Liberi di scegliersi
L’autunno pubblicitario vede tra gli spot più suggestivi, la presenza di Vladimir Luxuria, scelta dal marchio di moda Coconuda , come testimonial. Si accendono così le inevitabili discussioni da salotto nella migliore tradizione radical chic.
Vladimir Luxuria, direttore artistico di quella che fu Muccassassina, uno dei locali gay friendly più cool della capitale, poi parlamentare e attualmente opinionista di reality, decide ancora una volta di posare per la pro-vocazione. E con una invidiabile naturalezza mostra orgogliosa i suoi 52 anni. Al suo fianco lo stilista Fabio Coconuda mentre taglia, cuce adatta e confeziona abiti. Un marchio, il suo, fortemente femminile come hanno testimoniato le modelle del passato: Nina Moric, Anna Tatangelo o Raffaella Fico, tutti esempi di donna dalla spiccata sensualità.
Luxuria dichiara di essere stata voluta essenzialmente per lanciare un messaggio preciso sull’importanza di accettarsi per quello che si è e si vuole essere. Dai toni piuttosto decisi l’intera vicenda personale di Vladimir dimostra quanto sia difficile far valere la propria natura che, a volte, stona con le melodie della consuetudine. Com-prendere quale possa essere la propria destinazione sessuale ed esistenziale è un lungo cammino frastagliato e doloroso, un incedere senza orchestra.
Quindi si fa portavoce di una campagna a favore di una libera affermazione della propria identità. L’essere che, al di là di facili infiniti, sa di doversi scegliere; è consapevole di dover costruire la propria personale individualità al di là delle etichette, fuorvianti e inautentiche. Ecco, forse l’in-formazione sottesa agli spot di Coconuda è il richiamo alla coscienza di sé che si plasma nella propria esteriorità. Un’est-etica dell’interiorità.
Donde la considerazione che rivoluzionario non sia tanto riscoprire una femminilità “diversa” quanto piuttosto il fatto che sia un personaggio eclettico come Vladimir Luxuria a rappresentarla al meglio. Una donna che sa mostrare la sensualità del suo mezzo secolo chiacchierato e portato con spaesante disinvoltura.
A ben guardare, poi, la scelta della trasgressione di genere non rappresenta una novità per il piccolo schermo, piuttosto il contrario. Le sfere pubblicitarie già da tempo hanno allargato gli orizzonti, aprendo le frontiere alla malizia, agli scambi di ruolo, ai riferimenti sessuali e a tutti i cambiamenti che hanno investito la società del primo ventennio del XXI secolo e che la abitano da millenni. Il mondo della moda, dal canto suo, ha visto negli ultimi anni sorgere agenzie per l’ingaggio di modelle transgender, la prima, la “Trans Model”, a New York (oggi è presente anche a Milano un ufficio reclutamento di top trans).
Dunque non stiamo assistendo ad un caso, una tantum, bensì siamo di fronte ad un vero e proprio fenomeno più che usuale. Una moda che fa tendenza questo ribaltamento dei luoghi comuni, proprio quando vecchi assiomi del passato tornano alla ribalta negli stadi e nelle chiacchiere sprovvedute della gente.
Ebbene, sembrerebbe maggiormente rivoluzionaria la volontà della campagna pubblicitaria di far passare un messaggio innovativo di femminilità plastica confezionabile per un verso, tuttavia strettamente connessa all’identità di ogni essere umano.
Parimenti ad ogni processo di costruzione di sé anche il percorso di riassegnazione sessuale presenta le sue complicazioni, sedimentazioni di una ostinata ricerca della perfezione tipicamente umana. Forse, lo spot pur nella dimensione commerciale, vuole semplicemente rammentare che la femminilità altro non è che l’autenticità di saper scegliere il proprio piacere, come piacere e come piacer-si. Democrazia dei tempi.
La foto di copertina è di www.deejay.it