Filosofia docet tra licei, tecnici e professionali
Filosofia anche per tecnici e professionali? Un’autentica sfida per l’istruzione italiana che si apre alla formazione in senso lato.
Il 23 gennaio 2018 presso il Miur si è organizzato il convegno Orientamenti per l’apprendimento della filosofia nella società della conoscenza, un incontro volto ad esplicitare gli esiti del lavoro del Gruppo tecnico-scientifico di filosofia del Miur.
Uno degli obiettivi proposti è stato quello di portare l’insegnamento della filosofia, con moduli extra curricolari, in tutti gli ordinamenti scolastici e, pertanto, anche negli istituti tecnici e professione al fine di garantire a tutti gli studenti e le studentesse della scuola secondaria di secondo grado una democrazia del sapere, grazie alla possibilità di sviluppare il pensiero critico con l’approfondimento dei filosofi del passato.
Senza dubbio l’esercizio filosofico volto alla ricerca e alla produzione di senso, diviene un ottimo strumento di consapevolezza per com-prendere la realtà. Prendere, appunto, in maniera attiva e partecipativa coscienza di sé e di ciò che ci circonda.
Eppure molti si chiedono cosa c’entrerebbe e come entrerebbe Socrate all’interno di un’istituzione scolastica per tradizione e vocazione pro-tratta al mondo del lavoro. Socrate, uno dei più grandi filosofi dell’antichità, accusato di perdersi fra le nuvole, di procedere in dissertazioni inutili, di corrompere i giovani come potrebbe conciliarsi con un sapere pratico, figlio prediletto degli indirizzi tecnici?
Come potrebbe, cioè, risultare utile a studenti e studentesse che devono ap-prendere un lavoro? Forse i popolo dei/delle discenti necessita di un approccio formativo di ampio respiro in cui sapere scientifico-tecnologico ed umanistico si incontrano e si amalgamano e contribuiscono alla crescita della persona.
E allora, ecco che potrebbe risultare fondamentale conoscere Socrate, colui che si dichiarò il più sapiente fra gli uomini, perché cosciente di non sapere. Donde la sua ricerca continua della verità a scapito anche della morte. Oppure bisognerebbe studiare Socrate semplicemente perché il suo insegnamento resta un modello per ogni formatore che, come una levatrice, dovrebbe saper tirare fuori la verità nascosta in ogni studente; dovrebbe accompagnare l’adolescente verso il sapere che non è ideologia, bensì una costruzione paziente di senso. Fatica dell’essere, diritto e dovere dell’esistere.
Sebbene a partire dall’anno scolastico 2018\2019 l’introduzione della filosofia avverrà in punta di piedi, ossia si tratterà di un insegnamento extracurriculare, crescono già polemiche, ed echi di piazza. Qualcuno sembrerebbe contrario all’inserimento del pensiero filosofico in un programma che non permette un’approfondita conoscenza. Ad esempio come collocare Kant senza conoscere in maniera puntuale l’illuminismo e il lungo dibattito fra empirismo e razionalismo?
La prima risposta potrebbe essere che, nonostante si tratti di istituti tecnici, l’insegnamento della storia e di italiano è comunque previsto. Pertanto, oltre le materie d’indirizzo, gli e le adolescenti dovrebbero arricchire il loro sapere con la conoscenza dei fatti e delle correnti di pensiero del passato. A questo punto la filosofia si inserirebbe come collante per quelle materie umanistiche che talvolta in questi indirizzi soffrono di una strana patologia: la depressione del loro insegnamento, causa una presunta inutilità.
Inoltre, una seconda obiezione a questa presunta criticità, potrebbe essere che un buon professore, al di là delle lacune curriculari, dovrebbe saper avvicinare comunque i suoi studenti e le sue studentesse alla propria materia. Un insegnante di filosofia più che mai dovrebbe saper mostrare con passione le sfaccettature del sistema di pensiero di un certo filosofo, inserendolo magari tanto nel contesto storico di appartenenza quanto nell’attualità, un presente per certi versi depauperato di modelli di riferimento. Un buon insegnante dovrebbe, infine, infondere quel pungolo di curiosità che apre al sapere, di qualsiasi natura esso sia.
A ben guardare, l’iniziativa voluta dalla Ministra Fedeli, ribadisce l’importanza dell’insegnamento della filosofia, considerata non solo per il suo statuto di disciplina, compendio del pensiero e della tradizione, ma per la sua struttura metodica. Dunque, l’immissione della filosofia diviene finalmente un ammissione del fatto che il pensiero filosofico sia un metodo di conoscenza, teoretico e pratico al contempo. Una tecnica, appunto.
La filosofia permette di acquisire una forma mentis, consente di raffinare la capacità analitica, sancisce lo scambio fruttuoso fra logica e dialogica, insegna a riconoscere e a riconoscersi nei propri limiti. Senza dubbio l’esercizio filosofico volto alla ricerca e alla produzione di senso, diviene un ottimo strumento di consapevolezza per com-prendere. Prendere appunto in maniera attiva e partecipativa coscienza di sé e di tutto ciò che ci circonda.
Quindi al di là delle polemiche che troppo spesso scaturiscono senza un reale strumento critico, figlio prediletto della filosofia, ampliare l’offerta didattica negli istituti tecnici potrebbe essere un ottimo traguardo.
La storia in fondo è un altalena fra teoria e prassi, e la filosofia nel ribadire tale dialettica si fa ancella del concatenarsi degli eventi.
In ultimo, basta girare fra i banchi degli istituti tecnici e chiedere ai diretti interessati e alle dirette interessate cosa vorresti studiare? Si scopre allora che filosofia, musica, teatro e psicologia, sono tra le materie più richieste.
In una recente sperimentazione fatta in due scuole romane che ha visto protagonisti licei e tecnici, sono emersi dati notevolmente significativi al riguardo e che evidenziano quanto la scissione netta e dicotomica tra il sapere teorico e quello pratico sia una contraddizione in termine; ne parleremo a breve nell’inchiesta La scuola che vorrei” .
Al netto di ogni opinione, ritorna l’intreccio fra struttura e sovrastruttura. Roba da filosofi.