Epilessia. Individuati i meccanismi che la rendono cronica
Uno studio clinico multicentrico ha permesso di individuare i fattori che rendono l’epilessia cronica. Imputati una serie di meccanismi che in seguito a un attacco autoimmunitario del cervello portano allo sviluppo della malattia.
Aver riconosciuto tali meccanismi potrebbe contribuire alla realizzazione di farmaci idonei non soltanto a bloccare le crisi epilettiche nella fase acuta della malattia, ma anche a impedirne il successivo sviluppo sventando quindi il pericolo della cronicità tanto difficile da trattare.
La ricerca, coordinata dall’IRCCS San Martino di Genova in collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Salesi di Ancona e con il patrocinio della Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE), ha coinvolto 34 centri in tutta Italia e 263 pazienti sia pediatrici che adulti (dai 4 agli 86 anni), colpiti da encefalite autoimmune, seguiti nell’arco di 10 anni.
I risultati, recentemente pubblicati sulla rivista sulla rivista Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, come dicevamo, hanno consentito di individuare diversi fattori di rischio e biomarcatori che predicono la probabilità di cronicizzazione delle crisi epilettiche, quando sono secondarie a un attacco autoimmunitario del cervello.
Spiega il dottor Flavio Villani direttore direttore dell’Unità di Neurofisiopatologia del Policlinico San Martino e coordinatore del progetto “Questa ricerca, unica per il numero dei pazienti coinvolti, la grande mole di dati raccolti e per la lunga durata del follow up, mostra che le crisi epilettiche diventano croniche nel 44% dei pazienti con encefalite autoimmune, ma che in 6 casi su 10 ciò si associa all’assenza di specifici anticorpi ‘anti-neuronali’, diretti cioè contro le cellule cerebrali.
“In questo sottogruppo di pazienti – prosegue il dottor Villani – oltre all’assenza di anticorpi, possono considerarsi fattori predittivi di un’epilessia che si trasforma in malattia cronica anche la resistenza delle crisi alle terapie nonostante l’assunzione di un elevato numero di farmaci anticrisi e l’inefficacia dell’immunoterapia durante la fase acuta”. Anche un inizio tardivo dell’immunoterapia, oltre 3 mesi dall’esordio della malattia, è collegato a crisi epilettiche durature nel tempo.
“Identificare quali elementi predispongono i pazienti al rischio e quali biomarcatori predicono la conversione di crisi epilettiche da acute a croniche può aiutare a prevedere lo sviluppo di epilessia cronica prima che questa si sia consolidata in maniera irreversibile” conclude Villani sottolineando soprattutto il “contributo allo sviluppo di nuovi trattamenti” e a “cucire addosso al paziente una terapia possa modificarne la storia naturale, bloccando alla base i complessi processi che provocano l’epilessia, impedendone così la comparsa”.