Ora legale. Mini jetlag e il sonno dei giusti

Dopo due settimane scarse dalla sua ciclica reintroduzione, possiamo tirare le somme. Oggetto del contendere: l’ora legale, un artificio umano capace di spostare il nostro ritmo vitale in nome di un idolo moderno: il risparmio energetico.

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Prima di tutto: in realtà, i favorevoli all’ora legale (che secondo un non recentissimo sondaggio del Codacons dovrebbero essere, in Italia, all’incirca 1 cittadino su 2) non adducono come unico motivo di introduzione di questo strumento il mero risparmio di illuminazione. Anche perché, se questo dovesse essere il solo scopo per il quale spostare le lancette dell’orologio, visto che (dati Terna) corrisponde a risparmi effettivi di consumo di energia pari allo zero virgola qualcosina rispetto al fabbisogno annuo del nostro Paese (per un risparmio complessivo di “soli” 94 milioni di euro), avremmo smesso già da un pezzo di farlo…

No: molti degli innamorati dell’ora legale si dichiarano tali adducendo vantaggi per il benessere umano, vantaggi derivanti da una maggiore esposizione alla luce solare, vero e proprio toccasana per il nostro organismo. Il Sole, infatti, stimola la produzione di melatonina e serotonina, aiutando il nostro organismo a regolare al meglio il ritmo sonno-veglia, e non solo: aiuta anche la vitamina D a fare il proprio dovere (rinforzando il naturale ricambio della nostra struttura ossea e tonificando la nostra pelle) e portando anche una ventata non misurabile di buonumore, indotto, appunto, dalla maggior esposizione alla luce, con conseguente maggior produttività sia economica che sociale di ognuno di noi.

Tutto questo ragionamento si basa su un assunto fondamentale: che la maggioranza della popolazione viva più intensamente la parte iniziale della giornata, e dedichi poi a se stessa (e ai propri affetti, e al proprio benessere) il tardo pomeriggio. Ecco perché lo sfasamento artificiale dell’orologio (regolato già di per sé secondo criteri umani e non naturali, come ragionammo già qualche tempo fa parlando di fusi orari) porterebbe vantaggi, riposizionando l’esposizione ai benefici raggi del Sole in modo da massimizzarne gli effetti, soprattutto se abbinato ad una conseguente maggior propensione a godere dell’aria aperta, magari facendo sport, e introducendo massicce dosi di dieta mediterranea nelle nostre abitudini alimentari.

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Intanto, però, c’è chi ne risente. Secondo quel medesimo sondaggio del Codacons, infatti, c’è un’altra metà di popolazione che descrive disturbi in base all’introduzione dell’ora legale estiva. Alcuni esperti, infatti, parlano di una sorta di mini jetlag, ovvero di un salto massivo di fuso orario comportante artificiali effetti nefasti sul nostro ciclo di sonno-veglia, e sulla percezione stessa della stanchezza.

Addirittura, l’Automobile Club Europa, come riportato dalla Bild, arriva a dire che questo sfasamento della percezione del proprio grado di allerta provochi maggiori incidenti stradali, in una cifra non risibile (che sfiora, secondo lo studio, il 20% – anche se c’è chi controbatte che la maggior presenza di luce comporti anche un contemporaneo minor rischio, facendo circolare le persone – a spanne – un’ora notturna in meno, diminuendo i pericoli). Non solo: accademie, università e centri di ricerca di tutto il mondo arrivano a mettere in rapporto di proporzionalità diretta l’introduzione dell’ora legale e l’insorgenza di infarti ed ictus.

Secondo i ricercatori del Karolinska Institut di Stoccolma, ad esempio, nella settimana immediatamente successiva al moto in avanti delle lancette si registra un aumento di attacchi cardiaci pari al 4%. Mentre un’analisi dell’American Academy of Neurology ha dimostrato che gli effetti sull’orologio biologico del cambio dell’ora aumentano del 25% il rischio di ictus nei malati di cancro, e del 20% negli over 65.

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Insomma: l’ora legale (“Il più grande esperimento sociale che l’umanità abbia mai fatto” sempre secondo i ricercatori svedesi del Karolinska), comporta enormi vantaggi e altrettanto enormi svantaggi. Goderne, o soffrirne, dipende come sempre da ognuno di noi, e dalla nostra propensione a salvaguardare il nostro benessere.

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Propensione che, entrando in questo tema, deve anzitutto rispondere ad una domanda fondamentale: ma quanto dobbiamo dormire? Facciamo rispondere alla National Sleep Foundation (ente USA dedito proprio allo studio del sonno): per i bambini in età prescolare (3-5 anni) occorrono da 10 a 13 ore di sonno; per chi invece va già a scuola bastano 9-11 ore di sonno. Da 8 a 10 ore per gli adolescenti che scendono a 7-9 per i giovani fino a 25 anni. Gli adulti (fino a 65 anni) possono dormire dalle 7 alle 9 ore a notte, mentre per gli anziani ne sono sufficienti 7-8.  Dati riscontrabili anche in ricerche italiane .

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Ecco: più che pensare al fuso orario, e al nostro orologio, per rispondere al nostro bisogno di benessere occorre prima di tutto rispondere alla domanda delle domande posizionando il nostro cuscino nello schemetto della National Sleep: “Io dormo abbastanza?“.

 

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