Temi comuni e soluzioni divergenti. Come i Governi cercano di tutelare il lavoro nell’emergenza

La pandemia ha fermato oltre 3 miliardi dei 7,5 che vivono sul pianeta.  Un numero che rende evidente l’inevitabile ricaduta negativa sia economica sia lavorativa a livello globale. Per fronteggiare questa emergenza – che va di pari passi con la crisi sanitaria ancora irrisolta- i Governi sono nominati a prendere misure per il presente e per il prossimo futuro a tutela dell’occupazione e delle imprese.  Un compito arduo, un equilibrio tra le 2 crisi difficile da raggiungere.  I Governi ce la stanno facendo? Ma prima ancora quali sono queste misure?

A queste domande risponde l’edizione speciale della rivista Italian LabourLaw e-Journal edita dell’Università di Bologna, che ha riunito le esperienze  di circa 40 Paesi del mondo, per analizzare le diverse iniziative intraprese, esaminando temi comuni e riscontrando soluzioni divergenti; una pubblicazione che si prefigge di compiere “il primo passo per gettare le basi per una legislazione del lavoro più adatta a dare risposte efficaci in caso di emergenza” precisa dal sito unibo.it il professor Emanuele Menegatti, uno dei curatori della pubblicazione.

In tutti i Paesi lo studio ha riscontrato “la sofferenza dei lavoratori autonomi per i quali le misure di sostegno al reddito sono spesso inadeguate: una situazione già cronica, che con lo scoppio dell’emergenza COVID-19 è diventata ancora più evidente”.  Ancora peggio la condizione dei lavoratori in nero che “si sono ritrovati senza occupazione e senza garanzie.  “Nei Paesi dove il lavoro in nero riguarda la maggior parte o quasi dei lavoratori, come accade in Africa e in America Latina (il Messico sono il 53%, in Brasile il 45%), alcuni Governi sono corsi ai ripari per offrire comunque una forma anche minima di tutela. “Gli ammortizzatori sociali non sono mai destinati all’economia informale, ma proprio il Brasile – c’informa Menegatti – ha fatto un’eccezione, destinando un benefit di circa 100 dollari al mese per i lavoratori in nero a basso reddito”.

Le precauzioni suggerite dagli scienziati sono state e (sono) le stesse in tutto il mondo, così come le criticità del lavoro che ogni Governo ha dovuto (deve) affrontare: le conseguenze sull’occupazione dovute al lockdwn che ha chiuso molte imprese e attività commerciali e, quindi, le condizioni di vulnerabilità in cui si trovano molti liberi professionisti e precari, i rischi per la salute dei lavoratori nei servizi essenziali che invece non hanno mai smesso di lavorare, la chiusura delle scuole. Dopodiché ogni Governo “per bilanciare la tutela della salute dei cittadini e la tenuta della propria economia ha fatto scelte diverse”.

Riguardo al lavoro regolare, le misure condivise da tutti i Paesi presi in considerazione dallo studio sono state l’incentivazione dello smart working, dove possibile il ricorso alle ferie (imposte) ma anche “nuove forme di congedo”. Più impegnativo è stato il trattamento nei confronti dei lavoratori nei servizi essenziali o “coinvolti nelle riaperture graduali post-confinamento – spiega Menegatti – per le quali spesso è nato un intenso dibattito interno, con concertazioni tra Governo e sindacati per le misure di prevenzione da adottare, sulle indicazioni sanitarie da rispettare, sulla disponibilità dei dispositivi di protezione”.

Per la tutela dei posti di lavoro durante il periodo della quarantena, gli autori dello studio hanno riscontrato 2 diversi atteggiamenti, secondo del peso del Welfare all’interno dello Stato.  “Da un lato ci sono paesi come la Francia, il Portogallo, alcuni paesi dell’America Latina, e anche l’Italia, dove c’è stato un forte utilizzo di schemi simili alla nostra cassa integrazione  con l’obiettivo di salvaguardare il più possibile i posti di lavoro – afferma Menegatti – mentre i Paesi più marcatamente liberisti come il Regno Unito, gli Stati Uniti o l’Australia, dove le misure di sostegno all’occupazione sono state più circoscritte e selettive, contano la perdita di molti posti di lavoro, soprattutto tra i lavoratori più giovani e tra i precari”.

L’edizione speciale della rivista dal titolo Covid-19 and Labour Law. A Global Review, curata oltre che dal professor Menegatti, da Iacopo Senatori (Fondazione Marco Biagi, Modena), Elena Sychenko (Saint Petersburg State University, Russia) ha suscitato grande interesse internazionale, ricevendo “decine di proposte da altri studiosi per includere le esperienze di altri Paesi. “A breve – termina Menegatti – pubblicheremo circa 30 nuovi report, così da formare un campione significativo di quasi un terzo dei Paesi del mondo”.

Covid-19 and Labour Law è consultabile gratuitamente sulla piattaforma AlmaDLJournals.

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