I civili di Roma città aperta

“La condotta di guerra delle forze ucraine ha messo in pericolo la popolazione civile” recitata il titolo del resoconto che Amnesty International ha appena pubblicato sul proprio sito, sull’ indagine compiuta nei mesi scorsi in quel luogo di guerra, fonte di opinioni, dibattiti e polemiche contrastanti.

Polemiche dalle quali ci teniamo a distanza. Quello che invece suddetto rapporto evoca, per una questione di coincidenza di date, e della ricaduta brutale che subì il territorio italiano e, quindi, la sua popolazione, durante la Seconda guerra mondiale, i bombardamenti  del ’43 su Roma, città aperta.

Famosi i tragici bombardamenti su Roma realizzati dalle cosiddette forze alleate cioè da quelle truppe anglo-americane che poi vincendo la Seconda guerra mondiale ci avrebbero restituito, avrebbero restituito all’Europa occidentale la libertà e la democrazia, dopo la furia dispotica nazi-fascista.

I maggiori bombardamenti realizzati su Roma furono quelli del 19 luglio e del 13 agosto 1943. Il primo che già da allora si era progettato come chirurgico, ossia doveva far saltare la linea ferroviari per fermare i tedeschi, provocò effetti collaterali: colpì soprattutto il vicino quartiere San Lorenzo, insieme al Labicano, Tiburtino, Prenestino, Tuscolano. Ingenti furono le devastazioni e le perdite umane: i numeri sono discordanti ma concordi nell’indicare le “migliaia di morti” e le “decine di magliaia” di feriti.

A metà mattinata del 13 agosto 1943 avvenne il secondo bombardamento; a comandarlo come il primo il generale James Doolittle con l’obiettivo, ancora una volta, di far saltare i nodi ferroviari. Ma non vennero risparmiati i quartieri limitrofi e, quindi, i civili, le loro abitazioni. Altri vittime, altre devastazioni, un numero di sfollati sempre più grande.

Il 14 agosto il Governo Badoglio dichiarò Roma città aperta ma i tedeschi continuarono a considerarla un luogo militare come un altro e i bombardamenti degli Alleati continuarono e furono 51 fino al 4 giugno 1944 quando entrarono nella città e la liberarono.

Il bombardamento del 19 luglio è considerato “verosimilmente un acceleratore” della caduta di Benito Mussolini che sarà sfiduciato dal Gran Consiglio il successivo 25 luglio: l’inizio di una lunga fine.  Ma alle autorità che in entrambi i casi accorsero per portare il proprio conforto alla popolazione, come il papa Pio XII o Maria José di Savoia, futura regina d’Italia,  fu rivolta una sola richiesta “Pace”.

Il 1944 fu ancora più feroce. Il 24 marzo venne compiuto l’eccidio della Fosse Ardeatine che vide l’uccisione di 335 fra civili, militari, prigionieri politici e detenuti comuni ed ebrei (la maggiore strage durante l’Olocausto su territorio italiani), trucidati dalle truppe tedesche come rappresaglia per l’attentato partigiano di via Rasella che causò la morte di 33 militari tedeschi.

Gli autori dell’attentato appartenevano al GAP (Gruppi di Azione Patriottica). I motivi? Come testimoniarono gli stessi organizzatori, furono vari: “Per indurre i tedeschi al rispetto dello status di Roma città aperta” (Giorgio Amendola); “Scuotere la popolazione, eccitarla in modo che si sollevasse contro i tedeschi”  (Rosario Bentivegna). Motivi dei quali ancora si discute.

Certo è che l’eccidio rimane un evento- simbolo della lotta partigiana contro i fasci-nazisti. Italiani contro italiani, come riconosciuto ormai dagli stessi storici, guerra civile all’interno della Seconda guerra mondiale.

Ogni guerra è tragicamente complessa e come scrisse Primo Levi: “Ogni guerra è una guerra civile”.

Dedichiamo un tributo ai morti civili e un auspicio per un mondo rivolto all’educazione alla pace, alla negoziazione, alla mediazione, all’equa distribuzione, alla vita, come valore primario dell’uomo e tra gli uomini.

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