Leicester city. Magica azzurra imprevedibilità
Il recente fenomeno “Leicester” che ha riempito pagine di inchiostro e di bit nelle ultime settimane, merita una breve riflessione di leggero sapore patriottico e interculturale al tempo stesso. Non ci sono più parole per definirlo: “Miracolo sportivo”, “Sogno”, “Impresa epocale”. Il Leicester in cima alla montagna della classifica più alta (in termini tecnici, e anche di quattrini) che c’è, quella della Premier League (campionato di calcio inglese), ha lasciato tutti senza parole. E invece, dovremmo trovarne.
In effetti, è stato strano. Verrebbe da dire: “Hai visto che è vero che la palla è tonda?“, e ci si potrebbe davvero dilungare con ulteriori, ameni modi di dire per dimostrare quanto questa vittoria inopinabile sia la dimostrazione dell’infallibilità trangugiante del caso (un po’ come se da noi lo scudetto lo vincesse l’Atalanta, senza nulla togliere alla gloria degli orobici).
Questo fatto epocale del quale abbiamo avuto la fortuna e la gioia di essere testimoni è tra l’altro un fatto epocale, ma non unico, visto quanto sia ascrivibile alla lunga, talvolta poetica lista di accadimenti che potremmo intitolare: “W Davide contro Golia“. Questa volta, però, questo Davide in maglia blu, eterno secondo e con un aplomb meravigliosamente capitolino (che risponde al nome di “Claudio Ranieri”) ha avuto la fortuna di scrivere le proprie gesta sul palcoscenico più seguito di sempre: il campo di calcio.
In effetti, è stato tutto perfetto. Il lungometraggio di questa epopea ha avuto senza dubbio uno sceneggiatore molto dotato. Claudio Ranieri è l’attore che ha saputo fare di questo ruolo una parte indimenticabile. Anche se dotato di classe e tecnica cristalline nel sedere in panchina, non aveva praticamente mai vinto nulla. Veniva da un’esperienza allucinante come commissario tecnico della Grecia (battuto pure dalle Isole Far Oer). Ranieri, quindi, “cervello in fuga”, un “Sir Baronetto” all’amatriciana, il miglior personaggio al quale applicare il fumetto dell’immancabile “Italian do is better” che ci cuciamo sul petto ogni volta che qualcosa di tricolore vince contro ogni aspettativa.
Ecco, siamo arrivati: “Contro ogni aspettativa“. La vittoria di questo Davide contro questi possenti, invincibili Golia ha un qualcosa di rivoluzionario, epocale appunto, divertente in quanto impossibile. E rendendo quell’impossibile possibile Ranieri e i suoi sembrano moderni paladini contro l’infallibilità della modernità. La contraddizione della previsione. La classe, l’inventiva e l’intelligenza capaci di sovvertire le regole del mercato e della scienza.
C’è chi in questa promessa rivoluzionaria ha visto qualcosa di pericoloso. L’Economist, ad esempio, che ha scritto un lungo e duro editoriale nel quale ha invitato tutti a “Farla finita con questo Leicester”. Nel sommario scrivono i giornalisti londinesi: “La vittoria del Leicester è diseducativa perché incoraggia le persone a badare più alla qualità della narrazione che ai risultati; a farsi illusioni sul proprio potenziale; e a tenere in scarsa considerazione una delle più grande conquiste dell’uomo: la prevedibilità“.
Evidentemente, sono inglesi. Non si sono appassionati – come hanno fatto molti loro conterranei, in realtà, oltre che mezzo continente – a questa favola. Perché è la plastica dimostrazione del crollo del pilastro inossidabile di un modo di pensare che è stato ed è dominante: “Chi più spende vince“. Ovvero: “Investire è sempre meglio che creare”. Ed anche: “Tutto è acquistabile“. Che sono tutte traduzioni di quell’inno alla “prevedibilità” di cui dicevamo prima, un inno che rende “inammissibile” il successo di chi non sia il favorito.
Un articolo del genere non sarebbe mai stato accettato in Italia. Noi ci stiamo raccontando da decenni che “lo sappiamo fare meglio“, e questo ci basta. Dietro a questo paravento abbiamo nascosto nefandezze e mancanza di prospettive e di politiche, è vero. Ma è anche altrettanto vero che traiamo da questa convinzione, supportata (e sopportata) dalla bellezza che ci circonda, il nostro stesso spirito vitale.
Quindi, è vero: c’è anche molta Italia nella vittoria di Ranieri. Un’Italia antropologica che forse emerge proprio “a distanza”. C’è molta voglia di fare, intelligenza tattica ed empatica, capacità di adattamento, forza comunicativa. Di più: c’è anche molta umanità, in questa vittoria, c’è molto Ulisse che passa le Colonne d’Ercole, c’è molto Galileo con un tubo davanti agli occhi o Leonardo che cerca (invano) la benzina per far muovere le sue macchine straordinarie.
C’è molta Italia e molta Inghilterra in questa vittoria. E molto calcio “sano”. Quasi emblematica la nuova maglietta della squadra inglese, molto simile a quella che la nazionale italiana utilizzerà agli Europei, a suggello di questa straordinaria miscela che ha originato il “Miracolo sportivo”.
Quindi, caro Economist, noi diciamo: “Forza imprevedibilità“.
E forza Atalanta.