Nino Manfredi e quel friccico ner core che lo rese grande
Ben lo sa il figlio Luca che ha diretto e realizzato il documentario dal titolo, appunto pirandelliano, dove per raccontare la vita paterna che coinvolto tutta la famiglia, gli amici e i colleghi di Nino Manfredi e che andrà in onda questa sera, in straordinaria simultaneità sia su Rai 2 e sia su Sky Arte in prima serata e in streaming su Now Tv.
Del poliedrico artista che oltre a magistrali interpretazioni cinematografiche ha affrontato con uguale maestria la rivista e, quindi, il canto, si ricorda, fra le tante, la canzone Tanto pè cantà del grande Ettore Pretolini, artista del primo Novecento, al quale Nino s’ispirava e si ritrovava soprattutto nel verso “perché me sento ‘n’ friccico ner core”, dove Petrolini alludeva alla sua precaria salute: la scrisse mentre era allettato a causa di un attacco d’angina pectoris.
Una riproposta di Nino come omaggio al grande Petrolini, il primo attore che vide a teatro e che lasciò su di lui un’impronta indelebile. In questa canzone senza titolo, creata, appunto, casualmente, “tanto pe’ cantà”, la vena spensierata che vuole sollevare l’abbattuto stato d’animo, cela in realtà il dramma della mendacità dell’amore e della vita. Esattamente la chiave interpretativa che, spesso, Nino adottò per le sue interpretazioni cinematografiche, registiche e performance teatrali; Nino, attore sempre impegnato e meticolosissimo, che conosceva lo sgomento e lo smarrimento di fronte ad una malattia grave che sembrava non lasciare speranza (trascorse molti anni giovanili in ospedale per una severa forma di tubercolosi) ben capiva “quel frecicco nel core”, quel turbamento che si prova davanti alle imprese, spesso, ardue della vita e dell’arte e che lo rese grande. Forse il più grande attore della sua generazione.