Abbazia di San Fruttuoso. Un luogo del cuore
Quello che la penna non può descrivere è il silenzio. Non il silenzio che fa paura, anzi quello è fatto talvolta di rumori sordi e profondi, ma quel silenzio lieve quale il vento, le foglie che cadono o una goccia che scende nell’acqua. Così, più di ogni altra sensazione resta facile e comprensibile il silenzio della nostra pace interiore. La pace di un mattino avvolto ancora nel riverbero dell’ultima lampadina rimasta accesa dalla notte, la freschezza del nuovo giorno che punge l’aria tersa di un’alba tra le poche case nascoste tra mare e cielo.
Il primo sole che illumina le foglie degli ulivi e gli snelli ed alti pini che si affacciano sul davanzale del piccolo borgo. Una porta che si apre, il negozietto che si anima. Qualcuno è già in piedi ed attende l’arrivo delle prime barche. La spiaggetta, unico approdo tra un intervallo di scogli, è presidiata dal pescatore che porta le sue ceste ricolme di pesce ancora vivo.
E lì, situata tra le frastagliate rocce liguri, servita da linee marittime e sentierucoli scoscesi a perpendicolo lungo le falde del promontorio di Portofino, ecco apparire l’Abbazia di S.Fruttuoso, a Camogli (Ge), un bene donato al Fai (Fondo Ambiente Italiano) dalla famiglia Doria Pamphilij .
Chi vi arriva non può fare a meno di abbandonarsi alla ricerca di un tesoro, cedere a questa specie di invito, salire attraverso macchie di lecci e verdi agrifogli, e far così finta di giocare a questa ricerca.Naturalmente tuttò ciò altro non è che un pensiero di favola e come tale sei disposto a farne parte in prima persona. Ma non ci sono tesori nascosti, c’è molto di più.
Nella piccola chiesetta, dipinta esteriormente a righe bianche e grigie come molti santuari liguri, vi sono quadretti di ogni dimensione con cornici e tele umide di salnitro, testimonianze cui il tempo ha dato un linguaggio proprio. Sono ex voto, cose modeste, consumate un poco dagli anni che sotto l’incalzare di escursioni turistiche hanno forse perduto un proprio valore ma che racchiudono dentro tante espressioni umane, tali da farti rabbrividire. Votum fecit, Gratiam accepit.
Sono dipinti elementari ove la Vergine è assisa al centro, nel cielo, a proteggere una barca di pescatori travolta da onde altissime od altri ove il patrono S.Fruttuoso riesce a salvare una nave prima che possa infrangersi sugli scogli. I colori di queste tele sono un po’ approssimativi, ma le acque rabbiose del mare fanno rivivere sempre racconti di grande fede, al di là del naturale.
L’accostamento con la pittura naif è d’obbligo. Non si può non avvertire in quest’arte elementare e semplice un retroterra di quell’espressione fascinosa che ebbe successo sul mercato alcuni anni fa. Ma gli autori di questi piccoli quadri, siano essi marinai o semplici donne, hanno posto una tal cura nei particolari da far una valida contrapposizione anche ai pittori moderni.
In un angolo della chiesa, a terra, vi sono segni di un’altra angosciosa realtà: strumenti ortopedici e stampelle, qualche foto ingiallita poggiata sull’inginocchiatoio, ove predominano molte incisioni con date e nomi e che nonostante siano quasi cancellate senti essere state sicuramente invocazioni e preghiere alla Vergine ed al S.Patrono.
Un chiarore improvviso, taglia dal basso verso l’alto il buio della cappella e dal finestrone di destra prendi possesso di una scena singolare. Una rete con i suoi stretti nodi messa a raggiera tra un remo ed uno scalmo, lucenti sassolini, compagni di conchiglie rosate sono sparsi sul pavimento e con essi, ami da pesca, ancore, ippocampi e stelle marine arrampicate sui muri scrostati dal salino, sono tutto ciò che conservi nella mente.
E S.Fruttuoso con il suo mare, con la sua semplice vita di eremo “ prende” completamente il cuore.
Si fa sera, il battello sta per lasciare il pontile, il rumore del motore provoca in te un lieve fastidio perchè sciupa quel silenzio che ti aveva accompagnato fino a quel momento. Vedi allontanarsi la torre nolare, e la costruzione benedettina con le sue trifore occhieggianti con l’approssimarsi del tramonto, è un distacco che non vorresti avvenisse mai.
Dostoevskij disse che la bellezza salverà il mondo, ma in questo momento è più giusto dire che deve essere il mondo e l’uomo stesso a salvare la bellezza di questo pezzo di paradiso che la natura ci ha regalato nella sua grande generosità.
Un luogo del “cuore” unico, perchè lì l’opera dell’uomo è integrata con la bellezza della natura.