Equità per garantire l’autentica inclusione
L’inclusione a scuola sembrerebbe aver fatto passi da gigante come ben viene esemplificato dalle norme che dovrebbero garantirne l’andamento e il mantenimento.
L’ultima bandiera a difesa della disabilità viene affermata dal D.Lgs 96/2019,Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, recante: Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c) , della legge 13 luglio 2015, n. 107.
Dunque, con questo documento si esplicitano le modalità di sostegno didattico da fornire ai BES, ma anche il numero di ore di sostegno alla classe. Facciamo un passo indietro, o in avanti, dipende dai punti di vista. Cosa indica l’acronimo BES?
Bisogni educativi speciali, i bisogni educativi speciali rappresentano quelle particolari esigenze educative che possono manifestare studenti e studentesse per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali.
Tali particolari esigenze possono sorgere anche solo per determinati periodi, possono cioè essere transitori. E la scuola deve essere in grado di offrire una risposta adeguata a tutti. Benché il panorama delle nostre scuole si presenti variegato e complesso l’intervento educativo deve configurarsi sempre più in maniera mirata e personalizzata. Insomma il diritto allo studio davvero deve ri-guardare tutti.
In realtà l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit ai quali, inevitabilmente, si aggiungono problematiche di varia natura. Il che comporta la necessità di spostare il focus da una progettazione standardizzata dei saperi alla creazione di percorsi costruiti ad hoc a seconda dei bisogni di ogni singola/o discente, passando così dal concetto di uguaglianza a quello di equità.
La Dichiarazione universale dei diritti umani (1948) nell’art. 1: “tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essere uguali significa avere gli stessi diritti: di vivere, di essere rispettati, di sentirsi liberi, di esprimere il proprio pensiero, di cercare il proprio modo di sentirsi realizzato/a.
Uguaglianza non significa, però, omologazione, non significa assenza di differenze. Ecco che il concetto di uguaglianza in molti contesti lascia il passo al concetto di equità che mira a garantire a tutti le stesse opportunità tenendo conto delle particolarità e delle differenze di ognuno.
L’uguaglianza ed equità, infatti, non sono concetti sinonimi. L’uguaglianza si focalizza sul punto di partenza, ovverosia diritti e doveri. L’equità approda ad un potenziale punto di arrivo considerando le opportunità offerte dalla valorizzazione delle differenze. Con il passaggio dall’integrazione all’inclusione il paradigma è radicalmente cambiato: l’attenzione non è più incentrata sull’inserimento del/della discente con bisogni educativi speciali all’interno di un contesto precostituito al quale si deve adattare. Piuttosto, è il contesto a doversi plasmare sulle esigenze dello studente o della studentessa.
L’inclusione vale per tutti non solo per qualcuno. Le differenze che sono la norma in classe vanno conosciute e decategorizzate senza falsi buonismi. Se vengono riconosciute e valorizzate le differenze si può supportare la definizione di diversi modi di apprendere, di sviluppare competenze, di sperimentare variate modalità di partecipazione sociale.
Abbandonare la zona di confort dei propri schemi può risultare complesso. Talvolta le abitudini sono talmente sedimentate da risultare più pregnanti dell’apparato normativo…