Brexit? Per i cittadini europei una ferita che non si rimargina

Insicuri e sospettosi, perché traditi. Così si sentino i cittadini europei che vivono nel Regno Unito a sei anni dal referendum del 2016 che decretò la Brexit, tuttora per loro “una ferita aperta”. Questo dichiarano gli  intervistati per lo studio condotto dall’Università di Birmingham (riportato da The Guardian) sui cittadini di 22 paesi, la maggior parte dei quali vive oltre manica da più di 5 anni e vi è rimasta dopo la Brexit.

Sbagliato pensare che il trascorrere del tempo abbia fatto superare la Brexit, come potrebbe suggerire il messaggio pubblico, commenta Nando Sigona, professore  del Dipartimento delle Politiche Sociali e prima firma dello studio: in realtà le sue “ramificazione stanno ancora avendo conseguenze profonde sulla vita dei cittadini.  Ricostruire la fiducia nelle istituzioni e nei politici britannici è una sfida”.

Dalle 96 domande che formano l’inchiesta in questione – dal titolo  EU citizens in the UK after Brexit (I cittadini dell’Unione Europea dopo la Brexit) – alle quali hanno risposto gli intervistati tra il dicembre 2021 e il gennaio 2022 – ad un anno dal termine del processo di transizione con l’uscita ufficiale del Regno Unito dall’UE – emerge compatto l’89% che dice di aver cambiato opinione sul Regno Unito; il 68,6% di averla cambiata “molto” o abbastanza, mentre il 72% prova ancora una sorta di attaccamento emotivo al Regno Unito.

Con 3 parole

Alla richiesta di riassumere il sentimento verso il Paese in 3 parole molti hanno usato termini come “casa” e “amore” ma i termini negativi come  “delusione”, “tradimento”, “tristezza”, “frustrazione”, “rabbia”, “non benvenuto” e “disgusto” hanno avuto la meglio. E nelle risposte libere in cui gli intervistati potevano scrivere quel che preferivano ha prevalso un “sentimento negativo”.

Allo stesso tempo la Brexit ha sviluppato un maggior attaccamento all’UE. “Un vero fattore scatenante” lo definisce Sigona come dimostrano le parole usate per descrive questo sentire subito dopo la Brexit che sono “appartenenza”, “pace”, “libertà”, “unità” e “movimento”.

Una francese di 52 anni, tornata nel proprio Paese ha affermato che se prima della Brexit dava l’UE come scontata “ora si rende conto di quanto sia preziosa, anche se non è perfetta”. Un’ italiana di 44 anni conferma che se prima non prestava  molta attenzione a ciò che l’Ue rappresenta o fa, ora “la difende dalle bugie che vende la stampa”.

Riaccesa anche l’affezione verso il proprio Paese di origine: “Mi sento più tedesca e più attaccata alla Germania dal 2016″, dice una donna tedesca di 45 anni che vive nel Regno Unito; “Spero che il mio paese d’origine non diventi mai così ingiusto e xenofobo come lo è ora il Regno Unito ” incalza una donna francese di 62 anni.

Potrei diventare un immigrato?

Sebbene la maggioranza degli intervistati abbia la residenza o la cittadinanza britannica, lo status di  immigrazione  è diventato preoccupazione primaria, anche rispetto  al diverso stato dei diversi membri della famiglia, inclusi genitori o nonni, nell’UE: la Brexit, sostiene lo studio “influisce sui rapporti familiari  e determina progetti futuri”.

“Sono anche preoccupati di non essere in grado, ad esempio, di prendersi cura dei loro parenti al di fuori del Regno Unito – spiega Sigona -. E c’è anche una diffusa preoccupazione che lo stato di residenza sia solo digitale, senza prove cartacee. Data la mancanza di fiducia nelle autorità per l’immigrazione del Regno Unito, molte persone non si sentono ancora al sicuro”.

Non riesco a esprimere quanto mi senta ferita

La testimonianza più esauriente dello stato d’animo post Brexit,  per  un’esperienza di vita esemplare, la fornisce  ancora una cittadine francese che racconta  “Sono nel Regno Unito dal 1979 e ho lavorato per il Servizio Sanitario Nazionale.  Mi sono sentito tradita, non ascoltata, non curata. Ho iniziato a soffrire di ansia. Ho deciso di richiedere la cittadinanza britannica, non perché volessi essere britannica, ma per poter tornare a dormire la notte”. Il passaporto l’ha ottenuto,  ma nonostante la tranquillità ritrovata  “non riesco a esprimere quanto mi senta ferita”.

L’aggiornamento

Nel frattempo l’Organizzazione britannica The3million, il 29 giugno 2022, come riferito dall’Agenzia Efe, ha reso noto che circa 2,3 milioni di cittadini dell’Unione Europea e familiari residenti nel Regno Unito sono “a rischio di perdere i propri diritti” a partire dal 2023, quando cominceranno a scadere i permessi di soggiorno temporanei che hanno ottenuto con la Brexit.

Il termine per richiedere lo status di presettled nel Regno Unito è iniziato nell’agosto 2018 e si è concluso un anno fa, il 30 giugno 2021.

Data la sua validità di cinque anni, sarà dal 2023 quando inizieranno i primi permessi rilasciati a perdere validità. UK li confermerà?

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.