Crowdbooks. Il libro fuori dal cassetto
Come abbiamo visto nella presentazione del libro Punte di fuga, Crowdbooks è una piattaforma editoriale, che aiuta gli autori e le autrici a presentare il proprio progetto editoriale illustrato (per la maggior parte sono libri di fotografie) e a ottenere i finanziamenti per la pubblicazione.
Una comunità che ad oggi conta oltre 10mila persone con una visione molto più ampia.
Ma come è nata l’idea e, soprattutto, perché. Abbiamo avuto il piacere di incontrare l’ideatore di Crowdbooks, Stefano Bianchi, fotografo, grafico e art director, cittadino d’Europa.
Come è giunto a concepire Crowdbooks, una casa editrice del Terzo Millennio che apre nuovi scenari e illumina le possibilità del mercato librario?
Crowdbooks nasce da un’esigenza personale e professionale. Come grafico e art director, a contatto con agenzie fotografiche e case editrici sono abituato a collaborare nella realizzazione di progetti editoriali, ma può capitare che per un insieme di variabili il progetto si attenui, fino a svanire. Gli editori rinunciano e il libro rimane nel cassetto. Così ho pensato a uno spazio che mi desse l’opportunità di portare avanti i progetti, investendo sia personalmente che con il supporto di finanziamenti esterni, partendo sempre da un rapporto reale con la potenziale audience.
Che intende esattamente? Come si può saggiare il gusto del pubblico, capire quello che si aspetta da un’offerta editoriale?
Dato il sovraffollamento di prodotti nuovi è articolato riuscire a districarsi, ma se si riesce a mostrare un’audience interessata la filiera si risveglia. Personalmente, non ho puntato sulla notorietà, bensì sulla focalizzazione di autori emergenti in un campo specifico, quello della fotografia. Uno ‘strumento’ fondamentale è la prevendita. Si raccolgono le prevendite (azione non certo innovativa, dato che esistevano già nell’Ottocento) che rappresenta l’interesse reale verso un prodotto editoriale.
Può spiegarmi come funziona la prevendita e il ruolo che riveste in un progetto editoriale?
La prevendita si articola attraverso la messa online di fotografie, estratti e sinossi del libro in potenza. A me, come editore. serve per capire se un argomento interessa. La prevendita permette di realizzare le spese di pubblicazione. Per me è importante creare un progetto editoriale che susciti un reale interesse. Non posso determinare l’interesse di un libro, lo scopro insieme al pubblico, alle persone che frequento. Il criterio, come accennavo prima, è quello di non scegliere libri comuni. Mi piace e ci piace rischiare e dare voci a progetti che meritano essere pubblicati sia a livello nazionale che internazionale. La nostra ambizione è guardare oltre confine e dentro ogni confine.
Attualmente quante sono le risorse che si occupano di Crowdbooks?
Ci sono 3 persone fisse. Ci consideriamo ancora una start up. Quello che per me differenzia una start up da un’azienda è che la start up sta ancora cercando il proprio modello di business. Lo stiamo ancora sperimentando. Al momento ci comportiamo come editori ‘classici’, seguiamo e curiamo l’autore/autrice in ogni fase del libro, dall’editing, alla promozione, alla distribuzione. La concorrenza con i grandi player è da un certo punto di vista improba, ma concentrandosi sulle nicchie di interessi e con una attenta cura del libro, è possibile avviarsi verso un buon posizionamento sul mercato.
Come sceglie gli autori? Immagino che riceviate un numero elevato di richieste. Quali sono i criteri che tiene in considerazione?
Mi soffermo su dei quesiti/questioni per me fondamentali quali: perché si vuole pubblicare il libro, perché si è scelta questa strada e non un’altra (mi riferisco alla nostra casa editrice). Inoltre è importante capire l’ atteggiamento dell’autore nei confronti dell’iter progettuale, se intravedo noncuranza o scarsa intraprendenza è difficile portare avanti il rapporto.
Quali sono i fattori che la colpiscono di più in un autore/autrice?
La profondità della prestazione di un progetto; un’attenta cura della presentazione. La promozione del libro, per esempio, non è un’attività che la casa editrice può svolgere senza la collaborazione dell’autore. Se quest’ultimo non si impegna in prima persona, decade il progetto. Poi, ovviamente, l’aspetto estetico, poetico, che è la parte più semplice da valutare.
Lei è fotografo, grafico e art director, quindi possiede le competenze necessarie per comprendere e seguire progetti editoriali sul mondo della fotografia. Come si è svolto il suo percorso?
Ho studiato in un liceo scientifico sperimentale con indirizzo artistico. Quindi mi iscrissi all’Isia (Istituto Superiore per le industrie artistiche) di Urbino e poi, come dico sempre, l’Erasmus mi salvò la vita, andai in Germania, in una città vicino Monaco. Rimasi lì per un lungo periodo, iniziando a lavorare come grafico. Tornato in Italia ho lavorato per Diesel e collaborato con Fabrica, centro di ricerca sulla comunicazione. Successivamente sono partito per Parigi e, dopo 20 anni, sono ancora lì. Possiamo dire che mi divido tra Italia e Francia.
Che cosa la trattiene a Parigi, rispetto all’Italia?
Direi il loro approccio al lavoro; si respira e si vive una deontologia del lavoro più profonda e strutturata. In Italia se si dice: “Sono un grafico”, ti dicono, “Ah un artista”. Inoltre si ha un potere di spesa maggiore e una mentalità più aperta a ricevere nuove proposte. In Italia se si manda un’email, è raro ricevere una risposta.
Consiglierebbe la professione di grafico a un/una giovane?
Sì, certo, per me è il lavoro più bello del mondo, ma è bene essere consapevoli che si tratta di un mondo che necessita di molta intraprendenza, senso di autonomia, bisogna essere in grado di affrontarlo con determinazione. Alzare il telefono e non desistere.
Infine, potrebbe darci una definizione di editore?
Un curatore. Deve avere un occhio che permette di veicolare contenuti freschi, fruibili per un pubblico che non li conosce. La sua missione è quella di rendere noto a persone che non sono appassionate di fotografie, nuove forme di arte. Sviscera tematiche e fa interessare le persone.