GNAO1, dall’uso dello zinco e della caffeina alla potenza di un supercomputer
Lo zinco come possibile molecola in grado di fronteggiare gli effetti della mutazione genetica responsabile della GNAO1. La caffeina, il farmaco psicoattivo più conosciuto al mondo, per ripristinare le funzioni motorie compromesse dalla mutazione. La potenza di calcolo di un supercomputer per lo studio degli effetti della mutazione G.
Sono queste alcune delle più recenti novità e aggiornamenti dal fronte della ricerca che saranno annunciati e discussi alla terza edizione della GNAO1 European Conference, conferenza internazionale dedicata alla malattia ultra-rara GNAO1, appena conclusasi a Roma presso il ROAD – Rome Advanced District, presso il Gazometro Ostiense.
L’incontro, promosso e organizzato per la terza volta in Italia grazie all’impegno dell’associazione Famiglie GNAO1, ha visto la partecipazione di oltre 300 partecipanti accreditati e di 30 esperti, clinici e ricercatori provenienti da oltre 20 paesi e che negli ultimi anni, dalla recentissima scoperta di questa condizione genetica rarissima avvenuta solo nel 2013, hanno avviato oltre 10 progetti di ricerca in tutto il mondo, con lo scopo di comprendere la patologia, trovare trattamenti per limitarne i sintomi e migliorare la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, nonché trovare al più presto una cura efficace.
Uno sforzo condiviso dalla comunità dei giovani ricercatori che, grazie ad una Call For Abstract a loro rivolta, presenteranno nel corso della conferenza 15 proposte da gruppi di ricerca di 8 paesi diversi.
Appena 20 casi in Italia, 250 nel mondo: che cos’è la mutazione genetica ultra-rara GNAO1
La GNAO1 è una grave malattia genetica ultra-rara con esordio pediatrico precoce i cui sintomi, che comprendono epilessia, ritardo psicomotorio, ipotonia e disturbi del movimento, possono comparire già nei primi giorni di vita.
Di questa patologia si sa ancora molto poco data la sua recente scoperta. Ad oggi conta appena 20 casi accertati in Italia e circa 250 a livello globale, una cifra probabilmente sottostimata.
Scoperta da un gruppo di ricerca giapponese, è causata da mutazioni di uno specifico gene, denominato appunto GNAO1, che contiene le istruzioni per la sintesi della proteina G, una sostanza coinvolta nella trasmissione delle informazioni fra le cellule, in particolare fra quelle nervose, i neuroni. Un errore nelle informazioni necessarie alla sua fabbricazione si traduce in un’anomalia della proteina G, e quindi nello sviluppo complessivo del sistema nervoso a causa della difficoltà delle cellule di comunicare correttamente fra loro.
Dallo zinco alla caffeina: l’uso alternativo di farmaci già in uso la strada promossa dalla ricerca
Al pari di altre patologie ultra-rare, anche la GNAO1 rimane fuori dai tradizionali programmi di sviluppo farmacologico a causa della frequenza di casi. Ad oggi non sono disponibili terapie efficaci per questa malattia. In questo scenario, molte ricerche sono indirizzate al possibile utilizzo alternativo di farmaci già in uso, approccio che ridurrebbe drasticamente costi e tempi del processo di drug discovery.
Tra i più aggiornati progetti di ricerca che saranno discussi nella due giorni di conferenza, quello della squadra di studiosi dell’Università di Ginevra (UNIGE) capitanata dal prof. Vladimir Katanaev, che si è interrogata sulla possibilità che lo zinco possa essere curativo per le mutazioni nel gene GNAO1.
Tra gli studi italiani, nati e promossi anche grazie all’impegno di Famiglie GNAO1, quello nato nei laboratori del ISS, Istituto Superiore di Sanità, del dott. Simone Martinelli e condotto su Caenorhabditis elegans, un verme microscopico non parassita geneticamente modificato. Le indagini avrebbero mostrato come le funzioni motorie degli animali con mutazioni di GNAO1 vengano ripristinate dal trattamento con caffeina, il farmaco psicoattivo più usato al mondo.
Oltre al progetto C. elegans, l’Associazione Famiglie GNAO1 sta contribuendo al finanziamento di un progetto coordinato dal Alessandro Rosa ( professore presso La Sapienza Università di Roma), incentrato sull’utilizzo delle cellule staminali pluripotenti indotte umane. Un terzo filone di ricerca riguarda il possibile sviluppo di una terapia genica per GNAO1.
Annunciato nel corso della conferenza anche l’avvio di un grande progetto di ricerca in silico, che studierà gli effetti delle mutazioni di GNAO1 sulla proteina G. Il progetto, guidato da Davide Pirolli del CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche SCITEC, si svilupperà grazie alla potenza di calcolo di uno dei supercomputer più potenti al mondo, l’HPC5 messo a disposizione dal prezioso contributo di Eni e dei suoi ricercatori.
Non solo ricerca e terapie. G stands for Game too: videogioco adattivo e accessibile ai bambini GNAO1
Non solo ricerca e terapie, ma anche gioco e immaginazione. Alla GNAO1 European Conference spazio anche alle famiglie e al gioco e videogioco inclusivo, con ospite il Guru dei videogiochi accessibili, l’inglese Mick Donegan, che con la sua founder di Special Effects è da anni impegnato sul fronte dell’accessibilità ludica per i bambini con disabilità.
Così come gli esperti dell’italiana Fondazione Asphi, che sviluppa tecnologie digitali per migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità.
Inoltre, grazie al sostegno di Cellnex Italia, sarà realizzato il progetto G di Gioco, con il quale sarà regalato a tutti i bambini GNAO1 in Italia uno Starter Kit che facilita l’accesso al Gioco con un comando facilitato, un cavo per adattare giochi a batteria, un Gioco molto divertente.
La parola all’Associazione Famiglie
“Grazie a questo incontro prosegue il percorso di conoscenza di questa grave patologia”, spiega Massimiliano Tomassi, presidente dell’Associazione Famiglie GNAO1. “Per noi è prioritario favorire quanto più possibile la creazione di una rete internazionale di esperti e ricercatori che possa incontrarsi e confrontarsi sulle novità e gli sviluppi degli studi. Si sa ancora troppo poco di questa condizione e la ricerca è solo all’inizio. Non esiste una cura e i trattamenti per limitarne i sintomi sono ancora in fase sperimentale. In questo senso è fondamentale aumentare l’attenzione e fare il possibile affinché la ricerca faccia il suo lavoro”.
Immagine: Beta-adrenoceptor and attached G-protein, by Brian Kobilka, Stanford University School of Medicine. Uso pubblico purché si rispettino i requisiti di licenza menzionati nella pagina seguente: Wikimedia Commons