Infertilità maschile. Prima analisi completa sui geni del cromosoma X
Circa il 15% delle coppie (più dii 1 su dieci) ha problemi di fertilità e per il 50% il problema è anche maschile, nel 20% delle coppie solo maschile.
La principale causa dell’impossibilità di procreare dipende dall’ azoospermia, ossia la parziale o totale assenza di spermatozoi nel liquido seminale, un’anomalia la cui incidenza, almeno in Occidentali è in crescita. Per l’OMS negli ultimi 50 anni la conta degli spermatozoi è diminuita di circa il 50%. I motivi sono ancora in gran parte sconosciuti, da qui l’importanza di studiare l’infertilità maschile, i meccanismi che sono alla sua origine e le conseguenze sulla salute della persona.
Ora uno studio internazionale guidato dall’Università di Firenze e pubblicato American Journal of Human Genetics, è riuscito ad analizzare per la prima volta tutti gli oltre 850 geni del cromosoma X, che insieme all’Y forma la coppia dei cromosomi sessuali. E tale risultato potrebbe contribuire notevolmente allo sviluppo di un’idonea pratica clinica.
L’analisi è stata condotta sull’ampia casistica di oltre 2300 pazienti affetti da azoospermia e ha portato a identificare “varianti potenzialmente dannose in 55 geni con plausibile effetto negativo sulla produzione di spermatozoi; 21 di questi geni hanno una forte correlazione con l’azoospermia. Secondo lo studio in circa il 7% dei pazienti la causa dell’azoospermia è da attribuire ai difetti del cromosoma X dei pazienti”. Così riferisce unifimagazine.it specificando “che le mutazioni sono state riscontrate in pazienti multipli, appartenenti a coorti diversi con conseguente validazione del loro ruolo nell’infertilità maschile”.
Finora e dagli ultimi 30 anni “gli studi sull’infertilità maschile vertono sulle alterazioni dell’altro cromosoma sessuale presente negli uomini, il cromosoma Y, mentre l’interesse per il cromosoma X nell’ambito dell’infertilità maschile si limitava a tre soli geni – specifica Csilla Krausz, docente di Endocrinologia presso l’Università di Firenze e a capo dello studio. Pertanto è dirimente “la scoperta di nuovi fattori genetici, dato che nel 40% dei casi non conosciamo la causa di azoospermia, e permette di compiere un passo significativo nella comprensione del ruolo del cromosoma X nella spermatogenesi umana e nella diagnostica genetica di questa patologia”.
Cinque anni di lavoro ha richiesto questa ricerca internazionale – alla quale hanno partecipato, fra gli altri, la Fondazione Puigvert Barcellona, il Gemini Consortium – USA, le università di Münster e di Newcastle – il cui lavoro ha preso le mosse dalla tesi di Antoni Riera-Escamilla, ricercatore, ora a Barcellona, e che ha svolto il dottorando nel team di ricerca della professoressa Krausz, nell’ambito del programma Marie Curie Network.