Quando i bambini italiani vivevano nascosti
Chiamami sottovoce il romanzo appena uscito della scrittrice Nicoletta Bortolotti , prende lo spunto da un recente spaccato della storia italiana ancora poco noto: i 15mila bambini italiani che tra gli anni ’70 e ’80 del Novecento hanno vissuto da clandestini in Svizzera.
Non si riferisce, dunque, alle grandi ondate migratorie italiane che hanno caratterizzato la fine dell’Ottocento e la prima metà del secolo successivo, generazioni spinte nel mondo a causa della povertà nazionale, ma agli anni in cui l’Italia affermava nel mondo il Made in Italy, simbolo di qualità, stile, lusso e, soprattutto della bonne vie, prossima a essere inclusa nella lista dei Paesi più ricchi e industrializzati del mondo. Come accadrà nel 1987, quando la Penisola venne dichiarata la 6° potenza economica del globo.
15mila bambini, dicevamo (ma c’è chi stima che siano stati almeno il doppio), che in quegli anni varcarono il confine tra l’Italia e la Svizzera, spesso chiusi nel portabagagli delle automobili, per poi vivere nascosti nella nazione elvetica. Con la raccomandazione dei genitori, terrorizzati dalle denuncie dei vicini di “non parlare, non fare rumore, non ridere e non piangere”, senza poter giocare, né andare a scuola. Chiusi nelle soffitte, nelle stanze di affittacamere solidali con i genitori, i quali erano lavoratori stagionali con un permesso di soggiorno di 9 mesi, senza il diritto al ricongiungimento familiare. Per questo i figli entravano e vivevano di nascosto in Svizzera. Altrimenti sarebbero dovuti rimanere in Italia affidati ai parenti o sarebbero finiti negli orfanatrofi al confine e diventare orfani di frontiera alla Casa del Fanciullo di Domodossola, com’è accaduto ad alcuni minori proprio per le delazioni di alcuni vicini di casa.
L’unico aiuto proveniva dell’Ambasciata e dei consolati italiani che, attraverso le parrocchie e i volontari, organizzarono scuole clandestine. Mentre la Svizzera, ufficialmente, faceva finta di non vedere e le organizzazioni per i diritti dell’infanzia iniziarono a occuparsene soltanto alla fine degli anni ’80, impegnandosi per l’abolizione dello statuto che regolava il lavoro stagionale.
In quegli anni i lavoratori italiani in Svizzera erano il 54% degli stranieri. La maggior parte, impiegata nella costruzione della galleria stradale del valico del San Gottardo.
Nicoletta Bortolotti, di nazionalità svizzera ma cresciuta in Italia, a San Gottardo, da piccola, trascorreva le vacanze; ma come i suoi genitori, è venuta a conoscenza del fenomeno dei bambini nascosti dal libro Versteckte Kinder, inchiesta condotta e scritta a 4 mani dalla psicoterapeuta Marina Frigerio e dalla studiosa Simone Burgherr nel 1992, ma giunto in Italia con il titolo Bambini proibiti soltanto una decina di anni fa.
Così come soltanto nel 2009 il Festival di Locarno ripropose il film di finzione Lo Stagionale (un frame nella foto a lato), girato in Super 8, nel 1971, da Alvaro Bizzarri, operaio emigrato in Svizzera vent’anni prima, che dedicò al dramma dei bambini nascosti altri mediometraggi in 16mm, che all’epoca furono proiettati nelle associazioni di migranti.
Come ha potuto un fenomeno così grande e geograficamente così vicino rimanere sottotraccia per così tanto tempo? Per la “diffusa volontà di rimozione” come ha raccontato Marina Frigerio in una vecchia intervista e come ribadisce oggi Nicoletta Bortolotti. Una volontà determinata da varie ragioni: a partire dalla comunità italiana, come sostiene Frigerio, che ha sempre preferito tacere per proteggere i connazionali clandestini; a seguire da una sorta di senso di colpa, come asserisce Bortolotti, nel raccontare l’infanzia negata e l’emigrazione per ottenere un futuro migliore.
Nel 1970 il politico svizzero James Schwarzenbach indisse un referendum contro gli immigrati. “Sono braccia morte che pesano sulle nostre spalle. Che minacciano nello spettro di una congiuntura, lo stesso benessere dei cittadini (elvetici ndr). Dobbiamo liberarci del fardello”. Ma gli stranieri non erano un fardello, servivano all’economia, lo stesso Schwarzenbach non proponeva l’espulsione ma la loro riduzione al 10% della popolazione e perse, anche se per poco, il referendum: poco più della metà degli svizzeri votarono no all’espulsione. Il referendum venne poi riproposto nel 1974 e nel 1977, respinti entrambi.
Lo Statuto del lavoro stagionale che ha disciplinato la politica migratoria elvetica fin dagli anni ’30 del Novecento è decaduto nel 2002.
Foto: copertina del libro Chiamami sottovoce di Nicoletta Bortolotti, ed. Harper-Collins