Alluvioni che celano monumenti che stanno tornando alla luce

Quando il cielo piange e le nuvole aprono le loro cataratte, viene giù tanta acqua e quest’ultima è un elemento che difficilmente trova ostacoli e che si può fermare. Il territorio della Liguria oltre che tratteggiare un arcobaleno, è protetto da una corona di montagne, gli Appennini, e da essi scendono fino al mare molti fiumi, torrenti e rivoli colmi d’acqua.  Se ciò comporta un fattore positivo, quello di rendere fertili quei pochi tratti pianeggianti, quando la quantità dell’acqua è eccessiva avvengono alluvioni di portata catastrofica.

Non c’è inverno che in una o più cittadine liguri l’alveo dei fiumi non sia sufficiente a contenere la pioggia prodotta dai temporali e, di conseguenza, gli allagamenti si annoverano spesso, e vanno di pari passo con i molti danni che arrecano.

Il perché di questa nostra premessa si collega a quanto ritrovato nella Valle Fontanabuona, quando nel 2011, durante alcuni scavi, sono stati rinvenuti pezzi di una chiesa che dai documenti rintracciati, mostrano come tra il 1187- 1273 fosse collegata alla comunità del Monastero di Bobbio, che possedeva sicuramente beni nella cittadina di Carasco, appartenenti alla cella di San Giorgio di Comorga.

La chiesa dedicata a San Marziano, nel 1253 dipendeva dall’abbazia della Sacra di San Michele della Chiusa di Torino, successivamente l’abate generalizio la consegnò nelle mani di Papa Innocenzo V che la unificò in dipendenza alla Basilica dei Fieschi di Lavagna e, come risulta dagli archivi ecclesiastici, fu registrato come Monasterium de Calasco.

Ricollegandoci alle alluvioni,  va ricordata quella del 1626, quando i fiumi Sturla e Lavagna strariparono e travolsero case, depositi agricoli e artigianali, lasciando solo un’enorme quantità di detriti che procurarono l’innalzamento del suolo di oltre 4 metri.

Il territorio non riuscì ad assorbire tutta quella pioggia e così tutto fu ricoperto da metri e metri cubi di terra e materiale di ogni genere proveniente dalle montagne. Altre ‘invasioni’ d’acqua avvennero nel 1664 e nel 1667, così tutta la zona fu quasi abbandonata e della chiesa di San Marzano rimase visibile il campanile ed una parte dell’abside.

Nel XVIII secolo Padre Agostino Assarotti chiese di costruire una nuova chiesa e nella parte rimasta in piedi dopo l’alluvione venne costruita l’abitazione per il parroco, il colono ed una stalla. Oggi nella chiesa ritrovata cominciano ad affiorare resti di un altare ed una pavimentazione, esistono ardesie decorate, ed è stato rinvenuto rotto, un piatto di origine albisolese.

Sono in corso studi con geologi che agiranno con azioni mirate a scoprire la natura antropica all’interno della struttura, perché si notano tutte le crescite del suolo dovute ad ogni alluvione. San Marziano nasconde, dunque, ancora molte cose. Non ci resta che spronare i giovani, e il laureando in archeologia Emanuele Alessio che ha illustrato in occasione della conferenza sulla chiesta di San Marziano, presso il Musel di Sestri Levante, in particolare, a continuare in questo lavoro e poi “chi cerca trova, e buona fortuna.”

L’archeologia ci aiuta a ricostruire non solo la storia dei monumenti del medioevo ma ci fa camminare incontro al nostro passato ove c’era una profonda ricerca di spiritualità perché il richiamo verso il soprannaturale è legato sempre alla nostra capacità terrena di abbandonarci all’illimitata onnipotenza divina.

 

Foto degli scavi della chiesa di San Marziano (Liguria)

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