Unioni civili. Né di più né di meno
Tutto ha avuto inizio quasi un mese fa, quando una coppia di Trieste, Davide Zotti e Claudio Bertocchi0 (nella foto al lato), dopo l’entrata in vigore dell’agognata legge sulle Unioni Civili che attendevano da 19 anni, hanno fatto richiesta allo Stato Civile del comune della loro città, di celebrazione della loro unione a fine agosto.
metà agosto hanno ricevuto l’amara notizie, che la cerimonia non si sarebbe svolta nella sala matrimoni. A comunicargliela, Maria Giovanna Ghirardi, direttore dello Stato Civile, la quale oltre a precisare l’impossibilità di celebrare la cerimonia nella sala matrimoni ha affermato che il Comune avrebbe fatto solo la registrazione dell’unione nell’ufficio in cui si formalizzano i divorzi e solo in orario di lavoro.
La coppia di Trieste si è considerata umiliata e discriminata è ha considerato il comportamento del Comune contrastante con il comma 20 della legge sull’Unioni Civili, che afferma, al fine di tutelare diritti e doveri che “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio” in tutte le altre leggi e quelle che contengono le parole “coniuge” e “coniugi” s’intendono applicate anche alle persone che si uniscono civilmente.
L’intervento del garante dei diritti della persona
Il caso della coppia Zotti e Bertocchi è finito sulla scrivania del garante dei diritti alla persona del Friuli Venezia Giulia, Walter Citti, il quale ha segnalato il comportamento del Comune di Trieste all’Ufficio antidiscriminazione di Roma.
Il garante, infatti, ha sostenuto che imporre giorni feriali e spazi angusti per la celebrazione delle Unioni Civili si configurerebbe come “un palese trattamento sfavorevole” che viola gli obblighi internazionali al rispetto del principio di parità di trattamento e contravviene al divieto di compiere discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale delle persone.
Reazioni contrariate verso la giunta triestina anche da parte della senatrice del Pd, Monica Cirinnà, prima firmataria della legge sulle Unioni Civili e dall’associazione Arci Gay nazionale.
Tuttavia il sindaco del capoluogo friulano, Roberto Dipiazza, (nella foto a sinistra), in prima battuta ha replicato alla segnalazione del garante regionale, attraverso un breve video pubblicato su Facebook, dove si è mantenuto fermo sulla sua decisione, ribadendo che nella sala matrimoni si continueranno a celebrare solo i matrimoni “ che esistono solo tra un uomo e una donna”.
Mentre per l’istituzione delle Unioni Civili, che non considera una celebrazione ma una “registrazione amministrativa” è destinata un altro ufficio messo a disposizione per le Unioni Civili”. Infine Dipiazza si è mostrato disponibile a riparlarne sono “in caso di ricorso al Tar”. Il sindaco Dipiazza, fa parte di quel gruppo di sindaci che si astengono dal celebrare le unioni civili e le delega ad altri soggetti, che possono essere il segretario generale e gli ufficiali di stato civile con delega piena.
A questo video sono continuate le polemiche e contestazioni e sembra che la giunta sia scesa a più miti consigli, decidendo di assegnare una capiente sala, la Bazlen del Civico Museo Teatrale “Carl Schmidl” e di “compiere l’atto, non appena possibile, anche di sabato ma su richiesta e a pagamento.
Un compresso non accettato dalla coppia Zotti e Bertocchi i quali hanno continuano a considerare il trattamento della giunta Dipiazza discriminatorio. “A noi interessa essere trattati come le coppie eterosessuali”, hanno dichiarato al quotidiano Il Piccolo, per aggiungere “Ribadiamo: non vogliamo soluzioni apartheid né soluzioni ghetto. Chiediamo parità di trattamento. Vogliamo essere cittadini come gli altri. Né più, né meno”.
La prima protesta eterosessuale a sostegno delle Unioni Civili
Nel frattempo un’altra coppia di Trieste Marco Bonara e Valdi D’Odorico (foto a lato), hanno sollevato la loro voce a sostegno di Zotti e Bertocchi. Anche Marco e Valdi hanno fatto richiesta per l’Unione Civile e, come è loro diritto vogliono la completa applicazione della legge, per cui la concessione della sala matrimoni e respingono la proposta di sale alternative che rappresentano, affermano, disuguaglianza e discriminazione.
Ma la protesta più singolare che potrebbe portare il caso Zotti e Bertocchi al centro dell’attenzione nazionale, viene da parte di due coniugi, sempre triestini, Laura Fragiacomo e Luciano Trani, che si sono sposati il 6 agosto 2016, proprio nella sala matrimoni del Municipio di piazza dell’Unità, la sala che si vuole negare alle unioni civili.
In una lettera in data 17 agosto 2016, indirizzata al sindaco Roberto Dipiazza e inviata per conoscenza all’Arci Gay e alla redazione del Piccolo, Laura e Luciano scrivono: “In segno di protesta per le decisioni assunte dall’amministrazione comunale di Trieste in merito al divieto di utilizzo della sala matrimoni anche per la celebrazione delle unioni civili, abbiamo deciso di restituire al Comune il testo della Costituzione e il Tricolore che recentemente ci sono stati consegnati in occasione della celebrazione del nostro matrimonio”.
Laura e Luciano, quindi decidono di “divorziare” dalla Costituzione e dalla bandiera italiana perché motivano “Crediamo che la dignità sia uno dei capisaldi della nostra Carta e ci rifiutiamo di accettarla in dono da un’amministrazione che nega l’uso della sala in questione, che di quella dignità costituisce un simbolo”.
Non comprendiamo a chi possa recare danno l’adibire quella sala anche alla celebrazione delle unioni civili, nel mentre il consentirne l’uso non avrebbe nuociuto ad alcuno; il rifiuto a noi appare ridurre il garbo, l’attenzione e il rispetto verso alcuni cittadini… “ e terminano scrivendo: “Con rammarico, quindi, restituiamo quanto ci è stato consegnato con l’augurio che in tema di celebrazione delle unioni civili questa Amministrazione possa rivedere le proprie decisioni”.
Il gesto altamente simbolico di Laura Fragiacomo e Luciano Trani è la prima protesta eterosessuale, contro l’ostruzionismo che una schiera di sindaci sta mettendo in atto contro le Unioni Civili, come aveva annunciato di fare all’indomani dell’approvazione della legge sulle Unioni Civili, avvenuta nel maggio del 2016.
Onde non cadere nel terreno scivoloso e opinabile della “mal-invocata” obiezione di coscienza, ricordiamo che il codice penale italiano condanna ogni rifiuto e l’omissione di atti d’ufficio da parte di pubblico ufficiale.
E probabilmente nessuna giustizia (amministrativa, civile o penale) può legittimare un uso esclusivo di uno spazio di celebrazione civile a seconda della natura omo-etero sessuale del legame d’amore di impegno contratto dalla coppia.