Vizi & virtù di un grande giornalista. Qualcosa da sognare

Quando scriverà un articolo, si ricordi che ogni frase ha un soggetto, un predicato, un complemento oggetto. Punto (dal “Buon giornale” di Piero Ottone).

Entro il 16 luglio 2017, scade il termine per inviare la propria candidatura al Next Generation of Science Journalists, un’opportunità per i giovani giornalisti dediti alla divulgazione scientifica.  Cinque dei giovani candidati saranno invitati a partecipare al World Health Summit che si svolgerà a ottobre dal 15 al 17 con un rimborso di 500 euro.

Un richiamo mondiale per i giovani scrittori del nostro tempo. Ma chi è il giornalista?

Una domanda sempre più ricorrente, la cui risposta apparentemente scontata, si fa sempre più complessa; nell’era del digitale, del citizen journalism, del giornalismo partecipato, appare una figura sempre più sfumata, dai contorni vaghi e approssimativi, raggiungibile, da chiunque. Basta avere una connessione, e comporre un testo più o meno sensato.

PIERO OTTONEUn discorso omologato e banalizzato che nasconde una malcelata verità? Ed è proprio al limitar del sospinto quesito che ci torna alla mente la narrazione attenta e diretta sulla professione del compianto Piero Ottone. Un’occasione preziosa, per ricordare il giornalista e l’intellettuale che ha attraversato con la sua vita ed esperienze due secoli.

“…. Ripresi il treno, tornai a Stazzano: il convoglio avanzava lentamente nella notte, si fermava alle stazioni, Moncalieri, Villanova, Asti, Felizzano, e io, seduto nell’angolo dello scompartimento buio e deserto sognavo di partire su ben altri convogli, per ben altre città: immaginavo di incontrare, anche io discreto e misurato nei modi, ambasciatori e ministri, e poi di scrivere articoli limpidi, chiari, autorevoli, come quelli di un tale che proprio la mattina mi era capitato di leggere in un vecchio Reader’s Digest, un certo Walter Lippmann che mi aveva colpito per la prosa, semplice e perfetta (lo avevo citato a Caputo. Lo conosce? Gli avevo chiesto. Aveva atto di sì, con un sorriso tollerante per l’ingenuità della domanda). Finalmente sapevo che cosa volevo fare nella vita; avevo qualche cosa da sognare. Quel viaggio da Torino a Stazzano, in una notte del tempo di guerra, fu uno dei più belli che abbia mai fatto”.

A scrivere è Piero Ottone, mentre si recava a sostenere il suo primo colloquio di lavoro; un nume tutelare del giornalismo che ci ha lasciato pochi mesi fa.

Leggendo e sfogliando le pagine del libro Il Buon Giornale, edizione Longanesi (casa editrice da oltre trent’anni passata a Messaggerie Italiane) di Ottone, man a mano che ci inoltriamo nella lettura, ci riappropriamo del senso e della natura della professione giornalistica, senza venature nostalgiche, ma corroborati da quel “qualche cosa da sognare”, da quel senso profondo del lavoro che guida ogni professionista (per professionista intendiamo qualsiasi persona, che prende a cuore la propria attività sia in nome del proprio benessere che di quello collettivo).

Ottone è lucido, attento e acuto nella descrizione del “buon giornale”, mantenendosi a debita distnza da furbe mistificazioni: “…. è meglio avere cinque giornali sani che non cinquanta malati” afferma, evidenziando che qualsiasi sia il processo produttivo, le regole del buon giornalismo rimangono le stesse.

Un giornalismo che non intende ergersi a giudice, ma che se fatto bene può migliorare la società, senza rimanere intrappolato nell’ambigua confusione di idee sulla differenza fra libertà di stampa e libertà di diffamazione: “Con poche parole si può rovinare la reputazione di un cittadino innocente“.

La fatidica domanda sua chi sia il giornalista se la pone alla fine del libro, lo stesso Ottone, annoverando molteplici motivazioni, dal piacere del viaggio, alla consapevole/inconsapevole vanità, allo spirito di imitazione, alla voglia di conoscere la gente; ma c’è un elemento sostanziale: raccontare ai lettori quel che è successo, svolgendo una funzione istituzionale nel senso puro del termine;   in merito all’obiettività ci evidenzia che può darsi che l’onestà assoluta non esista “ma intanto diciamo al droghiere di non rubare sul peso. .. può darsi che l’obiettività assoluta non esista ma intanto pensiamo a fare bene il giornale”.

Piero Ottone è nato a Genova nel 1924, giornalista da quando aveva 20 anni, scrive presso il Corriere Ligure, La Gazzetta del Popolo, Il Corriere della Sera il Secolo XIX dal 1945 al 1977; dirige Il Corriere della Sera e il Secolo XIX. Nel 1977 rassegna le dimissioni dal Corriere e passa alla Mondadori, come consulente per periodici e televisione; successivamente entra nel cda del quotidiano romano Repubblica, ivi collabora in qualità di editorialista e tiene la rubrica fissa Vizi & Virtù sul settimanale Il Venerdì dei Repubblica. Ha scritto numerosi saggi e libri di attualità.

Ci ha lasciati il 16 aprile del 2017 con la sua eredità editoriale e qualcosa da sognare.

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