Il lavoro si trasforma ma le sue tutele no
Sul mercato editoriale italiano è appena uscito il volume Lavoro: la grande trasformazione a cura del sociologo Enzo Mingione, Fondazione Feltrinelli. Un compendio di analisi e interventi variegati sul processo di trasformazione del lavoro, del ruolo dell’intelligenza artificiale nell’appagare i bisogni, non sempre con il supporto della presenza di lavoratori in carne e ossa.
Si fa, tra gli altri argomenti, riferimento al fenomeno ormai decennale dell’in-work poverty, ossia di quella forma di occupazione precaria, sempre ai confine con la dis-occupazione che genera collocazioni temporanee, precarie e poco “rendicontabili” come patrimonio professionale. Un fenomeno assai lontano dal concetto di flexsecurity (flessibilità in sicurezza), molto diffuso a partire dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso, sulla scia della riforma del mercato del lavoro danese
L’intento è quello di incentivare interventi socio-giuridici per affermare un nuovo concetto di welfare e individuare interventi correttivi.
Nella situazione contingente pandemica, diffuse sono le relazioni e le discussioni contrapposte tra i diversi modelli economici: liberismo, neo liberismo, statalismo, modelli sociali frutto della social democrazia. Al centro del dibattito socio-politico: lavoro, occupazione, consumi, così come le politiche attive del lavoro, di cui abbiamo discusso recentemente con il Prof. Paolo Serreri.
Rispetto alle politiche pubbliche sull’attivazione del lavoro, da notare nella legge di Bilancio 2020 è previsto il Programma nazionale “Garanzia di occupabilità dei lavoratori” (GOL), con un finanziamento di 233 milioni di euro per il 2121 come descrive la dott.ssa Di Rosa nel sito di IPSOA, programma volto all’inserimento occupazionale mediante l’erogazione di servizi specifici di politica attiva del lavoro, nell’ambito del patto di servizio personalizzato stipulato tra soggetti e disoccupati e i centri per l’impiego.
Tuttavia la piena operatività dell’intervento è sottoposta alla preventiva approvazione di ammissibilità dell’Unione Europea, in quanto di tratta di finanziamenti del Fondo REACT-EU.
REACT-EU (l’acronimo in inglese significa “assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa”) è un’iniziativa che porta avanti e amplia le misure di risposta alla crisi e per il superamento degli effetti della crisi messe in campo attraverso l’iniziativa di investimento in risposta al coronavirus (CRII) e l’iniziativa di investimento in risposta al coronavirus Plus.
Misure europee che insieme al famigerato Recovery Plan o meglio detto Next Generation EU, rappresentano una grande opportunità di ri-sanamento in senso lato per un’autentica innovazione, e inclusione anche per quella parte della popolazione che necessita di emergere e di essere tutelata.
I grandi assenti e le grandi assenti dei piani finanziari di recupero
Chi sono i grandi assenti? I convitati di pietra del mondo di-occupazionale? I lavoratori in nero che non possono appellarsi a nessun tipo di “ristoro”, “bonus”, indennità di qualsiasi natura perché semplicemente non hanno una propria natura, non esistono.
Se mai ce ne fosse stato bisogno, la crisi socio-economica esplosa a causa della pandemia, ha mostrato e dimostrato ancora una volta quanto l’economia sommersa sia paralizzante e stagnante per i sistemi economici e penalizzante per il “non lavoratore”.
Che il costo del lavoro sia alto e vada normalizzato è un assunto comune, quanto longevo, quanto ancora da risolvere, così me l’estrema tutela di determinate categorie di lavoratori, ma la risposta non è l’estrema precarizzazione socio-economica, culturale, individuale e relazionale. L’Avvenire, il 26 settembre del 2020, denunciava 3,3 milioni di lavoratori in nero, con il rischio del raddoppio, dovuto alla pandemia in corso.
Il sommerso lavorativo arresta la vita economica; propone una sopravvivenza quotidiana, senza prospettive, senza un autentico battito vitale. Finisce il lavoro, si azzera l’esistenza stessa. Nessuna indennità, nessuna “eredità” per il futuro; una landa desertica in cui non c’è né un ieri, né un domani. Il presente frantumato non si storicizza, si sgretola in un istante.
Siamo di fronte a una nuova grande opportunità sia collettiva che individuale di ri-pensare e destinare le risorse per la creazione di lavoro, inteso come espressione del sé, per quanto possibile, senza sottrazioni di considerevoli brandelli di dignità.
A rischio di retoricità, il pensiero corre veloce, in parte libero, in parte ripiegato su sé stesso, verso l’art. 3 della Costituzione … ” è compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l‘effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese“.
Si auspica a un piano saggio di investimento non per una de-crescita felice ma per una crescita, se non felice, almeno serena e orientata alla costruzione socio-economica, educativa e culturale.