneem Essop, direttore esecutivo del Climate action network.

Riguardo agli altri agenti a effetto serra, i gas, le parti sono state “invitate a considerare altre azioni per ridurre entro il 2030 le emissioni di gas non-CO2, incluso il metano”.

Ai Governi è stato nuovamente richiesto di rivedere e rafforzare entro la fine del 2022, le Nationally determined contributions (Ndc) ossia l’impegno preso di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, posto che le attuali porterebbero l’aumento della temperatura media globale oltre il 2°C.

Ottenuta invece “la promessa” della trasparenza che riguarda l’accordo tra i Governi di utilizzare una griglia unica sulla quale riportare i dati concernenti l’abbattimento delle emissioni e l’imposizione di “organizzare un meeting ministeriale annuale di alto livello sulle azioni da intraprendere prima del 2030”: un segnale sulla volontà comune di mantenere il riscaldamento entro 1,5 gradi. Decisa già la prossima data: novembre 2022, in Egitto.

Le vittorie se pur parziali

La parità di genere

Il capitolo parità di genere ha visto l’illustrazione di molte iniziative (in particolare da parte del Belgio, Regno Unito, Canada, Bolivia ed Ecuador) per migliorare il supporto alle donne, spesso in trincea nel contrasto ai cambiamenti climatici.

20 Paesi (inclusa l’Italia) dirigono i finanziamenti dalla parte giusta della storia

Nella prima settimana del Vertice 20 Paesi (compresa l’Italia, il Canada e gli Stati Uniti) si sono impegnati a terminare con gli investimenti all’estero nei combustibili fossili dal 2022, convinti che tali “finanziamenti comportano crescenti rischi sociali ed economici” quando si deve “porre i finanziamenti pubblici dalla parte giusta della storia” ha commentato Greg Hands, segretario di stato britannico alle Imprese.

Stop alle deforestazioni

Un altro accordo parziale (100 Stati) ma importante riguarda l’impegno a interrompere i processi di deforestazione di degrado del suolo da subito al 2030. Figurano nell’elenco dei sottoscrittori gli Stati uniti, la Cina, la Russia, la Germania, la Francia, il Regno Unito, il Canada (foresta boreale), la Repubblica Democratica del Congo (foresta tropicale) e, soprattutto il Brasile (cui appartiene gran parte della foresta amazzonica). Complessivamente i 100 Stati rappresentano l’85% delle foreste della Terra.

Le riduzioni del metano

E ancora 100 nazioni hanno sottoscritto anche il Global methane pledge, un patto volto a ridurre del 30 per cento le emissioni di metano entro il 2030. Tra i firmatari figurano anche in questo caso gli Stati Uniti, il Brasile, la Germania e anche l’Italia, ma mancano alcuni tra i principali responsabili della dispersione di gas a effetto serra del Pianeta: Australia, Iran, India, Cina e Russia.

Cina e Stati Uniti: dichiarazione congiunta

Ma la Cina e gli Stati Uniti sono pervenuti a una “dichiarazione congiunta per rafforzare l’azione”, con l’obiettivo di lavorare per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Gli inviati speciali di Washington e Pechino, John Kerry e Xie Zhenhua hanno spiegato che “le parti riconoscono lo scarto esistente tra gli sforzi attuali e ciò che sarebbe necessario”, rilevando che tale dichiarazione congiunta “mostra che la cooperazione è la sola strada per la Cina e gli Stati Uniti” anche se, al momento, si tratta solo di una dichiarazione di intenti: non sono state specificate le azioni concrete e congiunte per contrastare il cambiamento climatico.

L’aria marina protetta

Infine è stato deciso di creare un’immensa area marina protetta, su una superficie di 500mila chilometri quadrati denominato  Eastern tropical pacific marine corridor (Corridoio marino del Pacifico tropicale orientale), annunciato congiuntamente dai governi di Panama, Ecuador, Colombia e Costa Rica. All’interno dell’area, sarà vietata la pesca, in corrispondenza della rotta migratoria di tartarughe marine, balene, squali e razze.

Youth4Climate diventa una conferenza annuale

Il governo italiano ha deciso di stanziare  circa 4 milioni di euro per rendere la conferenza Youth4Climate un evento annuale. Lo ha confermato alla COP 26 il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani.  La prima edizione dell’evento è stata organizzata dal governo a Milano nel mese di settembre 2021, subito prima del PRECOP26, circa 400 giovani hanno lavorato insieme e hanno riunito le loro idee del Manifesto.

La delusione degli ambientalisti

Deluse tutte le associazioni ambientaliste soprattutto per la data che torna sovente del 2030: ancora 10 anni sono troppi ne mancano meno, sostengono, per raggiungere il punto di non ritorno.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.