Caffè e teatro a Tripoli contro la violenza da bande
Un bar dove le bande urbane rivali imparano a convivere e a superare i loro conflitti. Accade a Tripoli, seconda citta del Libano, presso il bar, Kahwetna ovvero “Il nostro caffè”.
Il locale sorge in via Siria, punto di confine delle 2 bande, appartenenti ai quartieri: Be bel Tebaneh a maggioranza sunnita e Yabal Mohsen a maggioranza alawita.
Dal 2011 gli scontri tra le 2 fazioni hanno provocato centinaia di vittime. Alcuni ragazzi delle 2 fazioni, sull’impulso dell’ideologia indotta, sono partiti per partecipare alla guerra civile siriana. La stessa guerra che ha fomentato la rivalità tra i 2 quartieri, i cui conflitti sono cessati soltanto nel 2014, con l’attuazione di misure specifiche per la sicurezza.
Il “nostro caffè” nasce da un’idea dell’Ong March, ma più che un punto di partenza è un punto di arrivo. La prima iniziativa intrapresa dall’organizzazione umanitaria per avviare il processo di riconciliazione tra le 2 bande è stata la messa in scena dell’opera teatrale “Amore e Guerra sui tetti: una storia di Tripoli”, rilettura del Romeo e Giulietta di William Shakespeare, interpretata dai ragazzi delle 2 bande rivali.
Durante le prove dello spettacolo Lea Baroudi (nella foto a lato), fondatrice dell’ONG, come ha dichiarato all’agenzia Efe si è resa conto di come i giovani avessero intrapreso il cammino della violenza “non tanto per motivi ideologici ma spinti, soprattutto, dalla povertà, dall’emarginazione, dalla mancanza di prospettive future e da un senso d’ingiustizia”; giovani “vulnerabili di entrambi i quartieri, manipolati da chi ha addotto la colpa della loro situazione miserabile alla fazione rivale”.
È stato allora che Barudy ha compreso che Tripoli non ha niente da offrire a questi giovani: né un’occupazione, né l’accesso ad attività culturali, né luogo dove incontrarsi, potersi conoscersi e svelarsi anche a loro stessi.
Le consapevolezze di questo deserto di possibilità, che ha portato i ragazzi verso la violenza, costituiscono la genesi dell’ONG March.
Lavorare insieme per scoprire l’altro e ripudiare la violenza
L’ente, infatti, ha coinvolto 70 ragazzi ex combattenti che realizzano progetti e contribuiscono con il loro lavoro al recupero degli esercizi commerciali di via Siria, famosa, prima dell’odierno degrado, come la “via d’oro”, proprio per le sue prospere attività commerciali.
Kahwetna è sorto dalle ceneri di uno di questi negozi. Oltre ad essere un punto di aggregazione che offre cibo e bevande, “Il nostro caffè” è un centro culturale che organizza gratuitamente corsi di formazione, tra i quali, di graphic-design, fotografia e danza. Vi lavorano 4 ragazzi, 2 provenienti dal quartiere Bab el Tebaneh e 2 da quello di Yabal Mohsen.
Ali Hames di 23 anni, uno dei camerieri racconta a Efe la sua storia: a 16 anni ha impugnato le armi per cercare di risolvere la povertà della sua famiglia, per lasciarle quando vide morire un amico, che per lui era come un fratello. “Iniziai a riflettere” racconta Alì “e mi resi conto che all’80% il conflitto è politico, e quando qualcuno muore, nessuno, tranne la sua famiglia e i suoi amici, se ne preoccupa”.
Gli fa eco il collega Ahamd Chaabe di 29 anni, spostato e padre di un bambino di 3 anni: “I politici locali hanno giocato con noi. Io sono stato ferito più volte : ed è in quelle occasioni che ho capito che facevamo male soprattutto a noi stessi. Oggi so bene che la gente del quartiere di Yabal Mohsen è uguale alla gente del mio quartiere”. E possono lavorare insieme.
Avanti, nonostante le minacce
L’ONG March ha subito minacce per il suo operato di riconciliazione, che toglie ‘braccia’ ai conflitti ideologici, ma questo non gli impedisce di proseguire nel suo progetto, coadiuvata da volontari provenienti da altre località libiche. Come la professoressa di disegno, Joan Nassif che vive a Beirut e ogni giorno percorre 160 kilometri per impartire le sue lezioni Kahwetna, a un gruppo di 10 ragazze.
La precarietà in cui vivono questi giovani è per la professoressa “inaccettabile” e il suo sforzo è ampiamente ricompensato dalla “grande soddisfazione” che prova, quando vede i disegni e quadri realizzati dalle sue allieve abbellire le pareti del bar. “Questi giovani potrebbero fare molte cose” afferma Joan Nassif “ma purtroppo i politici di Tripoli pensano soltanto al loro interesse personale e non ai bisogni dei cittadini”.
Lea Baroudi sottolinea che le autorità non sono andate oltre le misure di sicurezza: non si sono adoperate per porre rimedio definitivamente al conflitto tra i 2 quartieri, che potrebbe riaccendersi in un istante. “Ho una sola consolazione” conclude la fondatrice di March “che almeno le persone che lavorano nel nostro progetto e frequentano i nostri corsi non impugneranno le armi mai più”.