Stonewall 69. E la ribellione ebbe inizio
Il 30 giugno 2019 si svolgerà la New York Gay Pride, la sfilata dell’orgoglio Lgbt con oltre 100 carri che attraverseranno la Fift Avenue, passando per lo Stonewall Inn, dove ebbero inizio i moti nel 1969. La marcia di fine mese, per la quale si prevede un afflusso di milioni di persone, sarà il momento culminante di una serie di eventi che celebreranno i 50 anni dell’orgoglio gay che segnarono l’inizio della fine delle segregazioni di gender.
A New York, negli anni Sessanta del Novecento la polizia entrava nei locali, dove si riunivano le persone gay, per, violentemente, arrestarle: negli Usa l’omosessualità era illegale e tale rimarrà fino alla sentenza della Corte Suprema del 26 giugno del 2003.
Un controsenso, forse, qualificare l’omosessualità illegale posto che per l’OMS era una malattia psichica (lo sarà fino al 1990, la transessualità addirittura fino al 2018): come si potevano arrestare i malati? Ma tant’è… . C’erano gli arresti, le vessazioni e, inevitabilmente le discriminazioni sociali verso i gay, le lesbiche, i transessuali che non si ribellavano, tantomeno ai raid della polizia nei locali (illegali e per questo spesso gestiti dalla mafia) dove si riunivano, gli unici posti dove, nonostante i pericoli, potevano essere se stessi.
Ma la notte tra il 27 e il 28 giugno del 1969 le cose andarono diversamente. Quella notte, all’irruzione delle forze dell’ordine nel club Stonewall Inn, nella newyorkese Christopher Street, la comunità LGBT reagì alle consuete manganellate e non solo verbalmente. Si dice che a dare corso alle proteste fu Sylvia Rivera che lanciò la propria scarpa col tacco contro un poliziotto. Si parla anche di un’altra ragazza che trascinata in strada colpì l’agente con una bottiglia. Nei dettagli notizie certe non c’è ne sono. Quel che è invece è certissimo e che la rivolta della comunità Lgbt, passata alla storia come gli Stonewall Riots iniziò quella notte, con tante persone che si riunirono davanti al locale per dire a gran voce “Say it clear, say it loud. Gay is good, gay is proud”, (“Dillo chiaramente, urlalo. Essere gay e giusto. Orgoglioso di essere gay”.
Nei giorni seguenti le proteste continuarono e l’anno successivo si decise di commemorare quella notte con una marcia. Fu chiamata la Cristopher Street Liberation Day March e, per la prima volta, il 28 giugno 1970 gli omosessuali marciarono senza paura di affermare la propria identità, compresi i travestiti e i transessuali che, scelsero per l’occasione, abbigliamenti sfavillanti pieni di colori come a dire “noi esistiamo e abbiamo il diritto a vivere in libertà ciò che siamo, con il rispetto altrui per la nostra dignità”.
Nello stesso anno furono organizzate analoghe marce a Chicago, San Francisco e Los Angeles, con l’unanime richiesta, come si leggeva nei cartelli di “diritto e dignità”, accanto ai quali sventolava la bandiera nazionale per ricordare che erano cittadini americani quanto e come gli eterosessuali. Sono i primi Gay Pride della storia, che da lì in avanti si ripeteranno ogni anno negli Usa e poi nel resto del mondo, sempre nel mese di giugno, in ricordo dei Moti di Stonewall, quando iniziò il lungo e faticoso cammino della comunità Lgbt per il riconoscimento dei loro diritti, ancora incompiuto in molte parte del mondo.