Mafie: A rischio la tenuta democratica del Paese
Le mafie forti e pericolose in tutto il territorio nazionale, “nonostante gli importanti successi dell’apparato investigativo” mettono a rischio la tenuta democratica del Paese; e ancora, il fenomeno ormai conclamato delle baby gang e il gioco d’azzardo, lucrosa attività della mala organizzata. Sono alcuni dei punti chiave di 2 documenti che si sono susseguiti nell’ambito di poche ore: il rapporto semestrale della Dia (Direzione investigativa antimafia) inviato alla Camera e la Relazione finale sull’attività della XVII legislatura della Commissione parlamentare antimafia.
La Dia: baby gang e ‘ndrangheta
La Relazione della Dia fa riferimento al semestre gennaio-luglio del 2017.
100 pagine del documento della Dia sono dedicate alle baby gang campane, così descritte: “Tanti piccoli eserciti di ragazzi sbandati, con un’età sempre più bassa, senza una vera e propria identità storico-criminale che da anonimi delinquenti si sono impadroniti del territorio con quotidiana violenza più che mai esibita”. Ragazzi, appena adolescenti che si comportano da boss “con atti di ferocia inaudita anche dovuta a una percezione d’impunità”. La criminalità organizzata campana è presentata con questa caratterizzazione. A Napoli e nella sua provincia, si registrano 2 schieramenti: da una parte i “clan strutturati” che operano in silenzio, dall’altra, nel centro della città, quella violenta, controllata dagli adolescenti. Sfiorano il numero di 90 i clan presenti sul territorio: quasi la metà dei quali attivi su Napoli e i restanti che operano nella provincia del capoluogo campano. I 2 schieramenti “interagiscono tra loro in equilibrio instabile”, in una “fluidità delle alleanze fatte solo per interessi e per il controllo dei singoli rioni o addirittura delle singole strade, che incide sulla stabilità dei rapporti tra i vari gruppi camorristici”. Per questo Napoli rimane la capitale degli omicidi che “si sono susseguiti in un continuum, effetto degli squilibri relazionali tra criminali.
Al contrario della camorra Napoletana, la ‘ndrangheta, riporta la Dia, è ormai “una realtà consolidata” in tutto il territorio nazionale, infiltrata nella pubblica amministrazione per ottenere “l’assegnazione di commesse pubbliche”, in attività imprenditoriali “sempre più elevate”, in grado “di coniugare il vecchio e il nuovo” di adattarsi ai luoghi e ai tempi”, dedita soprattutto al riciclaggio di denaro e al traffico di stupefacenti su scala internazionale. Vanta “autorevolezza e affidabilità nei contesti illegali e riesce a espandersi grazie ad una fitta rete collusiva”.
Presente su tutto il territorio nazionale, il rapporto della Dia mostra “il crocevia di rapporti e alleanze, in cui converge l’influenza di cosa nostra palermitana, catanese e la ‘ndrangheta”.
La Relazione della Commissione parlamentare: a rischio la tenuta democratica del Paese
La Relazione della Commissione parlamentare, presieduta da Rosy Bindi (nella foto a lato) composta da 500 pagine, passa in rassegna le 4 mafie storiche – cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona unita – e le nuove mafie autoctone.
Le mafie, si legge nella Relazione, sono pervasive e hanno messo radici nella politica e nella società: mafie che uccidono meno di un tempo perché “evolute nel sistema corruttivo e collusivo, con ampie reti di relazione con i settori delle professioni e della pubblica amministrazione”. Un potere criminale che pur “non rinunciando all’esercizio della violenza, quando è necessaria, s’impone facendo leva sulle complicità e i troppi varchi del sistema legale, che si registrano in troppi ambiti della vita pubblica e civile, costituendo un serio rischio per la tenuta democratica del Paese”.
Infiltrate nell’economia legale, nella finanza, nella sanità, nel gioco d’azzardo – “redditizia frontiera degli affari criminali” – e nelle immigrazioni, le mafie dimostrano le “loro capacità di sfruttare le fragilità sociali e le nuove emergenze”.
La Relazione, non senza criticare il sistema di contrasto, indica gli ambiti dove è necessario elevare il livello di attenzione e, soprattutto di prevenzione. Denota l’importanza della cultura, della formazione e della promozione di una maggiore coscienza civile: “la necessità di sviluppare una nuova cultura dell’antimafia” e propone “linee d’intervento a livello organizzativo e legislativo affinché il contrasto alle mafie diventi pratica costante delle istituzioni italiane e impegno consapevole della comunità nazionale”.