Modifiche del congedo maternità: un’opportunità o uno svantaggio?
Cambiano le regole per il congedo della maternità. Un emendamento presentato dalla Lega (approvato dalla Commissione Bilancio della Camera), all’interno della Legge di Bilancio 2019, permette alla lavoratrice in dolce attesa, se vuole, di lavorare fino alla data del parto. I mesi di astensione dal lavoro e retribuiti rimangono 5, da prendere consecutivamente dopo il parto.
Una terza possibilità, dunque, per il congedo obbligatorio per maternità che si va ad aggiungere alle 2 già esistenti: 2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo; un mese prima e 4 dopo la nascita del bambino.
Quale fra le 3 possibilità scegliere è a completa discrezionalità della lavoratrice, previo certificato medico.
E qui si apre il dibattito: per le mamme lavoratrici la modifica è un’opportunità o uno svantaggio?
Per le donne che lavorano in un ambiente sicuro, che contempla il pieno rispetto dei diritti dei lavoratori, l’emendamento è visto positivamente, perché oltre a rappresentare una scelta in più, la maggioranza, se vive una gravidanza in piena salute, preferisce avere un mese in più a disposizione dopo il parto, quando si trova ad affrontare un periodo complesso sia emotivamente sia fisicamente.
Le preoccupazioni degli esperti del lavoro femminile vanno invece a tutte le donne che hanno un lavoro precario o svolgono la propria attività presso piccole aziende private: in questo caso la modifica per il congedo maternità potrebbe rappresentare “un rischio in più di abuso”, come sostiene Alessandro Rosina, professore di demografia all’Università Cattolica di Milano.
In Italia, infatti, nonostante la profonda crisi demografica che dovrebbe preoccupare tutti noi, la maternità in ambito lavorativo non è salutata come un evento positivo per la società, ma continua a essere considerata soltanto come un mero costo – senza produzione. Per evitare il “rischio maternità”, sembra ancora in voga la famigerata richiesta di firmare la lettera di dimissioni senza data al momento dell’assunzione. Oggi, con tale modifica c’è chi prefigura il rischio di costringere la lavoratrice di lavorare fino all’ultimo giorno prima del parto: pena il licenziamento.
Come ha dichiarato Linda Laura Sabbadini, esperta di Statistica sociale “le norme vanno commisurate non tanto con la situazione della maggioranza, ma con le persone che si trovano nelle situazioni peggiori”.