Insegnare le diversità. Compito essenziale

Si parla molto negli ultimi tempi delle diversità, un dibattito che si tinge dei colori oscuri del razzismo, trasformandosi in un’emergenza da risolvere quanto prima. Ognuno affronta la questione in relazione alle proprie convinzioni e alla propria tradizione teoretica che apre a posizioni talvolta contrastanti. Ebbene, al di là di nevrosi difficili da tollerare, la coesistenza delle differenze è una realtà che caratterizza inevitabilmente anche la vita scolastica.

L’educazione si misura con l’organizzazione di soggetti molto diversi. Un fatto nuovo, risultato di un’epoca che brama in ogni dove l’integrazione? O il processo di cooperazione, a ben guardare, investe da sempre l’educazione? Certamente chi si fa portavoce di una politica anti unità, esprime a gran voce lo sdegno nei riguardi di una scuola senza confini: un’istituzione pubblica che apre le porte, che si guarda intorno, uscendo dal bell’isolamento.

E non manca appunto il lamento di chi critica fortemente la convivenza forzata dei propria prole con altri alunni e alunne, i diversi, le diverse. In egual maniera, taluni docenti lamentano la difficoltà di doversi confrontare con un pubblico sempre più variegato, che minerebbe la loro professionalità e il normale svolgimento della lectio magistralis.

D’altro canto, c’è anche chi si esprime positivamente rispetto alla multi presenza ed è pronto a rimettersi in gioco per rafforzare vecchie e nuove competenze per garantire la parità d’apprendimento. Ma è davvero possibile una omogeneità didattica? In realtà l’atto educativo ha come finalità primaria l’organizzazione e la coesistenza delle differenze. Pensiamoci bene.

Un o una docente della scuola secondaria di secondo grado ha a che fare quotidianamente con studenti e studentesse di diversa età anagrafica. Molti addirittura, in relazione alla materia insegnata, possono coprire l’intero ciclo (i cinque anni) e incontrare pre-adolescenti, adolescenti, giovani donne o giovani uomini. Inutile ricordare, poi, che i classici raggruppamenti per età celano in realtà una sottesa disomogeneità che non sempre resta silente.

Ancora, uno o una insegnante si rapporta da sempre con genitori, diversi genitori; incontra mutate condizioni familiari. Ad esempio, non molto tempo diffuso era lo sgomento dinnanzi allo sgretolamento delle famiglie. Eravamo a fine anni ottanta quando cominciavano ad affacciarsi ai colloqui scolastici famiglie di forma e natura cangiante.

Basti pensare ai quei nuclei sciolti dal divorzio che via via hanno dato vita parentati allargati con inevitabili conseguenze su figli e figlie, alunni e alunne. Quindi, un docente o una docente di oggi dovrebbe saper gestire giovani diversi, provenienti da situazioni di varia stabilità. Un tempo una rarità, oggi più che mai una consuetudine..

In certo qual modo, il corpo docente secondo un proprio codice deontologico dovrebbe sempre e comunque saper trovare una sintesi metodica volta a comporre gruppi d’apprendimento eterogenei, in quanto esistono tante situazioni di comprensione quanti sono gli studenti e le studentesse che ascoltano.

Ognuno, infatti, vive la lezione in relazione alla sua capacità e alla sua voglia di sapere, ai suoi mezzi intellettivi, alla sua disponibilità emotiva. Insomma un o una discente è discepolo che ac-coglie a suo modo, secondo la propria situazione personale un sistema di nozioni strategiche utili alla composizione della sua conoscenza. Senza panico intellettuale impara a trasformare un sapere teorico in capacità pratica. Competenze.

E questa famigerata differenziazione, congenita alla prassi pedagogica, riguarda anche le difficoltà d’apprendimento di studenti e studentesse che possono richiedere interventi professionali complementari. Dunque, il sistema degli insegnanti apre a professionalità altre, e impara a rapportarsi con differenti competenze. Tutto senza colpo ferire, perché la formazione richiama per sua natura la mobilitazione di risorse cognitive che devono essere adattate e riadattate a condizioni lavorative in continua evoluzione.

Per far progredire alunni e alunni nella loro individualità è necessario creare una situazione d’apprendimento ottimale che giochi su dispositivi didattici capaci di gestire l’eterogeneità. Chi non ricorda quanto distante appariva il nuovo arrivato, il calabrese, che da Reggio Calabria aveva raggiunto i suoi nuovi compagni nella classe descritta da De Amicis nell’indimenticabile Cuore?

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