Quiet quitting. Punto di rottura tra lavoratore e datore di lavoro?

Secondo i dati dell’Osservatorio dell’ Inps più di un milione di lavoratori hanno dato le proprie dimissioni dal lavoro nei primi 6 mesi del 2022, con un incremento del 31,73% rispetto allo stesso periodo del 2021. Viene confermato, quindi, il trend degli ultimi 2 anni.

I motivi vanno rintracciati, secondo gli esperti, nel contrasto alle dinamiche stressanti – che sovente portano al burnout (esaurimento delle proprie risorse fisiche e psichiche) prodotto da ritmi di lavoro incessanti resi tali dalla perenne connessione che porta qualsiasi sia la mansione che si svolga alla reperibilità  24 su 24, 7 giorni su 7.

Quasi 6 lavoratori su 10 hanno sofferto di burn out dal 2019 riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “fenomeno occupazionale” è inserito nell’International Classification of Disease, la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi a loro correlati; nel 2022 il 59% degli occupati tra i 18 e i 34 anni e delle lavoratrici di ogni fascia di età (dati: Stada Health Report 2022), il 10% in più rispetto al 2021.

Combattere i ritmi di lavoro iper-stressanti ma anche la nuova consapevolezza della necessità di maggiore benessere sono alla base del fenomeno quiet quitting.

Letteralmente quiet quitting significa lasciare lentamente  e secondo il gergo lavorativo anglosassone indica la pratica di ridurre la quantità di sforzo che si dedica al proprio lavoro, a esempio interrompendo il completamento di qualsiasi attività non esplicitamente indicata nella job description,  relativa alle mansioni del proprio ruolo.

Dunque, per quei lavoratori che si possono permettere di modulare il proprio lavoro in base alle attività richieste da contratto (qualsiasi la natura contrattuale), senza farsi assorbire  dall’iperattività e dall’iper-reperibilità – nata con i dispositivi digitali, ma con un notevole di tasso di incremento con lo smart-working durante la pandemia – per ridare  alla propria esistenza il giusto equilibrio  tra vita lavorativa e vita privata – il work life balance – separate da confini ben stabiliti.

Chi abbraccia la cultura del “quite quitting” svolge soltanto quelle attività fondamentali nel rispetto del proprio compito e delle proprie mansioni, senza ulteriori disponibilità di attività e di tempo. Un “ritiro silenzioso” dal lavoro extra per controbilanciare, richieste percepite come profondamente inadeguate.

Un atteggiamento in pieno contrasto alla “hustle culture” (alla cultura della frenesia)  coniato che vedeva al centro dell’atteggiamento lavorativo, un totale assorbimento, osiamo dire, esistenziale, generando veri e propri workaholics, (dipendenti dal lavoro), termine coniato dallo psicologo  psicologo nel lontano 1971.

Ricordiamo che il decreto legislativo 81/2008 sin materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, nella valutazione dei rischi, obbligo non derogabile a cui deve assolvere il datore di lavoro, compare  lo stress lavoro-correlato (secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004).

Tornando al fenomeno delle dimissioni, alcuni lavoratori – secondo Francesca Contardi, managing director di EasyHunters, società di ricerca e selezione con un Digital Operating Process e interpellata da vari giornali – danno le dimissioni senza avere all’orizzonte una nuova opportunità di lavoro.

Per le aziende è un danno grave perché perdono i talenti migliori, pertanto, prosegue Contardi devono introdurre nuovi strategie e cambiare la cultura dei propri manager che dovrebbero saper cogliere il malessere dei collaboratori dedicando spazio all’ascolto e al confronto e imparare (soprattutto in Italia) a instaurare relazioni basate sulla fiducia e sulla collaborazione reciproca.

Si pensa alla quantità e non alla qualità e sfugge che il successo di un’azienda si basa su un gruppo di lavoro coeso verso la realizzazione di un progetto che è comune qualunque sia posizione della scala gerarchia  Uno status che necessariamente comporta una condivisione di valori.

Nel 2022, l’abbandono silenzioso ha registrato un’impennata di popolarità in numerose pubblicazioni a seguito di un video virale di TikTok. Nello stesso anno, la società Gallup ha rilevato che circa la metà della forza lavoro statunitense fosse “quite quitting”.

Si im-pone la necessità di una pratica riflessiva sulle relazioni lavorative, sull’ambiente di lavoro, sul rapporto risorse umane e produttività, un ripensamento della gestione dei fattori produttivi. Una “contrattazione” in senso lato tra lavoratori e datori di lavoro in una logica di sostenibilità economica e umana.

 

Immagine: by energepic.com – pexels.com

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.