“Seguimos hablando”. Il software deepfake a servizio dell’intelligenza artificiale etica
“Signor Presidente Obrador, sono Javier Valdez, giornalista e scrittore. Il 15 maggio 2017 sono stato assassinato per ordine di qualcuno a cui non piaceva quello che pubblicavo. Ma eccomi qui, come può vedere, per parlarle”.
“Non ho paura perché non possono uccidermi due volte. Questo è il motivo per cui vengo a parlare per le centinaia di giornalisti assassinati, scomparsi, per aver condotto un giornalismo investigativo etico, che ha messo a nudo le viscere del potere corrotto e della criminalità organizzata in Messico. Prodotto dell’indifferenza se non della complicità, di vari governatori e funzionari statali e federali”.
Con queste parole inizia il video diffuso da Propuesta Cívica (organizzazione messicana che fornisce supporto ai giornalisti a rischio e alle loro famiglie), dove appare Javier Valdez redivivo appellarsi all’attuale presidente del Messico.
L’immagine e la voce del giornalista sono state ricreate dal software Deepfake. Si tratta di una tecnica d’intelligenza artificiale – spiegano gli esperti – che “combina e sovrappone immagini e video esistenti con video e/o immagini originali, tramite una tecnica di apprendimento automatico”.
Una tecnica manipolatrice, quindi ambivalente: odiosamente usata per creare fake news, truffe e crimini di varia natura compreso il revenge porn o, come in questo caso, posta al servizio dei diritti umani e della libertà di conoscere e diffondere la verità.
Il video, infatti, è stato presentato da Propuesta Cívica – nell’ambito della sua campagna #SeguimosHablando, lo scorso 2 novembre, in occasione della Giornata mondiale per mettere fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti.
Già nel 2019, per la stessa circostanza, l’organizzazione aveva fatto ricorso alla tecnologia riattivando gli account Twitter di 4 giornalisti assassinati che per una settimana hanno ‘ri-scritto’ sugli argomenti per i quali sono stati uccisi; un’operazione di grande impatto sociale e che ha ottenuto consenso e premi internazionali.
Per la campagna 2020 il progetto di ‘ridare vita’ a Javier Valdez è stato sviluppato con l’approvazione e la supervisione della famiglia del giornalista, che ha fornito informazioni e dati personali, per ricreare con esattezza le parole del giornalista ucciso che chiede all’attuale presidente del Messico: “Potrebbe essere che il suo governo di trasformazione avrà la volontà politica di chiarire questi crimini e punire i veri responsabili? Oggi ha l’opportunità di differenziarsi dai suoi predecessori e apportare un vero cambiamento, per darci giustizia. Un paese senza verità è un paese senza democrazia. Anche se vogliono farci stare zitti, noi continuiamo a parlare”.
La relazione 2020 di Reporter Senza Frontiere
Nel 2020 il Messico rimane il Paese più pericoloso per i giornalisti che indagano sui legami tra i cartelli della droga e la politica. Lo conferma l’ONG Reporter Senza Frontiere (RSF) nella sua annuale relazione sulle condizioni del giornalismo nel mondo, pubblicata il 29 dicembre. Il Paese dell’America centrale è seguito da Iraq, Afghanistan, India e Pakistan.
Complessivamente sono 50 i giornalisti uccisi per il loro lavoro, la maggior parte in paesi pacifici mentre coprivano proteste o manifestazione e quasi 400 imprigionati. Centinaia gli operatori dell’informazione deceduti per il Covid-19, sebbene non sia possibile quanti fra loro siano stati infettati a causa del lavoro.
La triste novità riguarda l’esecuzione di Ruhollah Zam in Iran, avvenuta lo scorso 12 dicembre; secondo Rsf si tratta della prima condanna a morte di un operatore dei media in 30 anni.
L’ONG – che in 10 anni ha registrato l’assassinio sul lavoro di 937 giornalisti – ha rilevato la riduzione del “numero di giornalisti uccisi nei campi di guerra”, ma l’aumento degli omicidi nei cosiddetti paesi pacifici, una tendenza iniziata nel 2016.
Immagini: 1 -2) Messico. In alto l’immagine del giornalista Javier Valdez, ucciso nel 2017, ricreata insieme alla sua voce attraverso la tecnica di Deepfake per la campagna #seguimoshablando 2020 (foto in basso) di Propuesta Cívica, l’organizzazione che fornisce supporto ai giornalisti a rischio e alle loro famiglie; 3 Ruhollah Zam, giornalista giustiziato in Iran il 12 dicembre 2020. Secondo RSF, la prima condanna in 30 anni (photo by Getty Images)