La mappa globale per prevenire i conflitti per mancanza idrica

L’acqua copre il 70% della superficie terrestre ma soltanto l’1% del 2,5% d’acqua dolce è destinata al consumo umano.  Una disponibilità esigua, per di più soggetta alle conseguenze dei cambiamenti climatici, che incidono, ci spiega il Fondo Ambiente (FAI) sia “sui fattori climatici primari ossia la temperatura e l’umidità, sia su quelli secondari come l’evaporazione” che compromettono l’intero ciclo dell’acqua.

A oggi sono più di 4 miliardi (su una popolazione complessiva di circa 8 miliardi) le persone al mondo che vivono in condizioni di scarsità d’acqua per almeno un mese l’anno; 500 milioni vivono in zone, dove il consumo dell’acqua è doppio rispetto alla quantità che si accumula con le precipitazioni; infine 1,8 miliardi vivono in zone colpite dalla siccità per almeno 6 mesi l’anno.  Le falde acquifere sembrano avviarsi verso il degrado definitivo, mettendo a rischio intere popolazioni e potenziando il rischio di conflitti.

Lo studio olandese

I dati menzionati provengono dall’analisi compiuta nello studio dell’Università di Twente (Olanda), il primo ad analizzare la scarsità d’acqua mondiale su base mensile, vagliando i dati raccolti dal 1996 al 2005. Lo studio, pubblicato nel 2016 sulla rivista Science, ha rilevato una crisi idrica peggiore del previsto, indicando come zone particolarmente a rischio l’India, la Cina, l’Australia, il Centro-Ovest degli Usa, il Pakistan, l’Iran, il Messico, l’Arabia Saudita, lo Yemen.

Nel frattempo a vivere direttamente l’esperienza della scarsità idrica sono stati gli abitanti delle città di San Paolo (Brasile), Chennai (India) e Cape Town (Sud Africa). Mentre la Banca Mondiale ha già registrato almeno 507 atti violenti compiuti per il controllo delle risorse idriche.

La mappa globale per prevenire i conflitti per mancanza idrica

Per cercare di prevenire il divampare della violenza potenziale per il controllo dell’acqua, i ricercatori della Water, Peace and Security Partnership (WPS)*, hanno creato una mappa globale che, costantemente aggiornata, indica con circa 12 mesi di anticipo, le zone dove potrebbero sorgere i conflitti per mancanza idrica.  Presentata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2018, la mappa è ora consultabile on line  al link: waterpeacesecurity.org/map.

Il sito dell’Università di Padova (unipd.it, articolo a firma di Riccardo Trentin) spiega il funzionamento della mappa.   Attraverso le immagini satellitari “gli scienziati riescono a misurare l’umidità che traspira dalle colture agricole sparse nel mondo, per avere un’idea riguardo al loro stato di salute. Laddove lo stato delle colture va peggiorando, il fattore rischio per l’insorgere di un conflitto aumenta”.  Per completare il quadro, l’analisi  dei dati satellitari è poi abbinata a quelli tradizionalmente rilevati per la previsione dei conflitti, ossia ai fattori sociali e demografici, economici, politici.

Ma, raccomanda unipd, consultando la mappa va tenuto conto che trattandosi di un modello, il vaglio dei dati e il tracciato geopolitico conseguente rappresentano una realtà semplificata. Gli stessi autori della mappa hanno tenuto a precisare che hanno impostato i parametri in modo da “ottenere una previsione della presenza del conflitto piuttosto che prevederne erroneamente l’assenza“. Quindi il modello potrebbe “sopravvalutare la probabilità che un conflitto insorga”, ma posto che lo scopo della mappa è la previsione per la prevenzione, la scelta degli autori della mappa ci sembra più che saggia.  Il limite, invece, è che al momento il modello non dispone di dati per alcune aree del pianeta (unipd.it segnala come zona a rischio, ma con scarse informazioni, il Pamir nell’Asia Centrale), ma immaginiamo che con il trascorrere del tempo si riesca a coprire l’intero mondo.

Le aree a rischio

A oggi la mappa segnala come aree più a rischio di potenziali conflitti circa 2mila distretti amministrativi nel sud del mondo, tra cui a Bassora (Iraq), Khorramshahr e Abadan (Iran),  parti del Mali, Nigeria, India e Pakistan.

La siccità rappresenta una minaccia per la già fragile pace tra Iraq e Iran. Spiega unipd.it:“L’Iraq sta affrontando da alcuni anni continue siccità legate alla costruzione di grandi dighe in Turchia  e in Iran che limitano il regime d’acqua del Tigri e dell’Eufrate. Bassora, la seconda città dell’Iraq, una volta soprannominata la Venezia del Medio Oriente  per la sua ricca rete di canali, soffre ora della mancanza di acqua potabile. Il sale filtrato nella riserva idrica cittadina ha reso l’acqua imbevibile e per questo migliaia di persone sono state ricoverate in ospedale. Il settore agricolo iracheno lamenta inoltre la mancanza di fondi allo sviluppo delle infrastrutture agricole. Nel vicino Iran, la cattiva gestione delle risorse idriche, la siccità e i cambiamenti climatici hanno esasperato la carenza idrica al punto che il lago Urmia, considerato riserva della biosfera dall’UNESCO, si è ridotto a meno del 20% delle sue dimensioni originali“.

La siccità come possibile co-fattore della guerra in Siria?

Estremamente interessante, infine, la considerazione di unipd.it. Nel 2006, riporta il sito, in Siria si registrò una severa siccità che provocò la morte dell’85% del bestiame e distrusse le colture del paese, costringendo migliaia di agricoltori e allevatori a emigrare nelle città. I ricercatori della NASA e dell’Università dell’Arizona, attraverso lo studio degli anelli degli alberi “un metodo affidabile per misurare le precipitazioni passate, hanno scoperto che probabilmente la siccità siriana è stata la peggiore negli ultimi 900 anni“. Fatto stà che si stima che circa “1,5 milioni di persone” dalle campagne si sono trasferite nelle città dove “hanno creato disordini sociali che, a loro volta, hanno esacerbato la guerra civile” iniziata nel 2011 e ancora non conclusa.

“Non è chiaro – conclude Riccardo Trentin – se la mancanza idrica sia stata una ragione sufficiente per scatenare una guerra. Potrebbe essere solo uno dei molteplici fattori che, sommandosi, generano pericolose escalation di violenza. Tuttavia nel caso del conflitto siriano gli analisti politici hanno largamente sottovalutato gli effetti disastrosi della siccità del 2006“.

 

 

Nota: *Water, Peace and Security (WPS) è una collaborazione globale tra il Ministero degli Affari Esteri olandese e un consorzio di sei partner: Deltares, IHE Delft, International Alert, The Hague Center for Strategic Studies, Wetlands International e World Resources Institute. Punta a formare una rete aperta per riunire conoscenze, capacità e attività di azione preventiva sui conflitto,  migrazione o altre forme di destabilizzazione sociale indotte dallo stress idrico.  Il consorzio collabora con un numero crescente di altre istituzioni, tra cui Oregon State University, Pacific Institute e New America. Pubblica i suoi aggiornamenti sulla propria pagina Twitter, all’indirizzo: @WaterPeaceSec

 

 

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