Docenti di ieri e di oggi. Un mestiere in continua evoluzione

Si apre il nuovo anno scolastico, segno dell’imminente fine dell’estate. Un termine che il maltempo, più o meno, contribuisce ad evidenziare.

Dunque, il mondo degli insegnanti è chiamato di nuovo a prendere posto nella complessa filiera educativa affrontando un lungo anno durante il quale avranno luogo programmazioni, incontri, vecchi e nuovi scontri, norme e proposte di legge.

Un mondo articolato in cui il e la docente, professionisti dell’educazione, sono chiamati a svolgere un compito intriso di inevitabili contraddizioni che rendono questo antico mestiere sempre in ridefinizione continua.

In primis, un o una buona docente sa di dover formare e in-formare coscienze. Al di là della materia insegnata, il corpo insegnate ha un compito etico innegabile: far comprendere le dinamiche sociali, spiegare e di-spiegare la quotidianità; trovare insieme ai suoi discenti il senso di questo mondo. Perché ogni disciplina ha un afflato etico, disciplina il sapere, inteso come ricerca disinteressata della verità.

Se la scuola deve sempre più assumere i toni di maestra di vita, come può un o una insegnante conciliare ideali quali la libertà, il rispetto, l’uguaglianza con gli innumerevoli fatti odierni che negano questo complesso sistema di valori?
Ebbene, come invitare gli e le adolescenti alla riflessione, al senso critico dovendo inevitabilmente guardare alle brutture di questo mondo? Basta ripercorrere le cronache estive per ritrovare gravi fratture di civiltà che rendono infermo il nostro paese, rinsaldando vecchie ideologie. Qualcuno potrebbe obbiettare che il male è un fatto antropologico come dimostrerebbe la storia. Eppure, non molto tempo fa, il presente appariva una conquista, edificata sulle macerie del passato ormai sepolte, almeno in apparenza. Memorie dal sottosuolo!

Di contro, le macerie di oggi hanno il sapore inconfondibile dell’opulenza di pochi contro la crescente miseria umana. E l’ impoverimento degli animi purtroppo non dà concessioni. Sicchè il corpo docente sembrerebbe naufragare nel mare magnum di una eventualità che non ha paura di guardare indietro. Si parla tanto di cittadinanza attiva, ma come avviare un’educazione civica se la violenza sembra ormai un atto dovuto? Addirittura oltre e al di sopra della legge.

L’indignazione da sola non basta, per questo l’istruzione dovrebbe costituirsi come sistema coerente. Nel momento che la scuola ha deciso di guardare fuori, aprendosi al mondo (e l’alternanza ne è un esmpio eclatante) deve anche imparare a negoziare tanto con l’esterno quanto con l’interno. Di certo nelle aule dimorano ragazzi e ragazze che hanno idee e convinzioni proprie, talvolta non scevre da pregiudizi e falsi miti. Così fra i banchi di scuola spesso convive una tolleranza estrema, tacciata in ogni dove di buonismo, con forme estreme di razzismo e discriminazioni di genere. Evidentemente non esiste una uniformità di pensiero, il che forse non è un male.

Quindi fra le tante competenze proprie del mestiere di insegnante si annovera la capacità di animare le differenze attraverso una dialettica logica e dialogica. La classe dovrebbe costituirsi come circolo virtuoso di senso, un nucleo aperto dove gli e le docenti accolgono per primi le dicotomie immanenti all’essere umano che con-vive con il proprio tempo.

La scuola dovrebbe essere un luogo d’apprendimento, una comunità che comprende dettami del passato e con lucidità guarda alle categorie del presente. Un buon sistema educativo segue le norme di reciprocità che mettono in rete insegnanti di diverse discipline, discenti, genitori, professionisti senza creare barriere, senza individuare potenziali nemici. Infondo, insegnare la tolleranza e il rispetto delle differenze, di genere, di razza, cognitive ed emotive,  si può ancora fare.

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