Vacanze d’agosto. Il giardino Valsanzibio
Tempi moderni di vacanze. Bollino rosso, bollino nero per le strade, il sole ci riscalda e ci libera i pensieri. Se ricorriamo all’etimologia, vacans, participio presente di vacare essere vacuo, sgombro libero, senza occupazioni. Un vuoto energico che ci permette di vivere una dimensione familiare, amicale più intima e più sociale al tempo stesso.
Siamo più ricettivi e sensibili all’ambiente che ci circonda, alle suggestioni naturali, paesaggistiche e artistiche. Partiamo o non partiamo, lavoro o non lavoro, comunque è un momento di prendersi una pausa e guardarsi attorno. Quale miglior periodo per scoprire tesori inaspettati che si ricollegano direttamente alla nostra quotidianità.
Quante bellezze naturali a noi sconosciute ci sono svelate girovagando da turisti, senza cartine alla mano, in ogni angolo d’Italia!
Così durante una gita, la nostra auto ha rallentato affrontando una curva ed ai nostri occhi è apparsa una bellissima cancellata. Incuriositi ci siamo fermati e spiando tra le sbarre di ferro abbiamo visto un panorama splendido. Un giardino seicentesco, con fontane zampillanti, cascate e peschiere, ruscelli che apparivano e sparivano nel verde, statue marmoree lungo i viali il cui contorno di alberi secolari facevano da cornice a sentieri delimitati da alte siepi.
Il giardino Valsanzibio
Gioco forza entrare e continuare a scoprire, con godimento unico, l’isola dei conigli, i giochi d’acqua con il loro canto unito a quello di mille uccelli e percepire un’atmosfera fuori dal tempo, Eravamo dunque all’interno del giardino Valsanzibio, un luogo incantato ai piedi dei colli Euganei (gruppi di colline di origine vulcanica a pochi km da Padova) e, dopo aver salito un certo numero di gradini, ci siamo trovati nel bel mezzo di un labirinto che procura anche un certo senso di ansia.
Non eravamo in possesso del filo di Arianna, ma la curiosità ci sospinse e ci avventurammo dentro. Partiti di buon passo, poco dopo rallentammo e cominciammo a ragionare. Gira di qua, gira di là, i tratti del percorso erano tutti eguali, poi seguendo una macchia di fiori bianchi riuscimmo a trovare il bandolo giusto e riuscimmo ad imboccare l’uscita.
Il cimento al quale ci eravamo sottoposti ci aveva un po’ stressati e così cercammo un punto di ristoro che trovammo in una magnifica costruzione in perfetto stile veneto. Con grande sorpresa scoprimmo che la villa e tutto il complesso annesso era stato di proprietà di Zuane Francesco Barbarigo, padre di Antonio, a sua volta genitore di Gregorio, cardinale e santo, che completò tutta l’opera e ne ispirò l’alta simbologia.
A gita conclusa, riflettendo su quanto visto, ho pensato alla parrocchia S.Gregorio Barbarigo, a Roma, ove mi recavo ogni domenica a sentire la S.Messa in compagnia di mia suocera.
Ebbi l’occasione di parlare con l’allora parroco Mons. Schiavon, che mi descrisse le opere e la forte personalità del Barbarigo, da quando prese la veste talare nel 1655 a quando fu consacrato vescovo nel 1657 e come divenne un grande studioso degli Acta Ecclesiae Mediolanensis di S.Carlo Borrromeo che divennero la sua guida pastorale. Nel 1660 venne nominato cardinale e resse interrottamente dal ’66 al ’97 la diocesi di Padova , ove morì ed è stato sepolto.
I suoi pensieri e le sue massime sono un amoroso sguardo verso tutte le creature del mondo, dai più piccoli ai più grandi, dai più semplici ai più sapienti. Eccone alcune: “Tutto è vanità quello che non serve all’eternità” “Bisogna scavare a fondo in quella immensa misericordia di Dio” “ Le virtù, meditate e non praticate, gonfiano ma non nutriscono” “Tutti gli altri vizi hanno termine, la sola superbia ci accompagna sempre” “Non basta fare una cosa, ma conviene farla bene”.
Così ogni volta che entro nella parrocchia sulla Laurentina, così bella ed accogliente, non posso fare a meno di ricordare quello splendido giardino dove il suo itinerario mitologico va di pari passo con la spiritualità lasciataci da un grande della Chiesa : S. Gregorio Barbarigo.
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