Spectrosynthesis II. La mostra di Bangkok che richiama alla tolleranza
Promuovere la tolleranza verso le minoranze sessuali del continente asiatico, in alcuni Paesi del quale, l’omosessualità segue a essere condannata con il carcere o con la pena capitale, come accade in Myanmar o in Brunei, dove la condanna a morte avviene per lapidazione. È quanto si propone la mostra Spectrosynthesis II- Exposure of Tolerance: LGBTQ in Suotheast – Asia, allestita a Bangkok (Thailandia) che riunisce fino al 1° marzo 2020 le opere di 58 artisti presso il Bangkok Art and Culture Center (BACC), la principale istituzione di arte contemporanea della capitale thailandese.
130 opere che spaziano dalla fotografia alla pittura, dalle installazioni ai tessuti, realizzazioni di firme di fama internazionale come Thai Arin Indiani Rungjang, Sunil Gupta, Balbir Krishan, Anne Samat Malaysian e Jakkai Siributr, per rafforzare il dialogo con le persone delle comunità LGBTQ e con il loro complesso mosaico di culture, fin dalla prima edizione della mostra svoltasi Taiwan 2 anni fa. E nello stesso tempo richiamare l’attenzione generale sui temi della diversità di genere e contribuire “alla promozione della parità dei diritti nelle comunità di tutto il mondo” come auspica Patrick Sun, direttore della Sunpride Foundation, ente organizzatore della mostra.
Tra le opere più significative l’installazione video a cinque canali dal titolo Welcome to my world, Tee (2019) di Arin Rungjang, che nel 2013 ha rappresentato la Thailandia alla Biennale di Venezia.
L’installazione è ispirata alla biografia dello stesso Rungjang quando da adolescente conobbe la trans gender soprannominata Tee (termine gergale thailandese usato per indicare i ragazzi di etnia cinese). La storia di Tee – che l’autore definisce “la donna più bella che abbia mai visto” – è molto triste: si è suicidata.
Rifacendosi alla tragedia di Tee, Arin Rungjang chiede di riflettere sulla comunità LGBTQ, spesso osservata dall’esterno con ilarità, quando invece le esistenze dei suoi componenti sono, spesso, costellate da eventi drammatici come la povertà, l’immigrazione e la prostituzione e possono culminare in atti drasticamente tragici.
S’intitola The new Pre-Raphaelites (2008) la serie di fotografie di Sanil Gupta. Usando i colori dei pittori pre-raffaelliti dell’epoca vittoriana, l’autore mette in risalto l’ingiustizia instaurata in India dal codice penale introdotto dall’Impero Britannico nel periodo coloniale e in vigore fino al 2018 che – come del resto nello stesso Regno Unito – criminalizzava gli atti omosessuali.
Quilt Project 2019, dell’artista tailandese Jakkai Siributr, è costituita da 3 opere tessili su larga scala modellate con motivi geometrici che giocano con i triangoli rosa, il distintivo usato dal partito nazista per identificare e marcare gli “omosessuali”.
Già vittima del famigerato articolo 175, in Germania la persecuzione verso la diversità di genere iniziò con la stessa ascesa al potere di Hitler, nel gennaio 1933, è proseguita di pari passo con la persecuzione degli ebrei e la deportazione nei campi di concentramento e di sterminio: è passata alla storia con il termine di omocausto. Da allora il triangolo rosa è stato rivendicato dalla comunità gay come simbolo di orgoglio.
Per questo la mostra Spectrosynthesis II- Exposure of Tolerance: LGBTQ in Suotheast Asia, curata da Chatvichai Promadhattevi, come rivela il suo titolo non può che essere un forte invito all’apertura mentale per l’accettazione e il rispetto mutuo.