Primi sintomi sani di un’Alternanza che funziona
Alternanza scuola lavoro, un tentativo forse vano di creare un raccordo fra la formazione e il mondo del lavoro. Inutile? Impossibile? Bando ai leciti quesiti, in realtà tale iniziativa è stata messa in discussione fin dai suoi esordi per una moltitudine di motivi fra cui echeggiava la vivace ostilità contro un’intera riforma che porta il nome di “Buona scuola”.
Un nuovo dettame di legge, che a furor di popolo o populismi poco aveva di buono e positivo. Cosi oggi, con un mutamento di nomenclature si passa dall’ etichetta “alternanza scuola lavoro” a “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento “.
Eppure, citava la vecchia proprietà transitiva dell’ uguaglianza, cambiando la posizione degli addendi il risultato non cambia. Eliminata la parola lavoro che pare inquini le limpide acque della cultura e della formazione in genere, si ottiene lo stesso risultato: fra i banchi di scuola diviene sempre più necessario affrontare la questione lavoro, intesa più propriamente come capacità di strutturare un progetto professionale.
Il fine dunque giustifica i mezzi. E se il risultato è quello di allenare i giovani ingegni a pensare in maniera concreta il futuro, allora ben vengano i percorsi per l’orientamento e le competenze. Del resto si tratta di ciò che si auspicava con un buon progetto di alternanza (che la legge 107 del 2015 lungi dal pensare solo ed esclusivamente come esperienza di tirocinio).
Ma il progresso non si può arrestare e le cose cambiano e, sebbene diminuiscano le ore, i giovani studenti e le giovani studentesse possono comunque respirare l’ aria post diploma, provando a capire dove realmente si stanzi l’ ossigeno del loro domani.
E questa apertura delle porte ad opera dell’istituzione scolastica, a ben guardare ha già dato i suoi frutti. Segni imprescindibili che mostrano adolescenti capaci di mettersi in gioco, più di noi adulti miseramente persi nelle diatribe del passato. Ideologie di italica memoria!
Davvero l’ alternanza qualcosa di buono ha fatto? Oltre a togliere ore a vetusti programmi, ha permesso di scorgere cosa c’è fuori. Detto altrimenti, ha dato l’opportunità di ingegnarsi per scovare opportunità nel territorio, ha fornito l’occasione di guardare oltre i propri confini regionali. Sarebbe già sufficiente visitare il sito del Miur per scorgere progetti interessanti e degni di nota che hanno messo in gioco non solo le menti degli e delle adolescenti, ma anche quelle non meno vivaci dei professori e delle professoresse.
Una categoria che ormai sa di doversi mettere in gioco di continuo, reinventando il proprio ruolo di insegnate, tutor, progettista, guida, insomma di professionista del sapere capade di sollecitare le coscienze dei e delle discenti affinché possano prendere una sacra decisione: imparare, crescere, diventare cittadini attivi.
Ebbene, basta guardare con occhio attento gli alunni e le alunne dei V anni delle scuole secondarie di secondo grado, figlie di tre anni di dura sperimentazione di questa altalena scuola lavoro, per scorgere elementi di novità. Una vivacità diligentemente orientata, oggi anima i nostri e le nostre studentesse. Innegabile traguardo offerto dalla famigerata alternanza.
E’ sufficiente girovagare per saloni d’ orientamento o manifestazioni dedicate agli e alle adolescenti per imbattersi in giovani evidentemente più consapevoli, capaci di interagire in maniera matura con strutture altre dalla scuola. Un tempo uscire dalla struttura scolastica rappresentava una fuga dal quotidiano, una ricreazione a tutto tondo durante la quale la disciplina sembrava un vago ricordo.
Oggi la realtà contraddice quanto sopra. Nelle ultime esperienze vissute in prima persona da chi scrive, si è fatta avanti una massa di studenti e studentesse garbata e ordinata. La mia è stata una piacevole sensazione condivisa con i colleghi, formatori e formatrici come me.
Tutti abbiamo intra-visto un mutamento che si fa insegnamento per una società che apprende e accoglie espressioni di progresso e di sviluppo.