Lo scrittore e il generale

Il 5 maggio 1821 moriva in esilio a Sant’Elena Napoleone Bonaparte, politico, grande generale (combattette nelle campagne in Europa per 20 anni), soprattutto fondatore del Primo Impero francese. Figlio di famiglia italiana corsa, nacque il 15 agosto del 1769 ad Ajaccio, lo stesso anno che l’isola fu annessa alla Francia.

Dopo gli anni dell’indipendenza (1755 – 1768), la Corsica era contesa dalla Francia e dalla Repubblica di Genova che l’aveva dominata, con fortuna alterna, dal XV secolo. La Francia, con un trabocchetto dell’astuto politico e diplomatico Étienne François de Choiseul contro il generale Filippo Antonio Pasquale de’ Paoli (per il movimento nazionalista corso, Padre della Patria), ebbe la meglio.

Quando Paoli, per sfuggire alla cattura certa, s’imbarcò per Livorno, lasciò la Corsica nelle mani del politico Carlo Maria Bonaparte a tentare una strenua resistenza. Era il 1769 e proprio in quell’anno nasceva il figlio Napoleone che avrebbe a suon di vittorie e intelligenti alleanze, conquistato larga parte dell’Europa continentale dove vi portò gli ideali rivoluzionari francesi, le riforme del sistema giuridico (pose le basi del diritto civile moderno) e amministrativo, finché non si autoproclamò Imperatore con il nome di Napoleone I nel 1804, deludendo tutti i liberali europei.

Una fulvida ascesa fermata dall’implacabile inverno russo. La disastrosa campagna militare in Russia del 1812 segnò l’inizio della parabola discendente di Napoleone culminata con l’esilio di Sant’Elena – dopo essere stato definitivamente sconfitto dalle forze anglo-prussiane a Waterloo (Vallonia – Belgio) nel 1815 – e dove visse fino alla morte.

Nel luglio 1821 lo scrittore Alessandro Manzoni si trovava nel giardino della sua villa a Brusuglio, quando leggendo la Gazzetta di Milano, apprese della morte di Bonaparte avvenuta il precedente 5 maggio.

Il nostro Manzoni aveva conosciuto il grande generale ancora adolescente al Teatro alla Scala di Milano. Rimase colpito dalla personalità di Napoleone, ma al contrario di tanti artisti e intellettuali dell’epoca (Beethoven, Foscolo, Monti, tanto per fare dei nomi) non manifestò nei suoi confronti né entusiasmo né condanna.

Quel giorno, invece, rimase impressionato dalla notizia della scomparsa di Napoleone, soprattutto dall’apprendere della sua conversione religiosa avvenuta prima del decesso.

Quella morte cristiana ispirò profondamente Manzoni che, di getto, abbozzò quella che sarà, nell’arco di 3 giorni, la famosa ode Il cinque maggio, un excursus in versi di tutta la tumultuosa vita del generalissimo, senza tralasciare i trionfi e le sconfitte, mantenendo la neutralità di giudizio sulla figura storica ma mettendo in risalto la funzione salvifica della Grazia divina, argomento caro al cristiano Manzoni. La storia dell’uomo in relazione alla Divina Provvidenza intesa come via di salvezza dalle ingiustizie del mondo è un tema ricorrente nella produzione manzoniana, elemento di fondo anche nel suo capolavoro il romanzo I promessi sposi.

Terminata l’ode, Manzoni la presentò al vaglio della censura austriaca (era il tempo del Regno Lombardo Veneto assoggettato all’Austria) che ne proibì la pubblicazione, come proibiva ogni ricordo di Napoleone. Ma vuole la storia che il censore Bellisomi lasciò la copia nel suo ufficio e in sua assenza venne trafugata. Di certo Manzoni aveva usato la prudenza di fare varie copie della composizione e una manoscritta iniziò a circolare clandestinamente.

Copiata e ricopiata superò i confini del Lombardo – Veneto, raggiunse la Francia, la Germania e nel 1822 fu tradotta dallo scrittore Johann Wolfgang von Goethe e l’anno successivo Der fünfte May. Ode von Alexander Manzoni faceva bella mostra di sé, pubblicata sulla rivista Ueber Kunst und Alterthum, sancendo la fortuna di una delle odi più famose al mondo.

nota: testo e parafrasi dell’Ode 5 maggio: Treccani.it

Immagini: Napoleone Bonaparte nel famoso quadro di Jacques-Louis David (1748 – 1825) pittore e politico francese; 2) Alessandro Manzoni

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