Le tante vite degli pneumatici fuori uso

La gestione e il reimpiego degli pneumatici fuori uso (PFU) costituiscono una parte importante dell’economia circolare. Nel 2020, nonostante l’arresto di tante attività causato dalla pandemia, sono ne sono stati raccolti 189.569 di tonnellate che hanno servito 18.115 punti di generazione.

I dati ce li fornisce Ecopneus, una società senza scopo di lucro, che si occupa del loro rintracciamento, recupero e raccolta, trattamento. È formata dai maggiori produttori di ruote che operano in Italia, i quali, insieme agli importatori e rispettando il Decreto Legislativo 152/2006, provvedono alla gestione del PFU in disuso, in misura pari a quanto materiale immesso nel mercato, rispettando il principio di Responsabilità estesa del produttore (Extended Producer Responsibility), il modello organizzativo impiegato dalla maggior parte dei Paesi UE.

Quando uno pneumatico, non più riparabile, viene sostituito, diventa un rifiuto. Ma è composto di un insieme di polimeri di alta qualità – con ottime caratteristiche chimico-fisiche che si mantengono inalterate anche nelle fasi di trattamento –  e, dunque, costituisce un’ottima materia prima seconda, molto versatile, usata dall’edilizia, passando per gli asfalti modificati, fino all’oggettistica o recuperata come energia per appositi impianti, soprattutto cementifici.

Un esempio di produzione sostenibile realizzata con gli pneumatici fuori uso sono i 2 campi da basket inaugurati nel settembre 2020 a Bari, ottenuti con oltre 2mila chili ciascuno di gomma riciclata da PFU.

E i circa 600  chilometri di strade italiane realizzate con gli asfalti modificati con gomma riciclata da PFU, che promettano riduzione dei rumori e dei costi di manutenzione, resistenza alle buche e durata di 3 volte maggiore all’asfalto tradizionale.

Ma come avviene il riciclo? Un processo articolato

Dipende dal tipo di prodotto che diventerà ed Ecopneus ci spiega il procedimento.

Il processo cui sono sottoposte le ruote dal momento in cui sono smontate fino a diventare materia prima seconda, è formato dalle seguenti quattro fasi:

stoccaggio

una volta avvenuta la raccolta, i pneumatici sono portati nei centri preposti dove sono pesati, controllati e immagazzinati; quindi trasportati nelle aziende specializzate nel trattamento della materia per essere riciclata;

prima frantumazione 

lo pneumatico è frammentato in detriti che vanno dai 5 ai 40 centimetri detti ciabatte e che possono essere già utilizzate per il recupero energetico o proseguire nel processo di frantumazione per ottenere la separazione dei materiali;

seconda frantumazione 

ciascuna ciabatta è ridotta in parti piccole in modo da separare la gomma, l’acciaio e le fibre tessili. La gomma è poi ridotta in granuli e polverino, secondo dei nuovi prodotti per cui sarà reimpiegata;

recupero dei materiali

a fine processo, dunque, si recupera l’acciaio, il tessile, e la gomma la cui dimensione di granulazione e polverizzazione ne stabilisce la nuova natura: sarà, infatti, cippato di gomma (20-50mm),  granulato di gomma (0,8 – 20 mm) o polverino di gomma (< 0,8).

Sono tanti i riusi della gomma PFU riciclata: ad esempio il cippato di gomma viene utilizzato nell’edilizia, il granulato di gomma è destinato ad applicazione negli impianti sportivi, come dimostrano i campi di basket di Bari, ma anche per gli asfalti drenanti, mentre gli asfalti modificati, di cui sopra, sono realizzati con polverino di gomma.

Non per pedanteria, ma per amore delle parole che spesso ci indicano la via, “pneumatico” deriva dal greco pnèuma , soffio, spirito, vento. Relativo all’aria, al respiro. Gli stoici, con il termine pnèuma, inteso proprio come soffio vitale, indicavano l’anima.

Gli pneumatici fuori uso, dunque riprendono a soffiare, ad avere  una nuova “anima” sotto diverse forme. Ancora una volta il riciclo, mostra le tante vie dei materiali e la sostenibilità ecologica, industriale e sociale che ne deriva.

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